San Marino. Primo Levi: “È avvenuto, quindi può accadere di nuovo: questo è il nocciolo di quanto abbiamo da dire” … di Alberto Forcellini

“La gente dice: basta con questi ebrei” ha commentato con amarezza qualche giorno fa Liliana Segre, raccogliendo un sentimento sempre più diffuso di menefreghismo e superficialità verso un capitolo di storia umana, che di umano non ha nulla. La Shoah rischia l’oblio? È questo il motivo di riflessione in occasione del 27 gennaio, Giornata della Memoria, istituita appunto per ricordare quel giorno del 1945 quando le truppe dell’Armata Rossa liberarono il campo di concentramento di Auschwitz sancendo la fine dell’Olocausto.

La memoria scivola via. E anche una tragedia come l’Olocausto finirà in qualche riga sui libri e poi sarà cancellata per sempre. Questi i timori di Liliana Segre, apparsa per la prima volta pessimista. E non a torto. L’erosione è dovuta a decenni di negazionismo e revisionismo, accompagnati da atti politici a dir poco dubbi, e da una tendenza alla dimenticanza, diventata un tratto costante della nostra società. Ci stiamo dimenticando anche di tutte le guerre in corso. Perfino la questione ucraina sta diventando noiosa: i giornali ne parlano ancora tutti i giorni, ma la soluzione ancora troppo lontana sta facendo scemare l’interesse. Siamo ancora capaci di commuoverci per i tanti giovani massacrati in Iran in nome della religione, ma due minuti dopo siamo già a scorrere altre pagine di social, magari più leggere e accattivanti. Dell’Afghanistan non ci interessa più nulla, nonostante la persecuzione contro le donne diventi sempre cruenta e nonostante che il freddo di questi giorni faccia morire migliaia di persone, prima di tutto i bambini.

È il cinismo di quest’era moderna, che consuma tutto in pochi secondi. Oppure la falsa bontà, che dopo la parole di circostanza si volge ad altro.

Tutta la Seconda guerra mondiale è stata una sequela ininterrotta di barbarie e atrocità, in molti casi cominciate ben prima della deflagrazione del conflitto. Di fronte a tanto orrore, spesso si perde il senso del limite, e i vincoli normali del buon senso e della socialità, per non dire della morale e del diritto, vengono infranti senza remore anche da chi, sul piano storico complessivo, combatte dalla parte “giusta”. In qualche maniera, subentra l’abitudine alle atrocità.

Ed è questo che la memoria deve evitare, la dimenticanza, perché come scrive Primo Levi: “È avvenuto, quindi può accadere di nuovo: questo è il nocciolo di quanto abbiamo da dire”.

La “memoria” è fondamentale. Importante. A differenza del ricordo non rappresenta solo un’immagine di qualcosa che è stato, ma ne fissa l’idea, generando cultura e conoscenza, alimentando riflessione. La memoria fa sì che la storia narrata attraverso quell’idea non si ripeta.

L’esistenza stessa di una giornata dedicata alla memoria deve servire alle donne e agli uomini per ricordare che ogni volta che una persona viene discriminata o perseguitata a causa della propria identità, colore della pelle, vissuto, classe sociale, religione, orientamento sessuale o provenienza, quella storia si ripeterà. Anche se non dovrebbe ripetersi mai. Lo scopo non è solo ricordarci che l’essere umano ha la capacità di generare orrore ma che l’umanità ha la possibilità ogni giorno di abbandonare quella capacità. Emanciparsene. Far sì che non si rigeneri. E può farlo tenendo assieme identità diverse e interdipendenti, soggettività differenti. Può farlo accogliendo il prossimo. Aiutandolo. Rendendolo parte della propria vita. Assicurando che i suoi diritti potranno essere sempre i propri. Abbattendo i muri dell’ego e le velleità del suprematismo. Non arrogandosi mai il diritto di stabilire cosa è “normale” e cosa è “superiore”.

Ci stiamo abituando gradualmente ai morti che si moltiplicano: quelli che muoiono sotto le bombe, sia che vengano dal cielo sia che vengano da terra, con le macchine che esplodono o vanno addosso ai passanti; e ci stiamo abituando, atrocemente abituando, ai cadaveri nel mare. Ma un’umanità così fatta è pronta, forse già quasi pronta, per ripetere gli orrori di ottant’anni fa…

a/f