“Ti ho portata con me perchè così ti conoscono e sanno che sei mia!”. Il personale sanitario non ci sta e pensa ad una denuncia.
Nonostante la coltre di riservatezza stesa dagli inquirenti sulla vicenda, ogni giorno, dagli atti giudiziari, continuano a emergere sempre più oscuri dettagli sull’inquietante vicenda nota come “Racket delle badanti” che sta scuotendo la comunità sammarinese.
Dopo le inquietanti minacce, sconvolgenti testimonianze, ora spuntano anche eloquenti intercettazioni. E proprio in queste si evidenzierebbero possibili responsabilità del personale sanitario di alcuni reparti ospedalieri che sarebbero a loro volta uno dei filoni di questa indagine giudiziaria. Accuse, si ricordi, che non significano condanna o responsabilità, dolo, colpe accertate… Solo un Tribunale e quindi un giudice, in seguito a eventuali rinvii a giudizio, potrà sancire le responsabi- lità dei singoli.
Premesso ciò -ovvero che sono i giudici a condannare e non i Pm, nel caso sammarinese giudici inquirenti- rivestirebbe particolare importanza, nel fascicolo di indagine, una traccia audio frutto di una registrazione che sarebbe stata fatta nell’ottobre del 2019. A parlare, in questa registrazione, sarebbe una badante, la quale, presumibilmente, sarebbe stata una delle tante vessate dal “Racket” e vittima del sistema di “caporalato” che sarebbe alla base dell’inchiesta. La stessa, da quanto si desume, starebbe parlando con la donna accusata di essere il vertice nella gestione delle badanti e dei servizi di assistenza ai degenti del nosocomio di stato.
“Bisogna prenderli subito dal pronto soccorso, perché lì ci sono i malati e c’è gente che sta particolarmente male”, è la prima frase scioccante che sarebbe stata detta alla badante dalla donna accusata di essere il vertice nella gestione delle badanti e dei servizi di assistenza ai degenti del nosocomio di stato.
Ma non è tutto. “Lei -continua la stessa donna, con accento straniero- è entrata dal portone e ha salutato due ragazzi, due infermieri. Dopo essere tornata mi ha detto di non preoccuparmi perché le fanno sapere tutto e quando c’è bisogno”. Una frase che lascia intendere che i due infermieri aves- sero un ruolo attivo nell’in- dividuazione e nella segna- lazione di situazioni in cui dei degenti necessitassero
di una assistenza. Un ruolo che potrebbe addirittura ri- velarsi complicità.
Ai tempi di questa registra- zione per le badanti sareb- be stato un momento diffi- cile, caratterizzato da poco lavoro… “Io ti ho portata con me perché così ti co- noscono, sanno che sei con me e che sei mia…”. Che sei mia! Mia! Le badanti erano considerato cosa propria dal racket?
Da quanto trapelato sembra che le donne che ricevevano un incarico come badanti dal vertice di questo sistema fossero portate a sentirsi “in debito” con chi le gestiva e le assegnava ai pazienti.
Ma l’aspetto più importante di queste registrazioni, almeno dal punto di vista giudiziario, è la implicita accusa che la badante, parlando di chi le procurava i lavori, rivolge verso il personale infermieristico. “Ho visto che lei conosce tanta gente lì in Ospedale -afferma-. Secondo me lei veramente li conosce e collaborano, quando la chiamano per le persone vuol dire che collaborano”.
I dipendenti pubblici in forza all’Ospedale di Stato, chiamati in causa in questa indagine e nelle relative cronache, non ci stanno ad essere indicati come presunti colpevoli o complici. Del resto, se anche venissero accertate responsabilità nel personale dell’Ospedale di Stato, queste sarebbero individuali e le eventuali “mele marce” sarebbero certamente una esigua minoranza del totale.
Così, sembrerebbe che alcuni reparti del nosocomio sammarinese abbiano deciso di riunirsi per valutare l’opportunità di presentare alle autorità competenti una denuncia per diffamazione nei confronti dei protagonisti delle registrazioni di cui sopra.
A rendere ancor più inquietante la vicenda giungono poi altre notizie di minacce rivolte verso i testimoni. In questo ennesimo caso -a sua volta oggetto di denuncia- protagonista sarebbe stata direttamente la donna al vertice del sistema di “caporalato” che incrociando una testimone in Cailungo, nei pressi dell’Ospedale, sembrerebbe di fronte alla scalinata di accesso, la avrebbe avvicinata e, passandosi il pollice intorno al collo, le avrebbe espresso gestualmente una chiara minaccia, come a voler dire: “Attenta, ti sgozzo!”. La Serenissima