Un copione già visto… Sfilano i testimoni e, alla fine, tutta l’impalcatura accusatoria sembra scritta, più che da un giudice inquirente, da un Hens Christian Andersen in toga.
Sono diverse, ormai, le udienze che si sono consumate nel processo che vede alla “sbarra” due pezzi da novanta della politica sammarinese: l’ex Segretario di Stato Gabriele Gatti (una sorta di capo del governo di diverse legislature, sulla base del potere che aveva acquisito) e l’ex Segretario di Stato alle Finanze Clelio Galassi.
Trapela, sia dall’Avvocatura che dal Procuratore del Fisco, talvolta, almeno all’apparenza, addirittura un certo imbarazzo. L’imbarazzo, forse, di dover portare avanti tesi, accuse che, poi, trovano regolare smentita nei teste quando la parola passa alla difese, quando non appaiono inverosimili già per come sono formulate.
L’esempio più eclatante sono i libretti al portatore, secondo le accuse un metodo illecito di pagamento essendo strumenti finanziari di risparmio; ma regolarmente utilizzati, da quasi tutti, come denaro contante, come fosse un assegno circolare, nelle transazioni consumate all’ombra del Titano. Una delle “prove” del malaffare ipotizzato nel rinvio a giudizio, quindi, era una radicata consuetudine sammarinese, mai perseguita e divenuta normalità.
Del resto, all’epoca, la tracciabilità finanziaria -così come intesa oggi- non esisteva neppure in Italia…
I libretti passavano di mano in mano, a pagamento di acquisti e compravendite. Era denaro circolante e non certo prova di malaffare. Altrimenti, tutti i professionisti, forse notai compresi, andrebbero oggi processati per aver utilizzato o “suggellato” operazioni finanziate con libretti al portatore? No di certo, visto che era una consuetudine ormai radicata.
Può reggersi, l’impalcatura accusatoria, al pari dell’opera di Avvocatura e Procura del Fisco, sul teorema che il malaffare è dimostrato dall’utilizzo di libretti al portatore per il pagamento delle operazioni che sono costate il rinvio a giudizio a Gatti e Galassi? No… Eppure, uno degli obiettivi della pubblica accusa sembra essere proprio questo, a conferma della grande difficoltà incontrata nel dimostrare, in Aula, di fronte ad un giudice terzo, le accuse.
Non esiste, forse, nulla di più credibile? L’impressione -ovviamente solo l’impressione visto che il processo è ancora in corso- sembrerebbe così.
Il massimo dell’imbarazzo nel sostenere le accuse si è registrato quando, sul banco dei testimoni, è salito l’Architetto Gianluigi Moretti, teste chiave per il -chiamiamolo- “filone Wonderfood”, incentrato sull’acquisto dello stabile Polichem. Non a caso Moretti, per celare nelle fasi iniziali l’identità del compratore, trattò direttamente l’acquisto di quell’area, producendo addirittura una sua fidejussione -come ricorda lui stesso- di “13 o 14 miliardi di lire”.
Un teste che, quindi, verrebbe da pensare, sarà stato incalzato sia dal Procuratore del Fisco che dall’Avvocatura. E invece… Incredibilmente… quando il Giudice Simon Luca Morsiani ha chiesto se l’Avvocatura e la Procura del Fisco avevano domande da porre al teste, la risposta è stata inequivocabile… Prima un NO… Poi, subito dopo, un altro NO…
Non ci sono aspetti che Moretti, nel ruolo chiave che ha avuto in questa vicenda, poteva rivelare, magari confermando le ipotesi accusatorie? Visto il silenzio si deduce che, secondo l’accusa, non c’erano…
Ma, vien quindi da chiedersi, anche alla luce delle precedenti testimonianze ascoltate. Perchè oggi Gatti e Galassi sono a processo?
Le dichiarazioni dei teste non erano disponibili anche nella fase istruttoria, dove -peraltro- altri capi di imputazione -fra cui quello che era alla base del provvedimento di custodia cautelare che rinchiuso in cella Gabriele Gatti per mesi- sono miseramente crollati già non trovando conferma nel rinvio a giudizio?
O, forse, e ciò ormai non mi stupirebbe di certo, anche se non voglio neppure pensarlo, il lavoro degli inquirenti non era quello di ricercare la verità ma di ricercare indizi anche se labili e solo mirati ad avvalorare le accuse?
Quasi sicuramente anche questo procedimento si chiuderà con assoluzioni e negli archivi giudiziari, delle inchieste che hanno spazzato via una intera classe politica aprendo la strada -come sostenuto dalle conclusioni della Commissione consigliare di inchiesta- al dominio politico, mediatico e finanziario di una “cricca”, resteranno solo atti e fascicoli riguardanti “strani” contatti fra il giudice che divenne l’eroe dei moralizzatori sammarinesi, qualche operatore dell’informazione e, ben più inquietante, qualche politico addirittura con importanti ruoli di governo…
Enrico Lazzari