San Marino. Quid est libertas? Libera riflessione sul concetto di libertà alla vigilia della festa di Sant’Agata … di Alberto Forcellini

Quid est libertas? Cos’è la libertà? In prossimità della ricorrenza dedicata a Sant’Agata, compatrona della Repubblica, il ricordo della liberazione alberoniana impone qualche riflessione sul simbolo di libertà e indipendenza che la Santa rappresenta per i sammarinesi. Una libertà perpetua, che risale alle origini stesse dello Stato, secondo il sentimento e una tradizione che si rinnova attraverso tutte le generazioni. Eppure, le più recenti ricerche storiche sembrano non avere fonti certe per dimostrarlo.

“Lo Stato Sammarinese è il più antico fra quanti vivono tuttora nel mondo ed è indipendente da quando esiste: la sua libertà è per ciò detta perpetua. Esiste dal IV Secolo dell’Era volgare, all’inizio del quale (il Natale di San Marino è fatto risalire al 3 settembre del 301) fu fondato da un Santo: le sue origini son dunque divine”. Così si affermava con determinazione all’interno di un libro edito in piena epoca fascista, testo che si rivolgeva soprattutto agli studenti affinché imparassero storia e memorie dell’antica Repubblica di San Marino secondo un’ottica esclusivamente tradizionalista. (Verter Casali “301 – Storia di una data infondata” http://verter.altervista.org/301.html)

I sammarinesi hanno sempre creduto in questa libertà perpetua, ma a sfatare il mito è proprio lo stesso professor Casali, che più avanti spiega: “Sull’attendibilità storica di questa leggenda, in passato mai messa in reale discussione, oggi, invece, essendosi sviluppato un senso della storia più critico ed esegetico, sussistono maggiori dubbi, perché, come tutte le leggende, agiografiche o no, quella che riguarda San Marino non fu scritta con l’intenzione prioritaria di fare storia, cioè col dovuto rigore e la necessaria scientificità che l’indagine storica richiede”.

Del resto, anche le fonti storiche che permettono di ricostruire gli avvenimenti accaduti nell’Alto Medioevo, sono piuttosto scarse. Attingiamo ancora dal testo del professor Casali: “Nel VI secolo, come attesta una lettera inviata nell’anno 511 dal monaco Eugippo al diacono Pascazio, sicuramente sul monte Titano esisteva un monastero retto da un abate. (…) Un documento risalente all’anno 754 – La promessa di Quierzy, intercorsa fra il re dei Franchi Pipino il Breve e il papa Stefano II – cita per la prima volta il Castello di San Marino, quindi si può supporre che l’insediamento monastico avesse assunto le caratteristiche di un borgo fortificato”.

Perfino il Placito Feretrano, il più antico documento che ci resta a riprova dell’esistenza di una “civitas” libera e bene organizzata sul monte Titano, è solo una copia riscritta nell’XI secolo di un documento originale redatto nell’885, ma non si sa quanto fedele all’originale. Anzi, alcune scuole di pensiero sostengono che fosse stato appositamente scritto a posteriori per dimostrare appunto la sovranità di San Marino su alcuni territori.

Nel famoso rotolo di Valle Anastasio del 1296 si ha il primo esempio di tale mentalità, in quanto alcuni dei sammarinesi che ci lasciano la loro testimonianza al suo interno si dicono esenti da certe tasse, che voleva imporre la Santa Sede, perché liberi per consuetudine già da secoli, precisamente dal momento in cui il santo aveva ricevuto in dono da Felicissima, la precedente proprietaria, il Monte Titano. Il documento, tuttavia, rimane del tutto vago sulla cronologia in cui tali fatti si sarebbero svolti.

Il concetto di “libertà perpetua” cominciò a comparire negli Statuti del 1491 e da quel momento ebbe molta fortuna, tanto da diventare lo strumento per sconfiggere l’usurpatore Alberoni.

Oggi, in tempi di pandemia, il concetto di libertà ha subito molte e diverse interpretazioni. Anzi, sembra avere una molteplicità di significati, tali da renderlo sfuggente, quasi incoglibile, come se l’idea stessa di libertà non possa essere ingabbiata entro i limitati confini di una definizione univoca. Non è un caso che la parola si trovi spesso unita a genitivi, atti a limitarne il campo di riferimento: libertà di parola, di pensiero, di religione, di espressione; libertà politica, economica, di mercato, e via dicendo. Ciascuno di questi modi particolari di intendere la libertà ha una storia a sé stante, fatta di battaglie, conquiste e rivoluzioni, consumatesi nelle sedi più varie, dalle piazze alle fabbriche ai circoli letterari, o addirittura nelle celle delle prigioni e dentro i manicomi.

La storia della libertà, o delle libertà, è fatta di infiniti percorsi più o meno intersecati tra di loro. E i modi in cui ogni epoca storica ha “pensato” e “realizzato” le sue aspirazioni di libertà, sono intimamente legati a paure e speranze particolari, che spesso sono state persino in conflitto tra di loro.

Venendo ai tempi nostri, hanno ragione coloro che denunciano l’ingerenza autoritaria dello Stato come stigmatizzato nell’espressione “dittatura sanitaria” oppure quanti hanno accettato le limitazioni della libertà individuale al fine di tutelare la salute collettiva? Di nuovo, come nel caso delle misure di contrasto al terrorismo seguite all’11 settembre, si è riproposta l’opposizione tra libertà e sicurezza. Un tema estremamente complesso, spesso ridotto a semplicistica polarizzazione tra ottimisti e pessimisti: nei primi sono stati riconosciuti per lo più rappresentanti della destra e tra i secondi progressisti dell’area di centrosinistra, con l’ovvia polemica e il conseguente scontro politico. In molti le espressioni sono degenerate: negazionisti da un lato e covidioti dall’altro. Nei più raffinati, la discussione ha rimandato ai classici. Alcuni sono risaliti a Cicerone e al celeberrimo “Legum servi sumus ut liberi esse possimus” (Siamo servi della legge per poter essere liberi), affermazione che richiama l’adesione a un sistema normativo che tutela anche la nostra libertà.

Anche per Montesquieu: “La libertà politica non consiste affatto nel fare ciò che si vuole. In uno Stato, cioè in una società governata da leggi, la libertà consiste unicamente nel fare tutto ciò che le leggi permettono”. In tutti i maggiori pensatori politici si assiste, dunque, alla visione di una libertà che necessariamente, quando diventa civile, cioè s’inserisce in una rete di rapporti sociali, implica delle limitazioni.

La divergenza tra diversi punti di vista è alla base di una società aperta, come teorie rivali in campo scientifico, pluralità di opinioni e posizioni che danno la misura della vitalità del dibattito culturale e sociale. Ma, “…il fatto di vivere in società rende indispensabile che ciascuno sia obbligato a osservare una certa linea di condotta nei confronti degli altri. Questa condotta consiste, in primo luogo, nel non danneggiare gli interessi reciproci, o meglio certi interessi che, per esplicita disposizione di legge o per tacito accordo, dovrebbero essere considerati diritti; e, secondo, nel sostenere la propria parte (da determinarsi in base a principi equi) di fatiche e sacrifici necessari per difendere la società e i suoi membri da danni e molestie” (J. S. Mill, Saggio sulla libertà, Net, pag. 86).

Un appuntamento con la libertà i sammarinesi ce l’hanno domenica 6 febbraio, alle 20,50, su San Marino RTV con un racconto per immagini guidato dai professori Verter Casali e Valentina Rossi, con un titolo intrigante: “La superstizione della libertà – perché San Marino è uno Stato indipendente?”

a/f