E’ un’ennesima “bomba” quella sganciata dal Giudice Adriano Saldarelli con le motivazioni della sentenza di primo grado relativa al procedimento penale “299-2022” che vedeva alla sbarra figure apicali di Banca Centrale di San Marino in carica nella prima fase della seconda metà dello scorso decennio. Con loro, a processo in quello stesso procedimento, anche il finanziere lucano Francesco Confuorti.

Una “bomba” -si diceva- che esplodendo ha rivelato un meccanismo rivelatosi capace di corrodere dall’interno l’azione della governance e della vigilanza bancaria e finanziaria, grazie ad un “sistema di gestione” di Banca Centrale di San Marino pensato e instaurato non per tutelare l’interesse pubblico, ma per piegare ogni sua azione agli interessi di un unico soggetto, Banca CIS, e del suo “regista occulto”, Francesco Confuorti. E’ questo, in estrema sintesi, il succo “spremuto” dal Giudice di primo grado da anni di indagini, testimonianze e prove – cartacee ed elettroniche – raccolte.
Ma ripartiamo dall’inizio.
Era il 28 novembre dello scorso anno quando, con dispositivo letto in Aula, il Giudice Saldarelli condannò tutti gli imputati: sei anni e quattro mesi di reclusione, oltre a cinque anni di interdizione dai pubblici uffici, per Francesco Confuorti, riconosciuto colpevole di abuso d’ufficio e violenza privata continuata; cinque anni e due mesi a Francesco Savorelli, all’epoca Direttore generale di Banca Centrale, quattro anni e otto mesi a Filippo Siotto, quattro anni e sei mesi a Mirella Sommella, ambedue ai tempi membri del Coordinamento di Vigilanza di Bcsm; e tre anni e dieci mesi a Roberto Moretti, subentrato alla direzione generale nel dicembre 2017. A tutti è stata riconosciuta, per il periodo di interdizione, l’impossibilità di ricoprire ruoli pubblici per almeno tre anni.
Le motivazioni delle severe condanne.
Dopo aver letto le 49 pagine delle motivazioni della sentenza, non è certo un’esagerazione parlare di “cuore marcio”. Del resto, nella stessa si descrive l’organizzazione criminosa della Banca Centrale di quegli anni dove ogni imputato appariva come l’ingranaggio di un orologio d’alta precisione. I funzionari della vigilanza -secondo il mandato ricevuto- avrebbero dovuto muoversi all’unisono per segnalare anomalie, prevenire crisi bancarie e salvaguardare i risparmiatori. Invece, pezzo dopo pezzo, l’intera struttura – dal direttore generale Lorenzo Savorelli ai membri del Coordinamento Vigilanza, Filippo Siotto e Mirella Sommella – sarebbe stata ridisegnata secondo direttive impartite via e mail da Confuorti (oltre 140 messaggi in poco più di un anno) e, fra questi, non pochi messaggi attentamente calibrati per determinare la rimozione di chiunque, in Bcsm, potesse porre un freno alle operazioni pianificate e realizzate nell’interesse esclusivo Banca CIS.

E il Titano, i sammarinesi hanno pagato care queste azioni, non solo per la liquidazione illegittima di Asset Banca, ma anche -e soprattutto- per il blocco imposto, nel marzo 2016, del progetto di Centrale Rischi: quel database avrebbe messo in comunicazione le banche sammarinesi con quelle italiane, offrendo un sistema di allerta capace di intercettare in tempo reale movimenti sospetti, oltre che riportare alla serenità” i rapporti fra Banca Centrale e Banca d’Italia. Eppure la decisione di “congelare” il progetto fu motivata con l’alibi di una presunta obsolescenza del sistema, una spiegazione che la Corte liquida come “del tutto priva di valide giustificazioni”. Nel linguaggio dei giudici, quel passo è emblematico: chi spegne i fari sulla rete informativa apre la strada a operazioni clandestine, trasformando un presidio di legalità in un’autostrada senza guardie.
La sentenza ricostruisce, poi, con taglio quasi cinematografico, le cosiddette “mailbomb”, messaggi in cui si facevano nomi e cognomi delle persone da rimuovere. “Pappalardo – si legge in una di queste – è strettamente collegato a Bernardi… bisogna trovargli un’occupazione che lo estrometta”; “La segretaria Casadei va spostata, a parte essere incapace fa politica… è quella che racconta tutto”.
Non fantasie, ma ordini eseguiti in fretta, uno dopo l’altro, come interventi chirurgici mirati a isolare le voci critiche e i colleghi scomodi, forse perchè capaci di restare con la “schiena dritta”. Nel giro di poche settimane, dirigenti e ispettori sono stati spostati in ruoli insignificanti o esclusi dalle ispezioni più delicate, compromettendo l’intero apparato di controllo.
Le condanne pronunciate – pur in un grado non definitivo e dunque appellabile – restituiscono il peso di quelle manovre. La rimozione sistematica dei funzionari non è stata un effetto collaterale ma il cuore stesso del disegno criminoso: un abuso d’ufficio reiterato, scelto dai giudici al posto di qualificare quei fatti come “mobbing”, perché l’articolo?376 del Codice penale – che punisce chi distorce il potere per vantaggio proprio o altrui – si adattava perfettamente all’obiettivo di “associare” decisioni e spostamenti a un fine privato, e non all’interesse pubblico.
Quel che – più o meno esplicitamente – emerge dalla lettura delle motivazioni è, anche, un monito chiaro: le istituzioni preposte a proteggerci, se la politica che le governa non si rivela all’altezza del suo ruolo, possono diventare strumenti di interessi particolari. Anche in questa sentenza, quindi, si va a lambire il ruolo dei vertici, politici di quegli anni. Certo, marginalmente, quasi con timore, manche da questa vicenda emergono responsabilità politiche evidenti, come, ad esempio e col senno di poi, quella dell’ex Segretario di Stato del Governo AdessoSm Simone Celli, a sua volta condannato in primo grado unitamente al Commissario della Legge Alberto Buriani per tentata concussione ai danni della Presidente di Banca Centrale, Catia Tomasetti, all’epoca dei fatti -guardacaso- ostacolo insormontabile per l’operazione di cessione delle quote di Banca CIS al gruppo Stratos.
La politica? Tutti innocenti… Almeno per ora.
Ma come entra, senza responsabilità penali ovviamente, Celli anche in questa vicenda? Nella nomina di Roberto Moretti alla direzione generale di Bcsm. Infatti, la sentenza ricorda che nel dicembre 2017, l’avvicendamento al vertice della Banca Centrale non fu un processo esclusivamente tecnico, ma vide l’intervento diretto della politica: l’allora Segretario alle Finanze, Celli appunto, prese contatto personale con?Moretti per offrirgli inizialmente un incarico in Cassa di Risparmio, per poi indirizzarlo verso la direzione generale come successore di Savorelli.Infatti, nella sentenza si legge: “…Venne contattato direttamente da Simone?Celli, all’epoca Segretario alle Finanze, dopo una prima proposta per un incarico in Cassa di Risparmio”.
Sta di fatto che nella miriade di inchieste aperte in tribunale attorno alla galassia Banca Cis, compreso il processo ormai avviato contro l’intero – per ora presunto – “gruppo criminoso”, da Marino Grandoni in giù, non figura nessun esponente politico… Almeno per ora e per quanto noto fino ad ora.
Enrico Lazzari