L’amore non è bello se non è litigarello. Oppure: l’amore senza baruffa fa la muffa. Proverbi antichi che testimoniano ancor oggi come un rapporto di coppia sia ancor più intrigante se a volte ci sono dei contrasti. Ma un conto è bisticciare tra comuni mortali, altro è se uno dei due è segretario di partito e ha un incarico istituzionale. Con l’aggravante che entrambi i fidanzatini hanno dovuto ricorrere alle cure dei sanitari.
Quindi, assolutamente positiva la notizia che i due abbiano fatto pace e siano tornati alla loro relazione ritirando la reciproca denuncia in tribunale, ma il fatto c’è stato e non lo cancella nessuno. Anche se Matteo Ciacci, leader di Libera, non se n’è mai vergognato e ha continuato a fare la voce grossa su tutte le questioni, più o meno importanti, che agitano la politica nostrana.
Tranne ovviamente sulla reunion socialista, dalla quale al momento appare esclusa proprio Libera. A tal proposito, poco o nulla si sa sulle manovre in corso, tranne qualche estemporaneo commento di chi ha visto insieme alcuni personaggi della vecchia e della nuova guardia, o ha sentito raccontare di qualche convention in casa di privati. Insomma, fonti non ufficiali dalle quali trapela che i nodi da sciogliere sono ancora diversi. A cominciare dall’accettazione del MIS di Rossano Fabbri per via dell’ingombrante presenza di Denise Bronzetti, che se n’era andata dal PS sbattendo la porta e che ancora non appare gradita a nessuno. Ai più giovani invece pare non sia gradita la presenza dei vecchi leader socialisti, i dinosauri come sono stati definiti in Consiglio proprio durante un comma comunicazioni in cui si era parlato molto dei movimenti in quest’area. In cima alla lista pare che ci siano Fiorenzo Stolfi, che sembra abbia ripreso a fare attività politica, e Paride Andreoli, che invece non ha mai smesso. Di qui, a creare una corrente interna prima ancora che la reunion sia formalizzata, ci corre davvero poco.
Ora, che tutto questo possa essere motivo di destabilizzazione degli attuali equilibri, per quanto precari, sembra fantapolitica, anche se i politologi nostrani sembrano fare a gara a chi prevede per primo la data della crisi di governo. I litigi dentro la maggioranza, le estemporanee, i capricci di questo o quello, sono piuttosto frequenti: è cronaca.
Motus non perde mai occasione di dare contro alla sua stessa maggioranza, ma non se ne distaccherà mai, per ammissione del suo stesso segretario generale.
La maretta nata in casa NPR perché il progetto socialista avrebbe escluso Noi Sammarinesi, pare essersi sopita con la nomina della Reggenza. A questo punto, Gian Nicola Berti (che conosce la politica altrettanto bene quanto il diritto) può giocare sia in area socialista, sia in area democristiana.
La DC, molto spesso presa dalle sue questioni interne, ha dimostrato una discreta debolezza nella gestione della maggioranza. Nel dubbio, la squadra non si cambia.
Rete, sempre bersaglio privilegiato di tutti gli strali, ha dato dimostrazione di non gradire in nessun modo i giochini standosene bene alla larga e di essere invece interessata a dare un contributo valido alla prosecuzione del programma di governo.
Che è ben lungi dall’essere completato, anche se un paio delle riforme più importanti stanno arrivando al dunque. Tra l’altro, in un contesto che appare ogni giorno più difficile per quello che sta avvenendo all’esterno, sugli scenari internazionali, con inevitabili ripercussioni sulla quotidianità dei cittadini sammarinesi. Si parla di bollette, di caro prezzi, di eventuali razionamenti del gas, di vaccini… Ma anche del nuovo governo italiano, in via di costituzione. Nei giorni scorsi si è parlato molto di un possibile ritorno di Tremonti al Mef, come di uno spauracchio da cui temere ogni possibile avversità per il Titano. Nessuno però ha mai detto che probabilmente non è stato il nemico numero 1 della Repubblica, bensì di un sistema corrotto, immorale, spesso inquinato dagli affari senza scrupoli, dalle collusioni tra la politica e il malaffare, dalle sovrapposizioni tra politica e gli altri poteri dello Stato. Basta andare a rivedere la famosa conferenza stampa al Meeting e a rileggere la relazione della commissione di inchiesta per capire con chi ce l’aveva Tremonti.
Ora molte cose sono cambiate. Non tutte. C’è ancora chi rimesta in qualche zona d’ombra non perfettamente cancellata. Però la maggior parte dei pregiudizi sul “Titano paradiso del malaffare” sono praticamente caduti. E Tremonti non è sicuro che entri nel nuovo governo.
a/f