Diciamocela tutta senza ipocrisia: c’è chi senza guardare ai fatti, si schiera con troppa disinvoltura con una parte in causa, visto che fa molto “gauche” ed è anche politically correct.
Quando su certi temi l’ideologia non dovrebbe neppure avvicinarsi. Stiamo parlando della guerra infinitatra Israele e Palestina. Riuscire a discernere e dire con certezza matematica chi ha ragione, come vorrebbe dare ad intendere qualche novello solone, spiegando il perché e il per come, appare molto complicato, e pretendere di avere la verità assoluta in mano fa sorridere, o meglio farebbe sorridere se di mezzo non ci fossero vite umane.
Lungi dunque da me voler prendere le parti di una fazione o dell’altra, anche perché il conflitto affonda le sue radici nella notte dei tempi e tra (pochi) passi avanti e (molti) passi indietro, diventa impossibile comprendere appieno quanto accade.
Tribuna oggi si vuole schierare senza se e senza ma con la fazione della pace. Che vogliono sia gli ebrei, che gli arabi. Per questo finché il con- flitto in terra Santa non avrà fine, sul nostro giornale figurerà in prima pagina un ramo di ulivo in bocca ad una colomba. Un piccolo gesto che ci sentiamo di fare, per rammentare a tutti i sammarinesi, che ogni giorno ci sono persone, donne e bambini che muoiono. Per ricordare che il conflitto non è così lontano dalla nostre case e che non possiamo lavarci le mani rispetto a ciò che ci circonda. Mai come oggi bisogna però utilizzare la testa e non farsi condizionare o tirare in ballo dalla moda del momento o dalla matrice politica.
Spesso infatti gli analisti, i giornalisti di guerra – quelli che fanno e creano opinione – paiono seguire tutti lo stesso copione. E il motivo è presto detto: Memri (Middle East Media Research Institute) ha scoperto e reso note le linee guida diffuse da Hamas ai giornalisti occidentali presenti nella Striscia di Gaza. E’ una serie di “consigli” diffusa attraverso i social media, un video e supporti cartacei distribuiti agli stessi giornalisti. Ecco come si devono comportare i giornalisti e gli “attivisti” presenti a Gaza secondo il Ministero dell’Interno di Hamas in base al documento denominato “Be Aware – Social Media Activist Awareness Campaign“: Chiunque venga ucciso o martirizzato a Gaza o in Palestina dovrà essere definito “civile” a prescindere dalla sua appartenenza ad Hamas o alla Jihad Islamica e dal suo grado militare.
Non dimenticare di aggiungere “civile innocente”; iniziare tutti i vostri rapporti con la dicitura “in risposta al crudele attacco israeliano” e concluderli con la frase“molte persone sono morte (martirizzate) dall’inizio dell’aggressione (o attacco) israeliana”.
Iniziare sempre i rapporti aggiornando sul numero delle “vittime innocenti”; cercare di mettere sempre in dubbio la versione israeliana e parlare di “fonti inattendibili” quando si citano media israeliani o filo-israeliani; per gli amministratori delle pagine Facebook: non postare mai fotografie di uomini mascherati con armi pesanti per non rischiare la censura da parte di Facebook con la scusa che ci sia “incitamento allaviolenza”.
Assicurarsi di dire sempre “i razzi di fabbricazione locale sparati dalla resistenza in risposta al vile attacco israeliano e alla occupazione che spara deliberatamente missili verso Gaza e laWestBank”. Senza contare i tanti luoghi comuni, i falsi miti e le idee preconcette: il rischio come al solito è l’antisemitismo, visto che c’è chi non perde occasione e adopera la guerra, per fare del negazionismo o per minimizzare l’olocausto. Si potrebbe poi allargare il discorso al terrorismo e al fondamentalismo islamico o a tanto altro ancora, ma come scritto in premessa non c’è nessuna volontà di prendere le parti di qualcuno, ma solo dare una lettura dei fatti maggiormente conforme alla realtà.
Con la speranza che a prescin- dere dalle ragioni, sia proprio la ragione a prevalere e possa fermarsi la strage nell’interesse dei due Paesi e della stabilità del mondo intero. Proprio in questa direzione va la lettera inviata dal Consiglio Grande e Generale ai presidenti dei parlamenti israeliano e palestinese per chiedere e ribadire come la via prioritaria per risolvere il conflitto sia il dialogo e il sostegno a coloro che lo promuovono a livello locale.
San Marino ha oggi l’occasione per poter dire la sua nel palcoscenico internazionale, se saprà inserirsi nel dialogo fra israeliani e palestinesi e fornire un contributo fattivo per la pace.
Non sciupiamo questa possibilità con giochetti politici o posizioni preconcette e di comodo.
David Oddone