
Come ho anticipato, credo di poter organizzare la mia discussione in maniera sintetica perché intendo affrontare in modo succinto soltanto due tre questioni di dettaglio.
Per cercare di dare ordine alla mia esposizione, credo che sia opportuno leggere quanto il Giudice della Terza Istanza nella sentenza che è già stata richiamata, 17 del 2019, scrive a pagina 10 perché mi sembra che questo passaggio fissi tutte le coordinate del discorso che dovrà poi essere calato nella contestazione così come formulata dal Capo di imputazione.
Le coordinate dell’imputazione a mio parere stanno in questo passaggio della sentenza e quindi lo vorrei tratteggiare proprio perché incornicia le valutazioni che sottopongo alla Sua attenzione, dove si legge a pag. 10, se il magistrato non risulta dagli atti legittimata la trattazione del procedimento allora deve dichiararsi l’illegittimità del suo agire perché risultano violate le garanzie relative all’organizzazione e alla composizione di un tribunale indipendente ed imparziale stabilito dalla legge così come stabilisce il primo corna dell’Art. 6 della Convenzione Europea e quindi anche l’Art. 2 della Dichiarazione dei Diritti dei Cittadini che caratterizza e marca l’ordinamento costituzionale sammarinese.
Queste garanzie devono ritenersi irrinunciabili, non soltanto in termini di fonti, ma soprattutto anche e perché in un ordinamento come quello sammarinese, che appare caratterizzato per la segretezza sia pur temperata dell’istruttoria, e la formazione in questa fase della prova che troverà poi la sua eventuale conferma nel dibattimento.
Osservazioni che a me paiono, poi ci ritornerò un attimo, particolarmente significative perché il ragionamento che io vorrei impostare è alla luce di ciò che emerge e come deve essere secondo me correttamente e razionalmente interpretata, la memoria difensiva che gli imputati hanno sottoposta l’attenzione del Giudice di Terza Istanza nella procedura di ricusazione, da leggersi alla luce delle decisioni che incidentalmente o in maniera tangente hanno affrontato le stesse questioni.
Questo passaggio che ho ricordato, l’ultimo, cioè la specificità dell’ordinamento sammarinese, sia sotto il profilo delle fonti e quindi l’apertura immediata tra gli altri al diritto internazionale e alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e dall’altro la specificità del rito, soprattutto questa, ad esempio, mettono sicuramente come dire nell’angolo, la valenza dimostrativa che può essere attribuita all’interno di questo procedimento al Giudice che ha concluso la procedura disciplinare a suo tempo promossa nei confronti del Dottor Buriani.
Detto questo, credo che nella massa di documenti che abbiamo acquisito agli atti di questo processo, ieri riguardando mi pare che siamo arrivati a circa 4.400 e qualcosa, quindi è sostanzialmente un processo documentale nel quale noi siamo chiamati a far rendere le nostre valutazioni, i punti alla luce del Capo d’Imputazione da affrontare sono sostanzialmente due, cioè se esistono criteri generali di assegnazione della facoltà di svolgere attività di indagine a favore del Dottor Buriani, oppure se esistono provvedimenti di specifica assegnazione al medesimo Dottor Buriani per lo svolgimento di specifiche attività in specifici provvedimenti.
E se ho ben inteso il capo di imputazione, noi lo dobbiamo valutare, questi due aspetti, sotto due profili, un profilo fattuale, se cioè esistono queste fonti di legittimazione, secondo, se queste fonti di legittimazione, se esistono, sono legittime.
Perché questo mi pare il tema che emerge dalla lettura sinergica di tutti i provvedimenti giurisdizionali che sono emersi e che sono stati allegati, che si sono occupati di questo tema in maniera tangente.
I punti su cui vorrei ragionare sono, come ho già anticipato, la memoria, così come scritta e così come si legge, alla luce dei precedenti, precisando in punto di diritto che i precedenti valgono in questo procedimento soltanto a fini argomentativi, valgono cioè se persuasivi, se sono capaci di superare il vaglio critico che alla luce della specificità del potere di accertamento complessivo che compete a questo Giudice e alla giurisdizione penale ex articolo 2 del codice di procedura penale, non hanno la capacità di vincolare la decisione in questo processo. Quindi quei precedenti sono importanti, ma di quei precedenti occorre tenerne conto soltanto se sono convincenti, in estrema sintesi.
