San Marino. Riflessione su Riforma IGR…di Luca Della Balda

Quale membro della Commissione Consiliare III – Finanze e Industria – durante e dopo lo svolgimento dell’ultima seduta della Commissione, nella quale è stato esaminato il progetto di legge di riforma IGR proposta dal Segretario di Stato alle Finanze Marco Gatti, sono stato oggetto, così come altri membri della stessa Commissione facenti parte della maggioranza di governo, di accese rimostranze (e, in taluni casi, di insulti) da parte dei manifestanti accorsi sul Pianello, tra i quali anche amici e conoscenti.

Premesso che nutro il massimo rispetto per le opinioni altrui e riconosco pienamente il diritto alla libera manifestazione del pensiero da parte di chiunque, ritengo opportuno, per onestà intellettuale e per una questione di principio, chiarire la mia personale posizione sull’argomento, che a quanto pare non è stata presa in considerazione.

Parto da un punto fermo: le casse dello Stato necessitano di un incremento delle entrate tributarie di circa 20 milioni.

Pur non ritenendomi un “esperto” in materia tributaria, ho da subito manifestato all’interno del mio partito (LIBERA) e durante i lavori della Commissione Finanze, una soluzione alternativa alla modifica (e soprattutto all’aumento) dell’imposizione fiscale sui redditi da lavoro dipendente o autonomo.

Ho, infatti, suggerito l’introduzione di una tassazione dello 0,2% sulle attività finanziarie detenute in San Marino (ossia sui risparmi e valori finanziari giacenti presso le banche sammarinesi) e ne spiego il motivo.

L’art. 13 della Dichiarazione dei Diritti dei Cittadini e dei Principi Fondamentali dell’Ordinamento Sammarinese (ossia la legge al vertice della gerarchia delle fonti, quindi “pietra miliare” cui tutte le leggi e decreti devono attenersi) stabilisce che “tutti i cittadini hanno l’obbligo di concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”. In altre parole, le tasse devono essere proporzionate alle risorse economiche di ciascuno (reddito, patrimonio, consumi, ecc.).

Ebbene, dai dati ufficiali risulta che la raccolta presso le banche sammarinesi ammonti a circa 6 miliardi di euro. L’applicazione dell’imposta dello 0,2% su tali valori, quindi,  comporterebbe un’entrata tributaria ingente e, come facilmente desumibile, consentirebbe di evitare (o comunque ridurre) gli interventi sui redditi dei lavoratori dipendenti e autonomi.

A mio avviso, la tassazione dei risparmi è la più equa e corretta possibile ed è quella più in linea con il dettato costituzionale. Da un lato, non penalizza coloro che, producendo reddito (già tassato) spendono i loro guadagni favorendo lo sviluppo economico (c.d. “circolo economico virtuoso”) e, dall’altro, grava maggiormente coloro che hanno accumulato ricchezza (e quindi capacità contributiva), senza aver rimesso in circolo i loro risparmi e non aver fatto beneficiare l’economia. Faccio un esempio emblematico: una persona che ha ereditato 1 milione di euro da un genitore (pagando la risibile imposta di successione di 100 euro) nel corso degli anni pagherebbe solamente poche centinaia di euro di imposte sugli interessi attivi percepiti e null’altro, pur avendo una capacità contributiva (ricchezza) ben superiore a colui che ha un reddito annuo da lavoro di € 50.000, ma ne spende € 40.000.

Ma vi è di più. Già sin d’ora la normativa tributaria sammarinese prevede la tassazione dello 0,2 % sulle attività finanziarie dei residenti detenute all’estero, per cui l’attuale esenzione della tassazione sui risparmi “domestici” determina una disparità fiscale e, come tale, configura per San Marino un rischio di contestazione quale “Aiuto di Stato (ex art. 107 TFUE) in vista dell’imminente Accordo di Associazione con l’UE. Tale regime, favorendo selettivamente le banche sammarinesi a scapito della concorrenza europea, espone il Paese a indagini formali da parte della Commissione Europea, con il concreto pericolo di un recupero retroattivo e di un grave danno reputazionale.

Per superare questo ostacolo e dimostrare proattivamente l’allineamento agli standard europei, la soluzione più opportuna ritengo sia quella da me proposta, ossia l’estensione dell’aliquota dello 0,2% da applicare anche al valore delle attività finanziarie detenute sul territorio sammarinese. Tale misura, come detto, non solo scongiurerebbe il rischio dell’accertamento del trattamento discriminatorio (rafforzando la credibilità di San Marino come partner pienamente conforme alle normative internazionali), ma genererebbe anche un notevole gettito fiscale per le casse dello Stato, quindi una garanzia di entrata stabile, equa e trasparente. 

La principale eccezione sollevata alla mia proposta è che in tale modo si penalizzerebbero le banche sammarinesi, poiché potrebbe indurre le persone e le aziende a trasferire all’estero i propri risparmi. Ma io mi domando: se un correntista ha un deposito presso una banca di San Marino di € 100.000, per evitare di pagare un’imposta di soli € 200, perché mai dovrebbe trasferire i fondi all’estero? Se una persona o una società ha depositi bancari o titoli per € 1.000.000, quale problema avrebbe nel vedersi prelevare annualmente € 2.000? 

Per scongiurare, comunque, tale rischio, e mantenere l’attrattività delle banche sammarinesi, il provvedimento fiscale potrebbe essere accompagnato anche da una politica di riduzione dei costi a carico dei correntisti e dall’introduzione dell’obbligatorietà per le banche all’apertura dei conti correnti ed il divieto al recesso in caso di conti correnti attivi, come peraltro già approvato in Italia dalla Camera dei Deputati.

Se poi, a questi provvedimenti, aggiungessimo anche interventi per la riduzione dei costi della Pubblica Amministrazione, i 20 milioni necessari risulterebbero ampiamente raggiungibili.

Luca Della Balda