Viaggia spedito, almeno pare, verso la sentenza di primo grado il cosiddetto processo Buriani-Celli che, oltre al Commissario della Legge e all’ex Segretario di Stato alle Finanze del “primo tempo” del governo AdessoSM, vede imputati -nel loro caso con la sola accusa di violazione del segreto istruttorio- sia il Direttore che il Caporedattore del quotidiano sammarinese L’Informazione e che ha visto i legali di parte civile, ad esempio l’Avv. Gabriele Marra e la legale sammarinese Maria Selva, ribadire -rafforzare e rendere quindi ancora più autorevole- una tesi già ampiamente dibattuta su queste pagine elettroniche: “Tutto è collegato” o, per usare parole testuali dell’Avv.Marra, “c’è un filo rosso che collega” tutto… E, lo ha ribadito quest’ultimo a chiare lettere, tirando in ballo anche un personaggio non coinvolto nell’azione giudiziaria di questo procedimento, Nicola Renzi (ex Segretario di Stato agli Esteri e alla Giustizia dello stesso governo AdessoSm) di Repubblica Futura citandolo nella fase in cui si parlava di tabulati e telefonate: “…Buriani che è solito parlare con esponenti politici, Renzi…”.
Ma la teoria che, al di là delle responsabilità penali, ci possa essere stato un gruppo di influenza ben più ampio della governance di Banca Cis a “turbare” gli equilibri democratici della Repubblica nello scorso decennio è un’altra storia, che approfondiremo nei prossimi giorni alla luce delle ultime chiare, nette prese di posizione delle parti civili nel processo in questione.
L’aspetto che oggi mi sembra il più interessante è svelato con estrema decisione e chiarezza dall’Avv. Gabriele Marra e rappresenta -secondo la sua autorevole interpretazione (si ricordi che è Professore Associato di Diritto Penale all’Ateneo Urbinate)- la cosiddetta “pistola fumante” a carico dell’ex Commissario della Legge Alberto Buriani, relativamente all’accusa di abuso di ufficio. Un reato già di per sé grave, ma che assume contorni ben più pesanti se perpetrato da un magistrato o da un giudice.
Ma quale sarebbe, qual è secondo l’Avv.Marra questa famosa “pistola fumante”, questa prova granitica a carico di Buriani? Semplice, un elemento che era da tempo sotto gli occhi di tutti ma che solo una lettura esperta e giuridica può individuarla come tale: la celebre conversazione fra lo stesso Commissario della Legge e l’assicuratore Gianfilippo Drughera. E ciò potrebbe spiegare la grande “passione” che l’Avv.Michela Vecchi, difensore di Buriani, ha riservato a quella “intercettazione”, destinando grande attenzione e le necessarie azioni perchè venisse stralciata dagli atti del processo. Ammessa, stralciata, riammessa, contestata di nuovo e tuttora -se non erro- presente agli atti, pur se pendente in attesa dell’esito dell’ennesimo ricorso.
“Miracoli” di una giustizia talvolta macchinosa, logicamente incomprensibile e, forse, ancora da perfezionare perchè troppo suscettibile di interpretazioni di questo o di quel giudice… La sentenza di Terza Istanza che stralciò quella prova -accusa lo stesso Marra, senza mezzi termini- “dà una lettura, se mi consentite, un po’ spregiudicata dell’art.326”, a conferma di come la celebre bilancia simbolo della giustizia possa essere “tirata” un po’ più in là o un po’ più in qua dalle interpretazioni di sempre autorevoli sentenze e giudici giudicanti. Ma tant’è, non divaghiamo su aspetti “immensi” e per certi versi aleatori e torniamo al tema, ovvero la cosiddetta “pistola fumante” a carico del Commissario Buriani.
Perchè la conversazione fra i due sarebbe la prova delle prove? Perchè, come ha spiegato in Aula il legale di parte civile, secondo cui “una volta chiarita la funzione probatoria, in quella conversazione il reato di abuso di autorità trova perfettamente il suo elemento soggettivo”, visto che essendo “dolo specifico non è necessario che si realizzi ai fini della consumazione del reato”. …Lo so, è “legalese” complesso e incomprensibile ai più. Ma “tradotto”, secondo quanto sostenuto dall’Avv.Marra, quanto provato che sarebbe successo nella conversazione fra Buriani e Drughera sarebbe già reato, a prescindere dall’esito del presunto piano.
E quanto detto fra i due in quella -chiamiamola- “intercettazione” lo sarebbe, come ha spiegato nella sua ricostruzione: se Buriani dice all’interlocutore “guardi lei mi faccia una denuncia per questi reati, non per questi altri, perchè per questi sono competente io e per questi non lo sono (…), abbiamo la prova del fatto che quell’abuso non è finalizzato al nulla, ma è finalizzato a far paura; che quella paura è una situazione di vantaggio…”. E prende senso, questa constatazione, tornando al “filo rosso” che collegherebbe il tutto ad un preciso piano: la vendita di Banca Cis a Stratos, nonostante l’operazione fosse “osteggiata perchè impraticabile da Banca Centrale”, ma invece “auspicata, nonostante fosse impraticabile” dalla governance Cis. “Per superare questa impraticabilità -ha spiegato l’Avv.Marra- abbiamo accertato che sono state poste in essere una serie di manovre per cercare di superare le impossibilità così da arrivare ad una soluzione di acquisto di Banca Cis, nel frattempo già decotta”.
Giuseppe Ucci, ex Direttore di Banca Centrale -ha evidenziato lo stesso legale- “ci ha spiegato che questa soluzione avrebbe di fatto impedito l’esercizio di azioni di responsabilità nei confronti dei gestori della banca”.
Quindi, riassumendo all’estremo la “teoria” delle parti civili, gli imputati sarebbero tutti collegati da un lungo “filo rosso” alla persecuzione di un preciso piano nell’interesse di Banca Cis, dei suoi azionisti e della sua governance… E, almeno sulle responsabilità del Commissario della Legge la prova delle prove sarebbe nella sua conversazione con Dughera…
In pratica, lo scenario prospettato dalle parti civili -quindi ci troviamo di fronte ad una teoria di parte nel dibattimento, si ricordi- è inquitante quanto semplice: la governance di Banca Cis nelle persone di Daniele Guidi, Stefania Lazzari e dell’azionista di riferimento Mario Grandoni (nessuno di loro coinvolto in questo processo), nel perseguire l’obiettivo di cedere l’istituto di credito a Stratos superando “ad ogni costo” l’ostacolo Banca Centrale, si sarebbero avvalsi dell’aiuto non sempre prestato in ambito di legalità (secondo le accuse che troveranno conferma o smentita in sentenza) di almeno un Commissario della Legge, Alberto Buriani, e di un ex Segretario di Stato, Simone Celli.
Ma non solo… Anche il Direttore e il Caporedattore de L’Informazione -ha invece rimarcato L’Avv. Maria Selva– in questo piano avrebbero “giocato un ruolo di grande importanza, ovvero portare l’opinione pubblica con Banca Cis e quindi contro la Presidente di Banca Centrale, Catia Tomasetti”, quest’ultima a sua volta, unitamente a Bcsm, parte civile nel procedimento.
Enrico Lazzari
