Alcune dichiarazioni dell’Avv. Cocco durante il processo di ieri: ”La sig.na Leone ci ha detto anche di essere stata pagata, in contanti, però ci ha detto di aver versato i contanti sul conto corrente. La prova che questa affermazione sia vera? Non c’è! Non era difficile richiedere un estratto conto. Non c’è! Forse lo hanno chiesto, forse si sono dimenticati? Non c’è. E noi non lo abbiamo potuto chiedere! Ne alla Leone, ne a chi ha fatto le indagini. Ma non c’è! Quindi tutt’altro che risultanze probatorie di quanto dichiarato.
A me pare che non rimanga altro che la confessione di questi due coindagati se andiamo a guardare il merito della vicenda. Ma la confessione di due coindagati, (dopo aver superato tutte le questioni del rinnovo in sede di discussione, in merito alle violazioni del procedimento, oltre a quella di giurisdizione e della rimissione degli atti in istruttoria o deflatoria di non utilizzabilità), è elemento idoneo per arrivare una sentenza di condanna?
IN NESSUN PAESE LO E’. NEMMENO IN ITALIA. Infatti l’art.192, 3° comma, del codice italiano ci dice che la dichiarazione del coindagato, se non puntualmente riscontrata e verificata nei fatti non è di per se elemento idoneo per arrivare ad una sentenza di condanna. Mi pare anche ragionevole. Se domani arrivasse l’Avv.Fabbri in preda al delirio a dire che io e lui – dice Cocco – siamo andati a fare ad un supermercato qua di fianco, ammesso che la rapina vi sia stata, io come mi potrei difendere? Lei mi potrebbe condannare con le sue dichiarazioni autoconfessorie? Ritengo di no, in nessun paese.” (…)