Allora se io leggo, faccio questa valutazione alla luce della memoria che è stata presentata, la memoria credo si possa organizzare, alla luce di queste premesse, come caratterizzata da tre punti specifici.
Il primo punto è la riaffermazione di chi sottoscrive questa memoria dell’esistenza di un formalismo che giustifica la loro azione all’interno del procedimento, cioè l’esercizio di poteri veri e propri, di poteri realmente giurisdizionali. E questa parte, l’ha già citato il collega che mi ha anticipato, la colloco nel riferimento al Magistrato Dirigente ha sempre provveduto a tali assegnazioni congiunte con disposizione interna, mai formalmente allegata al fascicolo. Ed alla nota che viene riportata dicendo che questa indicazione è un’indicazione che va letta alla luce del fatto che si tratta di atti amministrativi o di atti organizzativi, interpretati come abbiamo appena sentito dal Collegio Garante, come atti non giurisdizionali, perché?
Perché è evidente che se sono atti amministrativi e di organizzazione vale il principio generale che regola la legittimità dell’atto amministrativo, che è forma e motivazione, e sicuramente la forma.
Il secondo appunto che vorrei evidenziare di questa memoria riguarda la difesa di un principio di pubblicità di questo criterio di titolarità del potere d’indagine. E questa idea, questa difesa dell’idea della pubblicità la colloco laddove nella memoria si fa riferimento al fatto che normalmente dell’esistenza di assegnazioni congiunte, veniva dato riscontro nella relazione annuale sullo stato della Giustizia, ma che in questo caso non si è potuto dare questo riscontro perché? Perché la relazione si è formata prima del radicamento, a febbraio 2017, del procedimento 98 di cui stiamo parlando.
Il terzo aspetto è, invece, e qui se posso utilizzare l’espressione “si cambia registro”, dire comunque io ero legittimato in forza di un provvedimento generale, quindi i primi due passaggi sono “io ti dimostro che esiste un procedimento, un atto specifico che mi attribuisce la competenza e comunque c’è anche un atto generale che ha la stessa efficacia di attribuzione di questa competenza.
Allora, se io leggo questa memoria, ovviamente sapendo qualcosa che è dentro al fascicolo ma la leggo secondo una logica che a me pare comune, la prima cosa che balza agli occhi è che un significato lo ha perché – aggiungo l’ultima considerazione generale – questa memoria è una memoria che proviene dagli imputati e quindi è una memoria che è particolarmente significativa, non tanto per quanto riguarda la costruzione dell’elemento oggettivo dei reati che vengono imputati, ma ai fini dell’elemento soggettivo perché, come tutti noi sappiamo. siccome e per fortuna ancora non abbiamo inventato il dolometro, il dolo lo dobbiamo ricostruire in termini inferenziali ed il modo per ricostruirlo, le sentenze delle Sezioni Unite sono note anche oltre i confini italiani, dicono che uno degli elementi a cui occorre guardare è il comportamento susseguente dell’imputato, perché il comportamento susseguente che in questo caso si colloca e si declina l’azione della memoria è significativo ai fini della ricostruzione del dolo. L’aspetto che sorprende, se io ripeto leggo questa memoria in maniera, chiamiamola così, come un lettore comune, quello che mi sorprende è qua si difende l’esistenza di un provvedimento specifico di attribuzione, ma l’unico modo per dare certezza di questo dato, cioè quella di depositarla, non viene minimamente assolto, non viene assolto nell’ambito di questo sub procedimento e non viene neanche assolto nell’ambito della dimostrazione dell’esercizio del diritto di prova all’interno di questo procedimento. E la cosa diventa un pochino più significativa dal mio punto di vista, perché se noi ancora una volta leggiamo, stiamo ai principi generali del diritto amministrativo, ma soprattutto leggiamo la sentenza del Giudice di Terza Istanza, questa volta non la 17 ma la 8, noi scopriamo che requisiti di legittimità dell’esercizio dei poteri di coassegnazione, sono la forma e la comunicazione della decisione ai soggetti interessati.
