Gli scontenti sulla sanità erano tanti anche prima del Covid. Anzi, la pandemia è stato forse l’unico momento in cui l’intero paese si è complimentato con il sistema sanitario. La gente, tutta, si è stretta intorno ai sanitari, ai parasanitari e alla struttura ospedaliera, con orgoglio e gratitudine, per come ha affrontato con scienza e coscienza una malattia sconosciuta. Altro plauso corale e apprezzamento unanime per la campagna vaccinale, condotta con la massima efficienza e qualità organizzativa.
Questa è la dimostrazione più lampante ed inequivocabile che la sanità funziona. Che, se si vuole, le cose possono essere fatte molto bene. Ad esempio, il sistema per le prenotazioni e la ricettazione online, il fascicolo sanitario elettronico, le cure a domicilio per i pazienti non gravi. La stessa comunicazione emanata dall’ISS si è rivelata molto efficiente, puntuale, e soprattutto preziosa nei momenti più difficili. Tutto ciò è stato fatto in mezzo alla pandemia, proprio per colmare i vuoti lasciati dall’immobilismo delle precedenti legislature.
Ora bisogna guardare avanti, al netto del Covid.
Ovvero, non è necessario che arrivi un’altra emergenza per vedere di nuovo l’ospedale al meglio delle sue possibilità. Anzi, è proprio in tempi di “normalità”, o quasi, che si dovrebbe poter cogliere il meglio dell’intero sistema ed eventualmente intervenire laddove siano emerse delle lacune. L’impasse (e siamo generosi) registrato negli ultimi mesi a livello di centri sanitari, innanzi tutto non giustifica la condanna generalizzata dell’ISS, ma dovrebbe essere l’occasione di un’analisi lucida (quindi non politicizzata) delle insufficienze e dei disservizi. Cioè capire perché i telefoni squillano a vuoto, perché è così difficile farsi vedere da un medico di base, talvolta anche da uno specialista, senza fermarsi all’apparenza, né alla lamentela rilanciata sui social. Che non serve proprio a niente.
Ci sono delle responsabilità? C’è qualcuno che non fa il suo dovere? Ci sono problemi di ordine strutturale? Oppure organizzativo? Manca il personale? Sono interrogativi che vanno risolti dentro gli organismi appositi, né sui giornali, né in Consiglio.
Ci permettiamo di ragionare sul fatto che, forse, si dà un peso eccessivo a chi opera all’interno dell’ISS, mentre la mission dell’intero sistema dovrebbe avere al suo centro il paziente e i suoi bisogni. Proprio come è successo durante la pandemia.
Pertanto, tutte le strutture i diversi servizi, dagli ambulatori ai call center, dovrebbero essere strutturati a misura di paziente, non a misura di operatori. I quali, dovrebbero sapere che svolgono un lavoro particolare dove non basta la professionalità, ma dove occorre prima di tutto umanità e disponibilità, proprio perché hanno di fronte una persona malata, quindi fragile e bisognosa.
Inoltre, la velocissima evoluzione a cui sono soggette le scienze mediche e farmacologiche impone un aggiornamento continuo della professionalità e un operatore esterno che sia un’eccellenza, non verrà mai a San Marino perché i suoi orizzonti sarebbero inevitabilmente molto limitati. Aumentare gli stipendi, come si è visto, non risolve i problemi.
La strada potrebbe essere quella seguita dal Laboratorio Analisi, che ha adottato il sistema della qualità totale. Nel senso che i dati vengono realizzati dalla struttura per raggiungere parametri di qualità. Insomma, potrebbe essere un modello di buon funzionamento da replicare su larga scala perché le best practices (le buone pratiche) si possono trasmettere.
Nell’intero settore pubblico allargato, invece, molto spesso chi non fa il suo dovere non viene perseguito, anzi i furbetti hanno le migliori chances di fare carriera e questo è di esempio anche per altri. Se poi qualcuno ha il cosiddetto santo in paradiso (leggi politico di riferimento), può dormire fra due guanciali. Alla faccia del codice deontologico, che dovrebbe essere il vangelo per ogni dipendente. A cominciare dai dirigenti, che non sono tali per emanazione divina, ma perché dovrebbero averne le competenze. Sia loro, sia i dipendenti dovrebbero essere al servizio della comunità, dello Stato e, parlando di sanità, della persona ammalata.
Tutto il resto sono solo chiacchiere. Ad eccezione di quelle che chiedono ormai da più parti che la politica stia fuori dall’ISS. In parole povere, non è necessario che ogni incarico debba avere la sua bandierina. Questa, forse, è la vera sfida.
a/f