San Marino. Processo del bilancio farlocco Carisp. Il triangolo Romito–Borri–Confuorti ed i comitati paralleli e le esclusioni pilotate. Spunta il nome di FRANCESCO CONFUORTI

Simoni escluso dai centri decisionali. Comitati interni lautamente retribuiti, gestione ristretta del potere e la comparsa di un nome esterno: Francesco Confuorti.

Uno dei passaggi più inquietanti dell’udienza del 25 marzo 2025 è emerso quando l’ex direttore generale Luca Simoni ha descritto la nascita di una struttura parallela all’interno del Consiglio di Amministrazione di Cassa di Risparmio. È il momento in cui il processo si allontana dalle cifre per entrare nel cuore delle dinamiche di potere: chi comandava davvero dentro Carisp tra il 2016 e il 2017? E chi prendeva le decisioni chiave?

La risposta, secondo Simoni, sta nei tre comitati consultivi creati nel maggio del 2017, a ridosso della riscrittura del bilancio e in coincidenza con la fase più delicata della governance bancaria. Questi comitati avevano funzioni strategiche, suddivise per aree tematiche: Piano industriale e strategico; Controllo interno; Aspetti fiscali e tributari.

A farne parte erano solo quattro consiglieri: il presidente Nicolino Romito, e i membri Massimo Cotella, Luigi Borri e Giuliana Cartanese. Nessun altro (se non qualche dipendente Carisp). Nemmeno l’allora direttore generale. Simoni, infatti, fu formalmente escluso, (e non solo ma anche i consiglieri sammarinesi) con una comunicazione scritta — una mail firmata proprio da Borri — nella quale gli si suggeriva di non partecipare ai lavori dei comitati “per non appesantirlo ulteriormente, visto il suo carico di lavoro”.

Una motivazione che fa capire che si trattava di un progetto mirato di isolamento: tenere fuori chi non faceva parte del “gruppo ristretto” di potere e costruire un meccanismo decisionale che potesse agire in autonomia, senza opposizione interna.

Ma il passaggio più grave e delicato della deposizione riguarda la presenza indebita di soggetti esterni nel flusso delle comunicazioni bancarie. Simoni ha raccontato che, in un’esposto successivamente depositato, fece presente l’esistenza di una mail interna alla banca, inoltrata dal consigliere Cotella e che vedeva in copia Borri e Cartanese, in cui compariva tra i destinatari anche FRANCESCO CONFUORTI, una nostra vecchia conoscenza.

Confuorti, ha detto Simoni, non era né consigliere, né azionista, né tantomeno consulente di Carisp. Eppure riceveva mail riservate, contenenti contenuti relativi all’attività del CdA e, presumibilmente, anche a decisioni contabili rilevanti.

Che ruolo aveva davvero FRANCESCO CONFUORTI nella gestione di Cassa di Risparmio in quel periodo? E perché era informato di decisioni interne, mentre il direttore generale veniva escluso?

Sul piano economico, Simoni ha aggiunto un’altra nota molto interessante: i membri di quei comitati ricevevano 70.000 euro l’anno, cifra superiore allo stipendio di un consigliere ordinario (40.000 euro) e quasi pari a quello del vicepresidente del CdA. Si trattava quindi non solo di comitati “ristretti”, ma anche privilegiati economicamente.

L’analisi complessiva di questa parte dell’udienza porta a una conclusione inquietante: nel 2017, Cassa di Risparmio non era più governata dal suo organigramma ufficiale, ma da un direttorio interno, blindato e unito da un disegno preciso.

Un “gruppo di comando” che — come emergerà ancora di più nei prossimi articoli — ha avuto un ruolo attivo nella costruzione del bilancio da -534 milioni di euro.

Il processo continua, ma questo episodio ha già messo nero su bianco un dato essenziale: la trasparenza era stata sospesa. E Confuorti era lì a dimostrarlo.

Marco Severini – direttore del GiornaleSM