Quindi la prima cosa che mi viene in mente è se esiste questo documento sul quale la memoria spende argomentazioni anche distese, la domanda che mi faccio è: ma perché non è stato prodotto? Sicuramente si può dire “ma non è stato reperito”. Non è stato reperito sicuramente potrà essere, ma siccome è requisito di validità la conoscenza diretta alla persona, uno faceva la fotocopia della delega di coassegnazione e la depositava agli atti del procedimento e sarebbe finito tutto.
D’altra parte lo stesso Vitaliano Esposito va cercando questo, quando chiede al povero Lanfranco, scusate la mera conoscenza personale, il magistrato Lanfranco Ferroni — scusate questo intermezzo – che cosa gli chiede? Gli chiede sostanzialmente “oh tirami fuori questo atto oppure dammi un’attestazione, se quell’atto per qualche ragione non c’è, che quell’atto effettivamente una sua autonomia ce l’ha”.
Purtroppo sappiamo che le cose sono andate disgraziatamente come sono andate e quindi quella richiesta è una richiesta rimasta inevasa. Ma il fatto che sia rimasta inevasa non toglie che nell’ambito dell’accertamento di questo processo, accanto alla prova diretta che noi avremmo avuto se quella richiesta avesse avuto risposta, noi abbiamo da fare il ragionamento indiziario ed il ragionamento indiziario, cioè quei gravi precisi e concordanti, trova in questo dato, cioè nel fatto che se c’era, doveva essere comunicato, un dato sicuramente significativo.
Perché che non sia stato comunicato è possibile, che non sia stato neppure trascritto è pure possibile, ma come si diceva, le coincidenze ne ho sempre sentito parlare, ma non le ho mai incontrate. E questi due dati, sono due dati che, a mio parere, vanno valutati ai fini della ricostruzione della vicenda che ci occupa.
L’altro aspetto che emerge da questo punto di vista è un dato, e ritorno a fare come dire il lettore di quella memoria non tecnico, leggo quella memoria e cerco di capire cosa c’è scritto, poi magari mi sbaglio, ma credo che più o meno la valutazione chiamiamolo così della sua forma espressiva italiana si possa fare da parte di chiunque. Ed è la parte dove si dice: il fascicolo 98-2017 in oggetto, trattandosi di un procedimento penale iscritto nell’anno 2017, non figura nella relazione del Magistrato Dirigente solo perché successivo, ciò non toglie che anche per l’attuale fascicolo sia stata seguita la medesima procedura.
Ora noi sappiamo dalla lettura del Giudice di Terza Istanza che questa procedura, ove l’esercizio dei poteri fosse privo di legittima titolarità, non ha nessuna funzione sanante dell’illegittimità degli atti eseguiti all’interno del procedimento. Ma non è questo il punto che voglio sottolineare. Il punto è che se io lo leggo in questi termini, io ci colgo un filo diciamo così di decettività, perché? Perché qua si fa riferimento nella parte sopra a provvedimenti che sono stati resi, che riguardano il coordinamento eccetera eccetera, nel 2016, e per come l’ho letto io e come ho cercato di leggere il capo d’imputazione, io insomma ho fatto una certa difficoltà a capire a quale si riferiva di relazione. Perché è indubbio che questo argomento è un argomento di fatto indubitabile.
La relazione per il 2016 è antecedente all’iscrizione del reato ché avviene, come abbiamo detto, a febbraio 2017, e non c’è dubbio.
Ma non è il problema che dobbiamo guardare ce n’è menzione o non ce n’è menzione nel 2016, nel 2016 è evidente che non ce n’è menzione perché è stato chiuso prima, è stato chiuso intorno al settembre del 2016. Quello che noi dobbiamo guardare è quella del 2017, cioè quella che viene redatta nel frattempo dal nuovo dirigente degli uffici, cioè il Magistrato Ferroni, che è quella relativa al 2017, pubblicata nel 2018.
