La zuppa: piatto povero per eccellenza, tramandatoci direttamente dalle nostre nonne quando non c’era l’abbondanza di oggi e in cucina non si buttava via niente. Alla base c’era sempre il pane, quello raffermo, quasi non più commestibile, ma sempre buono, e poi qualche verdura, o dei cereali, possibilmente qualche costina di maiale (chi ce l’aveva) o una salsiccia per dare più sapore e più sostanza; il tutto condizionato dalla stagione e da quello che produceva la terra. Ma anche oggi, di fronte ad un’alimentazione profondamente cambiata, la zuppa è il comfort food per eccellenza dell’autunno e dell’inverno, un piatto che unisce l’Italia dal nord al sud. Non solo, ma una passione globale che parla sempre più italiano.

A questo piatto, declinato in decine e decine di ricette regionali, è stato dedicato l’ultimo evento della X Settimana della Cucina Italiana nel Mondo 2025, che ha avuto come tema “La cucina italiana tra salute, cultura e innovazione”.
Per questa speciale occasione, l’Ambasciata d’Italia a San Marino ha predisposto, dal 26 novembre al 2 dicembre, un fitto calendario di conferenze e masterclass, mentre i ristoranti sammarinesi hanno collaborato proponendo ricette regionali della tradizione, con l’obiettivo di promuovere la cucina italiana come modello di sostenibilità, benessere e innovazione. Il tutto, nella cornice dell’edizione 2025 particolarmente significativa per il suo legame con la candidatura della cucina italiana a Patrimonio Culturale Immateriale dell’UNESCO.

E così, dopo aver parlato dei grani antichi, del piacere della carne e della lasagna alla bolognese, la chiusura è stata dedicata ad un piatto, forse dimenticato per qualche decennio, ma che sta tornando con soddisfazione sulle tavole, anche delle giovani generazioni. A questo scopo, l’Ambasciatore Fabrizio Colaceci ha invitato un singolare personaggio qual è Guido Mattioni, un po’ giornalista, un po’ gourmet, per trattare il tema: “Ridateci la solita zuppa”. Mattioni, giornalista e scrittore di lungo corso è stato per lungo tempo uomo di Montanelli al Giornale Nuovo, ha lavorato in importanti quotidiani, settimanali e mensili, ricoprendo tutti i ruoli, da cronista a vicedirettore, per poi ritornare al ruolo di inviato speciale. Il suo ultimo romanzo: “La morte è servita” incarna lo spirito del giornalista d’inchiesta mettendo a nudo gli intrighi tramati da poche multinazionali che, in nome del profitto, sacrificano la qualità dei prodotti agro-alimentari destinati alle tavole dei consumatori di tutto il mondo, ai danni del loro benessere.
Da buongustaio esperto e raffinato qual è, con un palato fine e una profonda conoscenza del cibo e del vino, anche perché gli piace cucinarlo da solo, Mattioni ha raccontato ad un pubblico assai interessato come la sua passione sia nata da bambino, guardando la nonna che cucinava sulla stufa a legna, mettendo insieme con pazienza e creatività i pochi ingredienti che poteva offrirle la sua cucina. Ma il risultato era sempre così gustoso e gradevole da diventare indimenticabile. Poi il mestiere l’ha portato in giro per l’Italia e per il mondo, sperimentando ricette di ogni sorta; tuttavia, senza mai perdere quello speciale attaccamento alla cucina semplice e naturale, che non solo è la più saporita, ma anche quella più salubre.
Nella sua succulenta rassegna delle zuppe italiane ha idealmente volato attraverso le terrine fumanti di tutte le regioni: la minestra di pane-sotto (Lazio), i passatelli in brodo e la zuppa imperiale (Romagna), sua maestà la ribollita (Toscana), l’imbrecciata (Umbria), la zuppa valdostana, la zuppa d’orzo (Trentino), la iota (Trieste), la zuppa pavese (Lombardia), la zuppa maritata (Puglia), la minestra coi tenerumi fatta con le foglie e i germogli delle zucchine (Sicilia). Poi ci sono le zuppe di pesce, (il famoso brodetto) che erano una maniera di riciclare il pescato non venduto, con sapori e consistenze diverse proprio in ragione di come andava la pesca, di cosa si riusciva a vendere e quali verdure offriva l’orto. Difficile fornire la ricetta precisa di ogni piatto, perché praticamente ogni casa, ogni cuoca o cuoco, ha la sua versione. Un po’ come succede per il ragù o per il pesto.
Paradossalmente, o forse no, le zuppe sono molto più frequenti nel nord Italia che nel sud, probabilmente perché una minestra calda è più invogliante nei climi freddi. Ovviamente il cibo entra spesso nella letteratura, nell’arte, nella letteratura e nella filmografia: dal timballo del Gattopardo, alla zuppa di cipolle di Maigret, agli arancini di Montalbano; gli esempi sono innumerevoli.
Tanto amante del buon cibo, Mattioni è stato altrettanto critico verso quello manipolato, confezionato e condito con coloranti, conservanti, additivi. In pratica quello esposto sugli scaffali dei supermercati e un titolo come “Ridateci la solita zuppa” è stato per lui molto gradito.












