San Marino. Public NetCo: chi non vuole fare chiarezza sui 12 milioni del progetto sulle tlc? … di Alberto Forcellini

La storia delle telecomunicazione è ricca di capitoli mai chiariti fino in fondo. Come tutti sanno, le tlc riguardano il procedimento di trasmissione rapida a distanza di informazioni mediante la telefonia, la telegrafia, la radio, la televisione o i radar. In generale, è l’insieme degli impianti e dei servizi relativi alla trasmissione di comunicazioni e informazioni. Chiaro che qualsiasi governo ci metta mano, anche perché a San Marino, i telefonini non funzionano, da Città a Dogana si interrompono almeno 10 volte.

Il governo di Adesso.sm, appena insediato, ci mise subito mano con il progetto Polab: 22 antenne di 40 metri che avrebbero dovuto essere sparse su tutto il territorio per potenziare la telefonia mobile. Un progetto ambizioso, frenato e poi fermato da una vera sollevazione popolare. Il governo Adesso.sm è costretto a rivedere i suoi obiettivi e l’anno dopo, nel marzo 2018, annuncia trionfante l’accordo con il colosso cinese ZTE: in arrivo il 5 G e il nuovo operatore Wind 3.

Ma la strada è scivolosa. Viene creata, tramite un decreto del novembre 2018, una società privata con il 100 per cento di capitale pubblico, la Public NETCO. Come primo atto, il Cda appena insediato, firma un ordine da 12 milioni di euro senza alcuna trasparenza, probabilmente senza conoscere neppure cosa ha comprato.  La Commissione per la finanza pubblica dà un primo assenso, ma sottolinea una serie di rilievi.  In primis, che il contratto tra Netco e Zte Italia non è stato trasmesso in quanto “coperto da Nda”, ovvero “non-disclosure agreement”, cioè una formula di accordo per non renderlo noto a terzi. Inoltre rileva la mancanza di comunicazione sui profili di un’operazione di importante impatto economico e finanziario. In ogni caso dà l’assenso per il trasferimento dei primi 6,1 milioni di euro da AASS a NETCO. In parole povere, si dice ad AASS di autorizzare gli stanziamenti, senza poter verificare come vengano effettivamente utilizzati.

L’opposizione di allora si scatena, ma ci sono fibrillazioni anche nell’allora maggioranza. Poi nel 2019 le cose precipitano, con le elezioni arriva il cambio della guardia. Il nuovo governo, tra i suoi primisssimi atti, febbraio 2020, ferma il pagamento della seconda tranche di 6 milioni e crea un comitato tecnico per verificare la situazione.

Apriti cielo, spalancati terra. L’ormai ex maggioranza si scatena, addirittura criticando le tre nomine, senza farsi scrupolo di denigrare le persone e i partiti che le hanno nominate. Ma le cose procedono e, per quanto tutta la questione sia tenuta riservata, visti gli interessi in ballo, parte in questi giorni una nuova campagna mediatica perché si viene a sapere che, a seguito della relazione del comitato tecnico, è stata presentata una denuncia in tribunale.

Se fosse vero, come trapela da qualche chiacchiera di corridoio, che siano stati pagati anticipatamente pure 5 anni di manutenzioni mai eseguite e consulenze mai accese, che ci siano pressioni per certe richieste di manleva, che ci siano spese gonfiate esageratamente, oltre a quello che era emerso in passato, è davvero difficile comprendere le ragioni di questa nuova campagna mediatica. Che solo apparentemente sembra voler far luce sul presunto scandalo, ma che sotto, sotto, giustifica il precedente governo accusando quello attuale di frenare uno sviluppo capace di portare una paccata di soldi. Come se, in qualche modo, l’esposto in tribunale sia improprio e inopportuno.

Tuttavia, quanto emerge, anche se in maniera del tutto incompleta, ha un nome preciso, ma a questo punto lo dirà il tribunale. Che speriamo si possa pronunciare anche sulle eventuali responsabilità politiche.

a/f