E se noi guardiamo, li non c’è nessun riferimento a gruppi di coordinamento, nessuno. E ancora una volta, se la logica è questo provvedimento è stato rilasciato, perché questo io traggo dalla lettura di questa memoria, il fatto che non ne venga dato minimamente conto è un altro profilo di valutazione che si aggiunge a quella logica indiziaria che porta a dire che effettivamente se noi guardiamo gli atti e cerchiamo di leggerli per stabilire se c’era o no l’unico criterio di legittimazione specifico che era l’atto formale del dirigente, la risposta è per via indiziaria, noi non possiamo dire che quell’atto c’era.
E a questo dato, a questo ragionamento fattuale si aggiunge, sempre a mio parere, un terzo elemento che è dato dalla lettura, ancora una volta, del Giudice della Terza Istanza, nel quale si dice è pacifico che l’assegnazione tabellare è a favore chiamiamolo così, della dottoressa Volpinari, è altrettanto pacifico che non c’è nessun titolo specifico che giustifichi, per quel procedimento, l’esistenza di una co-assegnazione in deroga ai criteri tabellari che vengono utilizzati per la distribuzione delle competenze.
E sempre nella logica indiziaria qui, a mio parere, la valutazione è una valutazione che diventa molto persuasiva, perché noi abbiamo tra le mani una valutazione che, insomma, mi posso permettere di fare una valutazione personale, diciamo il Dottor Vitaliano Esposito non è proprio l’ultimo magistrato che ha incominciato e si è esercitato in queste valutazioni, e lo dico anche se ci dà torto e spiego perché le due cose stanno insieme, tra un attimo, e questo dato è un dato sicuramente pregnante e a mio parere conclusivo, cioè non esiste un atto specifico che attribuisca la facoltà di svolgere attività giurisdizionale all’interno del procedimento 98-2017 formalmente assegnato per criterio tabellare alla sola dottoressa Volpinari.
Questo dato è un dato che va un attimo caratterizzato, e va caratterizzato nella prospettiva della formulazione del Capo di Imputazione, perché è evidente che l’esercizio di un potere che è un potere di incidere direttamente o indirettamente sulla libertà, patrimonio, dignità sociale delle persone, esercitato al di fuori dei canoni legali, è qualcosa è qualcosa che noi possiamo chiamare un esercizio, chiamiamolo privato, un esercizio di usurpazione di un potere pubblico, che il giudice di terza istanza chiama potere arbitrario, e dice nella logica dello Stato di diritto il potere arbitrario è ciò che deve necessariamente essere scongiurato perché ne è l’opposto.
E se c’è un momento d’arbitrio che è quello sanzionato dall’Art. 376 come abuso di autorità, è evidente che tutto l’assetto costituzionale crolla, soprattutto un assetto costituzionale come quello sammarinese così come disegnato nell’Art. 1 della Dichiarazione dei Diritti. Se vogliamo dirla diversamente, ci troviamo in presenza della forma più pregnante di abuso di autorità, la forma più, passatemi questa espressione, dirompente dal punto di vista degli effetti, perché incide in maniera irrevocabile non soltanto sugli interessi della singola persona fisica, della libertà e della dignità della singola persona fisica, ma incide sugli interessi complessivi che fanno stare insieme una determinata collettività alla luce delle scelte di valore che ha compiuto il legislatore costituzionale della Repubblica di San Marino.
