San Marino. QUESTIONE MORALE. Il Consigliere RIGHI (Motus) rompe il muro con nomi, CDA e presunte tangenti portano la questione morale al punto di rottura. Si fa il nome anche di Marco Beccari, padre del Sds Luca Beccari

Fabio Righi è, dopo Zeppa, l’intervento più dirompente dell’intera seduta. Se Zeppa apre la questione morale, Righi la fa detonare, perché compie un’operazione che in Aula quasi nessuno osa: lega apertamente la questione morale a nomi, Consigli di Amministrazione, presunte tangenti e continuità di potere dentro Banca di San Marino.

Righi parte da una constatazione tanto semplice quanto politicamente devastante: ogni volta che si parla di Banca di San Marino, la politica finge di non sapere nulla. E questa finzione, dice, non è più credibile. Non lo è quando una vicenda finisce sui giornali nazionali e internazionali, quando si parla di 15 milioni di euro spariti, di pagamenti in contanti, di rapina istituzionalizzata. In quel momento, nascondersi dietro il Tribunale non è prudenza, è irresponsabilità politica.

Il cuore del suo intervento è la presunta tangente. Righi non usa mezzi termini: si parla di un milione di euro di mazzette. Non come pettegolezzo, ma come elemento che circola pubblicamente e che coinvolge direttamente il vertice della banca. Ed è qui che Righi compie il gesto che spacca l’Aula: fa i nomi.

Richiama i componenti del vecchio CDA di Banca di San Marino:
Primo Toccacieli, Andrea Del Vecchio, Marco Beccari, Roberta Mularoni, Carlo Giorgi.

Poi passa all’attuale CDA, in parte sovrapponibile:
Sergio Barducci, Roberta Mularoni, Alessandra Mularoni, Carlo Giorgi, Cristian Stacchini.

La domanda che pone è politicamente devastante e resta sospesa nell’aria: chi di questi è finito in carcere? Se si parla di tangenti e di milioni spariti, com’è possibile che nessuno risponda politicamente, e soprattutto com’è possibile che alcuni siano stati riconfermati come se nulla fosse?

Righi è netto anche su un altro punto: non accusa il Tribunale, ma accusa la politica di vigliaccheria istituzionale. Dire “non sappiamo nulla”, in un Paese piccolo come San Marino, è una presa in giro. La politica, sostiene, sa tutto, soprattutto quando entrano in gioco banche, fondazioni e incarichi pubblici. Il problema non è entrare nei fascicoli giudiziari, ma assumersi la responsabilità politica di sapere e decidere.

Il discorso si allarga poi all’operazione Symbol, che Righi definisce senza giri di parole “torbida”. Sottolinea come gli stessi soggetti che siedono nel CDA della banca siano chiamati a gestire un’operazione immobiliare delicatissima, gravata proprio su Banca di San Marino. Qui la questione morale smette definitivamente di essere un episodio isolato e diventa sistemica: un circuito chiuso di decisioni, sempre nelle stesse mani.

Righi smonta anche la proposta del “maxi comitato” evocata da Ciacci. Per lui è una fuga dalla responsabilità politica. Non si può chiedere a chi controlla – Banca Centrale, AIF, Tribunale – di decidere se un investitore è adeguato, perché così nessuno decide davvero e tutti si coprono. Un corto circuito istituzionale che, secondo Righi, ha già prodotto il disastro Banca di San Marino.

L’affondo finale è forse il più pesante. Righi parla apertamente di parenti, amici, consulenze interne, favori, e chiede conto di chi in Aula ha parlato di vendette politiche per favori non ricevuti. Se è così, dice, si facciano i nomi. Perché altrimenti la questione morale resta un fumo tossico, che avvelena tutto senza mai chiarire nulla.

In definitiva, Fabio Righi è degno di nota perché porta la questione morale sul terreno più pericoloso per il sistema:
la continuità dei CDA,
le presunte tangenti,
l’assenza di responsabilità politica,
l’intreccio tra banca, fondazioni e operazioni immobiliari.

Dopo il suo intervento, una cosa è chiara: non basta più dire “aspettiamo il Tribunale”. Perché, come Righi mette brutalmente sul tavolo, se la politica non decide mai, allora è parte del problema.

Ecco la sintesi Askanews dell’intervento:
Fabio Righi (D-ML): Tutte le volte che si parla di un fatto che sta occupando spazio sulle testate giornalistiche nazionali e internazionali, come il caso della Banca di San Marino, qui dentro parte il fuoco incrociato e partono le mille considerazioni senza mai arrivare al punto. E se c’è una cosa che mi fa arrabbiare sono le prese in giro quando ci si sente dire a questi microfoni: “Ma noi non sappiamo niente, lasciamo che siano gli organismi a fare il loro corso”.