Fino a pochi giorni prima sembrava dovesse trattarsi di un’udienza di transizione, in attesa della risposta da San Marino circa larogatoria inoltrata dal Tribunale di Rimini per chiedere di sentire sul Titano i testimoni Livio Bacciocchi e Michel Burgagni. Il primo, precedentemente indagato per questi fatti e in seguito assolto con rito abbreviato davanti al GUP di Bologna (in un certo senso scagionato proprio da Burgagni, che ha ritrattato le precedenti dichiarazioni). Il secondo, invece, fino ad oggi si era sempre reso irreperibile, costringendo il Pm della DDA di Bologna Enrico Cieri a chiedere addirittura l’acquisizione delle precedenti dichiarazioni ex art. 512 bis cpp. E invece, qualche giorno prima dell’udienza, la comunicazione del ROS di Bologna, con la quale Burgagni si è impegnato a presentarsi all’udienza fissata per il 5 giugno.
L’attesa è diventata quindi improvvisamente alta. Michel Burgagni, assieme all’ex compagna e all’imprenditore riminese Luigino Grassi (anch’egli uccel di bosco dall’aula del Tribunale), è infatti il testimone principale dell’indagine Vulcano I e, a meno di altri colpi di scena, è noto a tutti come la sua testimonianza in dibattimento rappresenti senza dubbio l’apice dell’intero processo.
Nonostante un certo timore su eventuali ripensamenti, il 5 giugno Burgagni è realmente comparso in udienza a Rimini, accompagnato dagli uomini del ROS. Tra gli imputati, a parte i soliti assenti Mariniello, Di Fonzo, Gallo e Zavoli (oltre a Massimo Venosa), non era presente nemmeno Sergio Romano né il suo difensore. Per ragioni di economia processuale, il Collegio ha ritenuto di dover separare temporaneamente la sua posizione e procedere all’escussione del teste. Presenti tutti gli altri, compresa come sempre la parte civile Sos Impresa, con l’avv. Davide Grassi.
Camicia sbottonata, occhiali da sole, un certo nervosismo malcelato, Burgagni ha sostanzialmente confermato gran parte delle dichiarazioni rese all’epoca davanti ai Carabinieri e ai magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Bologna: dai primi contatti con Vallefuoco e la ISES, tramite Roberto Zavoli, per recupero crediti, all’incontro del 4 novembre 2010 al cospetto di “Zio Peppe” Mariniello e altri imputati, al Bar di via Faenza a Rivazzurra (“un bar pieno di delinquenti”, ha precisato Burgagni), passando per il contrasto con il vecchio amico Leonardo Raimondi, per il quale sono stati chiamati in gioco i fratelli Luciano, Bruno Platone, Formicola e Romano. Conferme anche per gli episodi più violenti, tra cui gli schiaffi ricevuti da Formicola all’albergo “Quo Vadis” sulla Statale di Rimini, il pestaggio di Di Fonzo nel capannone di Rovereta al quale il testimone è stato costretto ad assistere, le minacce di morte ricevute da Vallefuoco.
Al racconto di Burgagni non è mancato nemmeno il riferimento all’ulteriore fase evolutiva della vicenda estorsiva, l’ingresso cioè del terzo gruppo, quello riconducibile a Francesco Agostinelli (al cui seguito pare si trovassero Massimo Venosa, Pasquale Maisto, oltre ovviamente al “braccio destro” Francesco Sinatra). Anche in questo caso Burgagni ha di fatto confermato praticamente tutto, a partire dalle prime minacce rivolte dentro Fincapital (quando pare che Agostinelli abbia girato a Burgagni un foglietto con su scritto “se non paghi ti uccido”), le richieste di denaro per “le famiglie dei detenuti siciliani”, i riferimenti ai casalesi (“le minacce le ho intese come ‘dovunque vai ti troviamo’, le pistole, le minacce ai figli…un padre e una madre si preoccupano: non so se fosse una bugia o realtà. Per noi era una realtà”), la pistola in mano a Sinatra.
