Depositato questa mattina in Tribunale dai difensori di Claudio Podeschi, avv. Stefano Pagliai ed avv. Massimiliano Annetta del foro di Firenze, l’atto di reclamo contro il provvedimento emesso la scorsa settimana dai Magistrati Inquirenti che ha mosso nuove accuse all’ex segretario di stato imputandogli di essersi fatto corrompere da Paul Phua per il rilascio della nomina diplomatica ed accusando la difesa di produzione di prove artefatte.
Ce lo conferma l’avv. Stefano Pagliai: “può sembrare paradossale che depositiamo un atto di appello contro un provvedimento che, seppur parzialmente, ci dava ragione consentendo alla sig.ra Baruca di allontanarsi dal territorio sammarinese per svolgere attività lavorativa e che, in prospettiva, consentirebbe anche a Podeschi, alle medesime condizioni, di fare lo stesso. Ma in quel provvedimento sono state avanzate nuove accuse che francamente non stanno in piedi. Si contesta ad un ex Segretario di stato alla Sanità di essersi fatto corrompere per il rilascio di una nomina diplomatica che è competenza dell’intero Congresso di Stato. Lo stesso Segretario Mularoni, del resto, nei giorni scorsi ha rivendicato la liceità e l’opportunità di quella nomina per consentire l’attrazione di importanti investimenti a San Marino. Le operazioni economiche che sono state gestite da Claudio Podeschi, come abbiamo dimostrato sia in sede di indagine che in sede di processo, sono assolutamente giustificabili come opera di consulenza e di transazioni commerciali, non certo come provento da corruttela. Quel che appare assurdo, inoltre, è l’apertura di una nuova indagine su un fatto che già era stato oggetto di rinvio a Giudizio. Il sospetto che viene – come diceva quel tale pensar male e peccato ma spesso ci si indovina – è che dinanzi ad una fase dibattimentale che stava portando a certi esiti favorevoli per la difesa si sia voluto riportare indietro le lancette dell’orologio contestando come corruzione quel che fino a ieri si era disegnato come riciclaggio. Delle due l’una. Ci si dica da cosa ci dobbiamo difendere ma cambiare continuamente le carte in tavola non pare serio e rispettoso dei principi del diritto penale: primo fra tutti, per abusare di un latinetto, quello del divieto di bis in idem, ossia del divieto di processare due volte per lo stesso fatto una persona. Mi permetta di dire qualcosa, infine, sulla asserita attività di produzione di prove artefatte che sarebbe stata posta in essere dalla difesa: se si ritiene una dichiarazione o una testimonianza non credibile, se si hanno le prove per ritenerla tale, il Magistrato è legittimato a farlo e ne trarrà le sue conclusioni. Ma ritenere i documenti portati dalla difesa addirittura come falsi ed artefatti solo perchè non collimano con l’impianto accusario ci pare inaccettabile. Fare queste affermazioni senza avere gli elementi per farlo significa inquinare davvero le regole della correttezza processuale. Pare che a San Marino si pensi che difendersi con tutti gli strumenti messi a disposizione dal codice e nel rispetto delle norme significhi inquinare le prove solo perchè si vuole smontare – atti e prove alla mano – il teorema accusatorio e lavorare in questo clima si sta facendo davvero pesante per chi non sta facendo altro che il proprio dovere. Confidiamo ovviamente che si recuperi un minimo di serietà e serenità ma noi andremo comunque avanti senza nessuna esitazione.”