San Marino. PSD: L’entrata nel Mercato Unico rappresenta una garanzia di trasparenza e di sviluppo per noi e per L’UE 

 

Non si può non ignorare il fatto che con l’entrata nel Mercato Unico Europeo, obiettivo principale  dell’Accordo di Associazione, la conquista più importante per la Repubblica di San Marino – al di là della  equiparazione dei nostri cittadini per quanto riguarda il lavoro, lo studio, avere le stesse opportunità di vita  dei cittadini della UE – è rappresentata dall’entrata nel “club” europeo del nostro sistema bancario e  finanziario. 

Come dimostrano tutti i dati rilevanti sulla nostra economia, i settori produttivo e commerciale stanno  trainando la ripresa post Covid-19 in termini di occupazione, introiti dello stato, investimenti. Anche tali  settori vedrebbero positivi sviluppi con l’entrata nel Mercato Unico ma già ora sono sufficientemente  competitivi. 

Così non è nel comparto bancario e finanziario: in questo caso non siamo competitivi, anzi siamo isolati, in breve la targhetta di istituto sammarinese è garanzia di estraniamento, più che di convenienza. 

Basti ricordare il regresso degli ultimi 15 anni: da 12 banche a 4, da 15 miliardi di Euro a 6 di raccolta totale,  da 62 istituti finanziari a 2, nessuna banca internazionale a San Marino, nessuno sportello di una banca  sammarinese fuori del territorio, limitazioni sulle carte di credito, etc. Lo stato di salute stabile ed il  sentimento lievemente ottimista è solo il frutto di un impegno corale, molto costoso e pubblico, durato  anni per parare il colpo delle emergenze e dei commissariamenti, un impegno prodotto anch’esso da soli,  senza aiuti esterni. Ora non avremmo più le forze per farlo. 

Lasciamo da parte i problemi sui crediti dubbi che pesano tanto percentualmente e rendono ancora più  ingessate le banche sulla gestione del credito, lasciamo da parte la differenza di costo  nell’approvvigionamento del denaro all’ingrosso. 

La situazione non è questa per gli altri due paesi con i quali la Commissione Europea sta negoziando  l’Accordo di Associazione, ovvero Andorra e Monaco. 

Entrambe hanno numeri incomparabili con i nostri e hanno interazioni ben maggiori alle nostre fuori dai  loro confini: Andorra per esempio ha società succursali delle proprie banche in Europa, Medio Oriente ed in  tutte e tre le Americhe. 

A differenza di quei due stati, i numeri del nostro sistema sono tornati alla situazione che aveva prima dei  primi anni 2000 quando prese avvio la sciagurata espansione sulla base del differenziale normativo:  anonimato bancario e societario, mancata adozione dello scambio di informazioni. 

Non è tornato a quel punto invece l’apparato di regole e controlli che abbiamo costruito negli ultimi 15  anni: abbiamo adottato prima degli altri lo scambio automatico di informazioni, non c’è più alcuna  segretezza, anzi le nostre procedure per l’apertura dei conti correnti sono molto più complicate e lunghe di  quello che succede a Cerasolo. 

Ecco perché la lettera inviata dai presidenti delle tre autorità di controllo accende un faro, sì, sui tre piccoli  stati, ma nel nostro caso lo fa su un apparato indebolito, ormai totalmente sterilizzato nella sua possibile  concorrenza sleale: i report di tutti gli organismi di controllo sulla nostra trasparenza, dall’OCSE al Moneyval  al FMI riconoscono i passi in avanti fatti e la liceità del nostro operato. 

Anzi: il PSD ha sempre inteso che l’integrazione con l’UE volesse proprio dire cambiare mentalità, allinearsi  alle migliori pratiche, insomma accettare maggiori controlli e collaborare con le altre amministrazioni  finanziarie. Se le tre autorità hanno espresso scetticismo rispetto all’ingresso nel Mercato Unico, come  credo, perché hanno poca fiducia nei nostri organismi di vigilanza e pretendono un supplemento di 

controllo, magari di transizione, sulle attività del nostro sistema bancario e finanziario, allora è bene essere  chiari e compatti su questo: se il rischio è quello di non portare a termine il percorso di integrazione e di  rimanere indefinitamente paese terzo, allora è meglio concedere la vigilanza congiunta europea, anche  rafforzata. 

Credo sia ora di parlarne in maniera esplicita e pubblica di quale sarà l’interazione tra la nostra Banca  Centrale e quella Europea, come funzionerà la vigilanza, la gerarchia autorizzativa dei nuovi istituti,  l’apertura in territorio di altri istituti.  

Un ultimo invito: già troppe volte, quantomeno nel 2005 quando rifiutammo l’accordo con l’Italia e nel  2009 con il caso Delta, qualcuno ha fatto propaganda interna ed esterna pensando di colpire un avversario  politico e poterne avere un vantaggio di parte; l’esito fu solo quello di produrre un danno incalcolabile per  San Marino. Evitiamolo questa volta. 

 

Gerardo Giovagnoli

Segretario PSD