Come era facilmente prevedibile, gli animi si sono scaldati – come non sono mancati peraltro i momenti di tensione – durante l’esame e il contro-esame di Burgagni da parte dei difensori degli imputati. Mentre i legali di Zavoli, Gallo, Mariniello, Maisto e Luciano Ernesto hanno chiesto solamente precisazioni (ottenendo, in alcuni casi, specificazioni importanti sulle rispettive posizioni: per esempio il ruolo defilato di Zavoli e Luciano Ernesto), più tempo hanno chiesto gli altri avvocati. Nel caso di Raimondi, Burgagni ha ipotizzato che anche il primo fosse stato soggetto a “pizzo” da parte degli altri soggetti (Formicola, Platone e Romano). Per alcuni imputati, il testimone ha sicuramente “mitigato” le dichiarazioni o comunque ha precisato il tenore di quanto affermato in precedenza. Circa Maisto, Luciano Ernesto, Venosa e Zavoli, infatti, ha sostenuto di non aver mai ricevuto esplicite minacce da parte loro, personalmente. Per quanto riguarda invece il capo di imputazione di usura per il presunto prestito a tasso usuraio chiesto a Di Fonzo e Gallo dalla Zanetti, altra precedente compagna di Burgagni, quest’ultimo ha chiarito che il fatto si sarebbe potuto riscontrare facilmente controllando le vecchie fatture della sua società, ora fallita…
Precisazioni importanti anche per il ruolo rocoperto da “Giovannone” Formicola, dal momento che Burgagni ha qualificato la condotta dell’imputato, a processo per tentata estorsione con metodo mafioso, come “noia” o disturbo (“uno che viene a suonare il campanello alle 7 della mattina…”). Abbastanza paradossale, visto lo schiaffo che asserisce di aver ricevuto dallo stesso a Rimini.
In crescendo sono stati altri 3 contro-esami. E’ durato circa 20 minuti quello dell’avv. Montanile, legale di Francesco Vallefuoco. In realtà contro-esame particolarmente confuso, che non ha sortito esito. Lo stesso imputato, presente dalla terza udienza come anche oggi, ha quindi voluto rendere per la prima volta spontanee dichiarazioni. In estrema sintesi, Vallefuoco si è dichiarato estraneo a qualsiasi vicenda di camorra o che riguardasse i casalesi. Ha ovviamente sostenuto, peraltro, che l’attività della ISES era svolta in piena regola e che le “estorsioni” null’altro erano che recupero crediti per debiti di Burgagni verso Fincapital.
A quello dell’avv. Ippoliti, difensore di Sinatra “Il siciliano”, Burgagni ha risposto menzionando il clima pesante che si respirava dentro Fincapital e l’episodio importante delle violenze sui fratelli Lo Giudice all’interno degli uffici della finanziaria sammarinese, da parte di Agostinelli e i suoi. Proprio quest’ultimo, poco dopo, ha fornito per la seconda volta in questo processo spontanee dichiarazioni. Momenti di tensione, quando Agostinelli (che ha ammesso di aspettare questo momento da 26 mesi) ha menzionato un presunto traffico di rolex da parte di Burgagni, ma soprattutto è emerso – abbastanza esplicitamente – il rapporto sentimentale tra l’imprenditore marchigiano e l’ex compagna di Burgagni, oltre che di affetto per i figli della coppia. Un riferimento che ha fatto letteralmente imbestialire il testimone, il quale ha iniziato a rivolgere epiteti all’imputato, da un lato all’altro dell’aula di giustizia. Già in precedenza i due si erano “beccati” reciprocamente, mentre Agostinelli si trovava all’interno della cella di sicurezza.
Dopo altri momenti di tensione, dovuti principalmente all’atteggiamento di Burgagni, il Collegio ha ricordato le prossime udienze. L’11 giugno udienza straordinaria per ascoltare ancora Burgagni con il contro-esame di Romano, mentre il 18 giugno altra udienza straordinaria nella Repubblica di San Marino, quando si escuterà il notaio Livio Bacciocchi come testimone. Il giorno seguente, infine, di nuovo a Rimini, quasi certamente per sentire i testi delle difese.
Tre anni fa, l’indagine Vulcano della DDA di Bologna aveva squarciato il velo sulla presenza tra la riviera romagnola e la Repubblica di San Marino di alcuni gruppi legati alla camorra o alle fazioni dei Casalesi. Nel frattempo, pare che per l’ennesima indagine “parallela” condotta dalla DDA di Napoli, Titano (associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio), per gli imputati ammessi al rito abbreviato pare che le richieste del Pubblico Ministero siano state alte. Il verdetto il 3 luglio prossimo.
Patrick Wild, gruppoantimafiapiolatorre.it