San Marino. Ragazzi che fanno danni e si fanno danno. Ma la famiglia dov’è? … di Alberto Forcellini

Migrazione dei nottambuli. Notte brava a Borgo Maggiore. Violenze, risse, vandalismo. Ubriachi e picchiatori. Polizia incivile. Schiamazzi e danneggiamenti. Coinvolti minori. Frasi e titoli dei giornali di ieri che raccontavano una notte di follia a Borgo. Purtroppo, già la terza in questo mese, nonostante l’aumento della vigilanza e delle pattuglie. Tutto accade perché a San Marino non c’è più il coprifuoco, che invece vige ancora in Italia. Così giovani e giovanissimi, il sabato sera, si avventurano in quell’estero a pochi passi da casa per darsi alla pazza gioia, fino alle 5 del mattino del mattino dopo, quando possono rientrare. Che tradotto, significa sfondarsi di birra, o di vino, talvolta aggiungendo anche qualche altra sostanza. La festa, la libertà, la movida del contagio, o del dopo contagio, che si trasformano in schiamazzi senza freno, violenza, vomito e urine sparsi ovunque.

Troppo spesso i luoghi di divertimento e incontro diventano teatro di risse e aggressioni. Ma perché i giovani di oggi si rendono spesso protagonisti di questo tipo di azioni, proprio nei posti concepiti per le feste e lo svago? Vita notturna e cronaca nera, un binomio che ormai è diventato periodico. Senza nessuna regola, senza alcun raziocino. Il lato oscuro della movida.

È quanto è andato in onda l’altra notte, tra le proteste dei residenti, infastiditi e preoccupati; tra i mille interrogativi sul perché accadano certe cose; e la valanga di commenti sui social. I quali, però, invece di soffermarsi su un ragionamento analitico e costruttivo, preferiscono soffermarsi sulla presunta “reazione violenta di un agente”.

Certo è molto comodo soffermarsi su qualche fotogramma che descrive l’azione del poliziotto, ma non racconta cosa sia successo prima, le tensioni che aleggiavano sulla piazza quando il gruppo ha circondato gli agenti, numericamente inferiori. Quando il gruppo diventa branco, i singoli perdono ogni loro identità e si sentono protetti, imbattibili, indistruttibili. La violenza diventa incontrollata.

Le forze dell’ordine hanno l’obbligo di mettere un freno al degrado e riportare l’ordine, appunto. Anche nelle condizioni più difficili. Sì, ma il ragazzo che è stato fermato aveva le mani in tasca, dicono i detrattori. Dimenticano però che le mani devono stare in vista, nessuno può sapere se il ragazzo avesse nascosto qualcosa. Non parliamo di un tirapugni, o di un coltello, che ormai sono armi frequenti in tutte le risse. Sarebbe bastato un pezzo di vetro per sfregiare una persona.

E ancora: un agente ha il dovere di tenere a distanza il soggetto fermato. I colleghi, verso i quali non sono mancate le critiche, non hanno fanno altro che “bonificare” lo spazio davanti a colui che conduce l’azione. Devono tenere in conto che non sanno chi possono avere di fronte in una situazione notturna, soprattutto alle prese con un gruppo in evidente stato di alterazione e di voglia di provocare, individui totalmente privi di freni inibitori.

Polizia incivile? Probabilmente saranno aperte delle indagini, ma gli esperti parlano di un’azione molto professionale dal punto di vista tecnico. L’agente prende il ragazzo, lo porta a terra con un perfetto tai-o-toshi e ne protegge la caduta, lo immobilizza ponendo il ginocchio sulla schiena, in maniera non pericolosa, e prima di rialzarlo lo tranquillizza. Una tecnica da immobilizzo perfetta e in piena sicurezza.

Il problema vero è un altro: siamo di fronte a giovani, molti dei quali minorenni, che si affidano all’alcol per dimostrare qualcosa che neppure loro sanno cosa sia. Che stanno in giro tutta la notte. Che hanno molti soldi da spendere senza doverne rendere conto a nessuno. Ma la famiglia dov’è? Non c’è nessun genitore preoccupato che il proprio figlio non rientri la notte? Che non sa dove sia, né con chi sia? Che non faccia qualche domanda quando il ragazzo torna a casa il giorno dopo puzzando come un caprone di alcol e di vomito? Che a volte ha fatto danni alle cose e alle persone, ma che molto spesso ha fatto danni anche a se stesso?

Se ci sono ragazzi così, la colpa è delle restrizioni pandemiche, del lungo periodo di chiusura senza divertimenti, del bisogno di esorcizzare la paura, o di altro? La società tutta intera dovrebbe interrogarsi se davvero per i giovani sia rimasto solo l’alcol e se la famiglia abbia ancora un ruolo nel loro processo di crescita.

a/f

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