Questo dato, credo che le evidenze siano forti ed il secondo aspetto, il secondo vaglio a cui ho cercato di sottoporre questa valutazione è: perché si è scelto di argomentare la propria legittimità ricorrendo a passaggi che sono passaggi obliqui? Cioè anche qui facendo un discorso che, utilizzando l’espressione più strettamente penalistica della valutazione della prova, è un ragionamento indiziario. Io non sono in grado di dimostrartelo, però ti do una serie di circostanze dalle quali tu puoi ricavare il fatto che la legittimazione e la coassegnazione c’è. Perché? Allora, insomma il perché attiene alla sfera del movente, poi possiamo dire tutto quello che abbiamo sentito fino ad adesso, non è quello il problema, perché il movente ci interessa fino ad un certo punto. C’è un unico aspetto che voglio sottolineare, cioè noi qui ci troviamo in presenza di persone che sono fini conoscitori del diritto, perché lo fanno di mestiere, perché hanno dimostrato di saper padroneggiare le norme dell’ordinamento ed anche nei passaggi più difficili hanno sempre reso interpretazioni che, corretto o no, sono figlie di una conoscenza brillante di tipo tecnico. E questo dato che credo sia inconfutabile, è un ulteriore dato che deve essere valutato nella prospettiva che a me interessa, perché? Perché quando ho provato a darmi una risposta, quello che mi è venuto in mente è perché entrambi, proprio per questa loro professionalità, avevano ben chiaro qual era la posta in gioco, avevano ben chiaro qual era la posta in gioco di esercitare un potere giurisdizionale in violazione dei canoni di imparzialità, in violazione delle prescrizioni di legge o delle fonti sub legali che danno attuazione a quei principi di legge. quindi questo dato è il dato generale e c’era un dato anche personale. Cioè, come dire, farsi trovare – passatemi questa espressione – con le dita nella marmellata, non era bello e quindi bisognava trovare una giustificazione.
E questo, lo ripeto, vale a rendere ancora più robusto quel ragionamento indiziario che sto cercando di portare alla sua attenzione per dire che effettivamente l’imputazione è un’imputazione che risponde a consolidati e resistenti canoni di valutazione positiva di tipo logico giuridico. Questo profilo è un profilo che però non esaurisce in questi termini la sua valenza, perché la sua valenza l’ha anche dal punto di vista della ricostruzione dell’elemento soggettivo.
In questa situazione, alla luce della professionalità delle persone con cui noi abbiamo a che fare, indubbia, e alla luce di precedenti che adesso non sto neanche a citarli, sono precedenti italiani, ma che dicono che in queste cose la qualità culturale, tecnica del destinatario non è rilevante, non è rilevante che cosa sa e che cosa può sapere, che cosa ha dimostrato di sapere, chi in questo caso ha steso quella memoria, questo profilo è un profilo che noi possiamo indicare come un profilo che attesta il fatto che c’era la chiara percezione dell’illegittimità della condotta.
Non era un errore, l’ho fatto credendo, non era un errore dovuto al fatto che ritengo che, io interpreto l’articolo art. 16 che è stato prima citato, come significativo del fatto che io posso fare quello che ho fatto esattamente come l’ho fatto.
Qui c’è questo comportamento, il tentativo di dare una risposta al perché, dà anche una risposta al fatto che qui ci si rende perfettamente conto che l’aspetto iniziale, il punto iniziale di questo procedimento è iniziato per assenza di uno specifico criterio di attribuzione della competenza.
E, anche qui, più è macroscopica la lontananza della condotta rispetto ai criteri della correttezza dell’interpretazione logico-giuridica, più matura la fondatezza, la razionalità di una ipotesi, di una valutazione conclusiva che dice questo comportamento che dice questo comportamento è un comportamento sorretto dal dolo così come richiesto dalle fattispecie che sono contestate.
Più è macroscopica la violazione, più sono i comportamenti con i quali si cerca di occultare quella macroscopica violazione, più siamo legittimati a dire che il comportamento non è colpa, non è colpa grave, non è carenza di diligenza, è dolo.
Tenendo conto, tenendo conto che, almeno in relazione all’articolo 360, diciamo in relazione all’ipotesi del falso, il dolo di cui noi parliamo è un dolo generico. Quindi bisogna semplicemente rendersi conto di dire cose che non corrispondono al vero. E se tutto questo ragionamento che ho provato a sviluppare ha un senso, noi a questa domanda, c’è il dolo del falso, dobbiamo rispondere necessariamente sì, c’è il dolo del falso, perché quando io l’ho scritto avevo chiaramente presente il fatto che non c’era nessun specifico, lo ripeto, provvedimento di incarico allo svolgimento delle funzioni giudiziarie.
Fine parte1