San Marino. Processo del bilancio farlocco Carisp. di -534 milioni di euro. Delta, DTA e incassi, i numeri reali smentiscono la maxi perdita

37 milioni incassati nel 2024 su crediti svalutati. Simoni: “RIA ha ignorato i tempi lunghi, ma i crediti valevano eccome”.

Dopo aver analizzato la genesi del bilancio da -534 milioni, la testimonianza dell’ex direttore generale Luca Simoni ha offerto un elemento che va ben oltre le ricostruzioni contabili e sfocia in una clamorosa verifica ex post: molti di quei crediti svalutati nel 2017, oggi sono stati recuperati.

Il caso più evidente riguarda i cosiddetti crediti Delta, in particolare quelli di natura sanitaria, ceduti da società del gruppo e legati a forniture o servizi verso il Sistema Sanitario Nazionale italiano. Crediti che, al tempo, vennero svalutati in blocco, con un approccio estremamente prudenziale — o, come sospetta l’accusa, scientificamente distruttivo.

In aula, Simoni ha fornito un dato che vale più di mille perizie: nel 2024, Cassa di Risparmio ha incassato 37 milioni di euro proprio su quei crediti. Su un valore complessivo stimato in circa 45 milioni, significa un tasso di recupero altissimo, pari all’82%.

“Quei crediti erano solidi — ha detto Simoni — ma richiedevano tempo, perché si incassano quando le sentenze diventano definitive. Il problema è che RIA Grand Thornton ha adottato una logica da breve periodo, cancellando tutto ciò che non era monetizzabile entro pochi mesi”.

Simoni ha anche spiegato che molti di quei crediti maturano interessi altissimi, in base a un decreto italiano — il n. 231 del 2001 — che prevede interessi annui pari al tasso ufficiale di sconto maggiorato del 7%. Una dinamica che rende i crediti sanitari estremamente appetibili e remunerativi, pur essendo a incasso differito.

RIA ha ignorato tutto questo. Ha trattato crediti come se fossero tossici, quando invece erano solo lenti da recuperare”, ha ribadito l’ex direttore, sottolineando come la valutazione fu fatta con un criterio cieco e lineare, senza distinzione tra la qualità reale dei titoli.

Ma non è solo una questione di crediti. Anche altri elementi, ritenuti “inutilizzabili” nel 2017, si sono rivelati invece attivi reali e concreti. È il caso delle DTA (imposte differite attive), che RIA aveva quasi completamente escluso, e che invece nel 2024 hanno prodotto un incasso di 9,2 milioni di euro, come documentato in aula. Un’altra smentita sonora alla narrazione del “disastro inevitabile”.

A tutto questo si aggiunge un’ulteriore riflessione emersa dal dibattimento:
quel bilancio così drammaticamente negativo ha messo Carisp, ed il paese, in ginocchio non solo sul piano contabile, ma anche patrimoniale e reputazionale. Simoni ha spiegato come la perdita da 534 milioni abbia prodotto conseguenze durature sulla percezione di solidità della banca, generando sfiducia tra i clienti, turbolenze nei mercati, e — indirettamente — favorendo operazioni come la cessione del pacchetto Arcade, che mai sarebbero state digeribili con un bilancio in ordine.

La perdita, insomma, non è stata solo un fatto contabile: è stata una leva dirompente, che ha innescato scelte, interventi e scenari su scala nazionale. Oggi, i numeri raccontano un’altra verità: i valori cancellati in bilancio erano reali, recuperabili e — in molti casi — incassati.

Le parole di Simoni sono state chiare: “Il lungo periodo non è stato considerato. Ma quei crediti, nel tempo, hanno dato frutto. Anzi, continuano a darlo”.

Con questo, il processo si sposta su un terreno decisivo: La perdita da 534 milioni era vera, o fu costruita? La svalutazione fu tecnica o strumentale? E chi ha davvero beneficiato di quel disastro contabile, oggi smentito dai fatti?

La risposta, forse, non è solo nei faldoni giudiziari. Ma anche nei flussi di cassa di oggi, che parlano molto più chiaramente delle relazioni di allora.

Buona giornata

Marco Severini
Direttore di GiornaleSM