Ci sono due categorie di persone: quelle a cui non gliene frega niente dell’ambiente, che sversano nei fiumi, che lasciano plastica e lattine ovunque capiti, che buttano le cicche per terra, che si liberano della lavatrice o del divano buttandoli giù nel greppo. Poi ci sono quelli che, invece, la tutela dell’ambiente ce l’hanno nel cuore, che credono nella cultura del riciclo, risparmio, riuso; che confidano nell’economia circolare non solo come strumento per salvare il pianeta, ma anche come potente mezzo di sviluppo. Sono gli stessi che facevano la differenziata anche all’epoca dei cassonetti, poi delle isole ecologiche e che hanno accolto con entusiasmo la raccolta porta a porta. Tutti convinti che il buon comportamento sociale avrebbe fatto recuperare l’enorme gap della Repubblica nei confronti degli altri paesi e delle altre città, portando il livelli dell’indifferenziata (che è la più cara da smaltire) a percentuali bassissime.
Il problema dei rifiuti soldi urbani dura da anni, anzi è andato crescendo in maniera esponenziale mano a mano che è cresciuta la sensibilità ambientale e, contestualmente, i costi di smaltimento. Ma di pari passo sono aumentati anche gli strumenti per il riutilizzo delle materie prime: carta, alluminio, plastica, organico, componenti elettronici di computer, elettrodomestici e telefonini. Tra questi, la raccolta di metalli preziosi come il rame, l’argento, il titanio e altri ancora. Sono nate fior di aziende che se ne occupano e continuano a nascere startup sempre più specializzate. Quindi, la raccolta dei rifiuti solidi urbani fatta in maniera differenziata, per molte amministrazioni locali si è trasformata da costo in opportunità di ricavo e di aumento occupazionale.
Così pensavano i sammarinesi quando è stato introdotto il porta a porta, un servizio che è costato molto per il suo allestimento e da cui ci si aspettava molto. Poi, nonostante il conferimento importante (in pochi anni la percentuale del rifiuto differenziato è più che raddoppiata), in bolletta non si è visto nessun miglioramento. La tassa sui rifiuti è abbinata al consumo energetico e la si paga sulla bolletta della luce. Giusto? Sbagliato? Altrove si paga in proporzione alla superficie dell’abitazione di residenza e, in ogni caso, anche questo è un criterio piuttosto opinabile. In ogni caso, i cittadini virtuosi non sono stati premiati.
Dove ha fallito il porta a porta? Sapevamo che il progetto era partito in parte, cioè a macchia di leopardo e non in tutti i Castelli. Il che è già opinabile perché se i costi di gestione sono spalmabili su un numero di utenti più alto, già questo si configura come un’economia. E poi, non dovrebbe essere così difficile estendere il progetto su tutto il territorio, visto che è meno grande di un quartiere metropolitano.
Il problema vero è che si è scoperto, a seguito delle frequenti alzate di scudi sul fronte politico e delle crescenti lamentele dei cittadini, che tutta la raccolta del porta a porta viene conferita in discarica. Cioè è una fatica inutile per i cittadini e una spesa inutile per le casse dello Stato. Si parla di parecchi milioni di euro.
Perché? Semplicemente perché le amministrazioni passate, ma è ancora così, non hanno mai provveduto a fare accordi con i Consorzi italiani per rivendere i rifiuti invece che mandarli all’inceneritore come avviene ora. Non c’è mai stato a monte un controllo sulla qualità del rifiuto differenziato, compreso l’organico, che comprende il 50 / 60 per cento del totale.
Da questo punto di vista, la situazione è migliorata con la nuova amministrazione, che ha provveduto alla raccolta diretta dell’umido e al trattamento in biocelle per la sua trasformazione in compost. Se si fa eccezione per quei cittadini che nell’umido gettano anche i pannolini del bebé, si può dire che un passo in avanti sia stato fatto.
Ma ancora non ci sono gli accordi per lo smaltimento di materie prime come carta, acciaio, vetro, plastica. Tutto viene caricato sullo stesso camion per l’avvio all’inceneritore e si capisce perché San Marino spenda milioni per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Più il rifiuto è indifferenziato, più costa.
I dati ufficiali attuali non sono stati divulgati, si può fare riferimento a qualche numero comparso qualche tempo fa in seguito al dibattito in Commissione Consiliare IV. San Marino esporta 58 tonnellate di rifiuti (accordi con 3 regioni italiane) di cui il 92% viene incenerito, il resto va in discarica, con ulteriore aggravio di costi per smaltimento e recupero.
Questo fa capire perché il PAP (porta a porta) non sia stato esteso a tutto il territorio. Stando così le cose, infatti, i costi non avrebbero fatto altro che aumentare.
La raccolta a cassonetto costava 35 euro a tonnellata, con il Pap siamo passati a 270 euro per ogni tipologia di materiale (plastica, vetro, eccetera). Un dato sui costi di gestione: l’umido costa 108 euro a tonnellata (gli altri materiali circa 32 euro). Senza contare che quanto viene raccolto nelle case è solo una piccola parte di tutto quel che riguarda l’intero sistema di gestione dei rifiuti. Ma per fortuna, come abbiamo detto, l’umido non viene più conferito all’esterno.
Per tutto il resto, però, abbiamo capito che la nostra fatica e le nostre buone intenzioni per differenziare, alla fine non servono a niente: tutta la raccolta viene scaricata nello stesso camion e avviata allo stesso inceneritore. È per questo che le amministrazioni italiane ci vedono di malocchio e aumentano i prezzi per disincentivare i cattivi comportamenti. Ma quanto è successo, è sta ancora succedendo, è una grandissima presa in giro per i cittadini sammarinesi. Che nessuno è disposto più a tollerare.
Se qualcuno degli attuali amministratori è davvero interessato ad una gestione più trasparente ed economica, ad un vero obiettivo di tutela ambientale, di rispetto degli utenti, e del Paese, ci conforta. Ma sappiano tutti loro, che i cittadini vigileranno e non si lasceranno incantare dalle false lamentazioni di chi finora non ha fatto niente!
a/f