San Marino, Riforma IGR. Nuove tasse per lavoratori e pensionati: sulle rocce del Titano i numeri non mentono … di Enrico Lazzari

San Marino, terra di torri che sfidano il cielo e di bilanci che mettono alla prova la pazienza di un santo, è ancora una volta sotto i riflettori per la riforma dell’Imposta Generale sui Redditi (IGR). Il ronzio delle lamentele è diventato la colonna sonora del Titano: sindacati con il megafono in mano dipingono la riforma come un mostro pronto a divorare famiglie, lavoratori e pensionati, mentre i profeti di sventura già prenotano cerotti fiscali per medicare le ferite di un fisco spietato. 

La narrazione è sempre la stessa, da copione ben rodato: tasse che schizzano alle stelle, salari che svaniscono, il governo che trama nell’ombra come un cattivo da film di serie B, il “popolo” applaude ogni cassandra sui social. Ma io, che non ho mai avuto il vizio di incensare il Palazzo né di affilare la ghigliottina per l’opposizione, ho deciso di fare una cosa che dovrebbe essere la norma, ma che a quanto pare a qualcuno potrebbe risultare rivoluzionaria: ho voluto leggere le tabelle, le proiezioni.

Enrico Lazzari

Sì, quelle tabelle. Quelle scritte da tecnici che, a differenza dei tribuni della piazza, non vivono di caffè triplo e proclami, ma di numeri e calcolatrici. E sapete una cosa? Il cataclisma tanto annunciato non c’è. È più un fuoco d’artificio bagnato che una bomba atomica.

Prendiamo un cittadino medio, uno che spende 500 euro al mese in territorio, registrati sulla SMAC. Parliamo di 500 euro al mese: spesa al supermercato, scuola dei figli, benzina, farmacia, magari una pizza il venerdì per ricordarsi che la vita non è solo bollette e rincari. Nessun gulag fiscale, solo la routine di chi tira avanti. Ricordando tragedie annunciate lette pochi giorni fa sui media locali, non vi nascondo che mi aspettavo cifre da film horror, con il fisco che brandisce un’ascia pronta a falciare i portafogli e tagliare i fili delle Tv nel salotto. Invece, ho trovato un quadro che, se non è poesia, è almeno una prosa onesta.

Partiamo dai redditi più bassi, quelli che fanno i conti con il bilancino per arrivare a fine mese. Chi guadagna 1.200 euro al mese, oggi versa 263 euro l’anno di tasse. Con la riforma? Zero. Tasse azzerate, sparite, evaporate come una promessa elettorale dopo il voto. Il fisco, per una volta, sembra aver capito che spremere chi fatica a mettere insieme pranzo e cena è un esercizio di sadismo istituzionale. 

Stesso discorso per i pensionati nella stessa fascia: da 540 euro di tasse a zero. Un inchino del fisco, senza bisogno di suppliche.

Saliamo un gradino. Chi porta a casa 1.500 euro al mese, reddito ancora modesto in tempi di inflazione che morde come un lupo affamato, vedrà l’imposta scendere da 557 a 399 euro l’anno. Un risparmio di 158 euro, non proprio una vincita al gratta e vinci, ma abbastanza per tirare il fiato. I pensionati? Da 540 a 375 euro. Non è il paradiso fiscale, ma è un passo verso un fisco che non sembra uscito da un romanzo di Dickens.

E il famigerato ceto medio, quello che dovrebbe essere il bersaglio delle bombe fiscali? Parliamo di chi guadagna tra i 2.000 e i 3.000 euro al mese, 26.000–39.000 euro lordi l’anno. Qui, secondo i profeti dell’apocalisse, dovrebbe scoppiare la rivoluzione. Invece, al massimo scoppia qualche petardo. A 2.000 euro al mese, l’aumento è di 99 euro l’anno, ovvero 7,65 euro al mese. Meno di due piadine al chiosco, molto meno di un abbonamento a Netflix o a qualsiasi altra piattaforma che ci tiene incollati al divano. A 2.500 euro al mese, si pagano 210 euro in più l’anno, cioè 16 euro al mese. Il prezzo di un pranzo con acqua frizzante, non di una vacanza alle Maldive. A 3.000 euro al mese, l’aumento è di 394 euro l’anno, ossia 30 euro al mese. Qui si sente, certo. Non è una passeggiata, ma non è nemmeno il massacro che ci stanno vendendo.

Di fronte a questi numeri, mi sono chiesto: ma dove sta l’apocalisse? Ho riletto i comunicati, ascoltato le litanie, e con tutto il rispetto – che, come sapete, è sempre negoziabile – non ho trovato la valanga fiscale. Certo, ci sono criticità. I frontalieri, ad esempio, si sentono penalizzati, e non hanno tutti i torti. Ci sono dettagli da limare, proposte probabilmente da migliorare. Ma gridare al disastro per 7 euro al mese in più, quando chi guadagna 1.200 euro non pagherà più nulla, mi sembra un esercizio di drammaturgia più che di analisi.

Del resto, reduce da un’inflazione che ha colpito come una valanga silenziosa, San Marino non può permettersi di affossare i consumi. Togliere altro potere d’acquisto alle famiglie sarebbe come spegnere l’ultima candela in una stanza già buia. Qui – come non mi stancherò mai di ricordare –  entra in gioco un principio keynesiano: se le tasse salgono troppo, il reddito disponibile crolla, la domanda aggregata si contrae e l’economia rischia di scivolare in una spirale recessiva. In un contesto piccolo e consumo-dipendente come il Titano, un passo falso del genere potrebbe essere letale. Ma questa riforma, con i suoi numeri, sembra averlo capito: alleggerisce chi ha meno, chiede un piccolo contributo a chi può permetterselo, e lo fa senza mandare in tilt l’economia ed il bilancio, almeno così assicura il governo.

Non sto incensando nessuno, né svendendo i difetti – che al momento ci saranno di certo – del progetto. Il Segretario di Stato Marco Gatti e il Governo, a mio parere, ma anche secondo i numeri nudi e crudi – stanno provando a fare qualcosa di diverso: un fisco che toglie il peso a chi guadagna 1.200 euro al mese, anziché distribuire tasse come condoglianze in un corteo funebre. 

Voglio essere cristallino: se le proiezioni verranno confermate – come non ho motivo al momento di dubitare – sull’aspetto del fisco per lavoratori e pensionati, i tecnici che hanno scritto questa riforma meritano un plauso per aver messo nero su bianco un progetto che parla la lingua dei numeri, non delle chiacchiere. E se le critiche si fondano su timori che sembrano usciti da un romanzo di fantascienza, forse è ora che chi strilla si prenda un caffè, apra le tabelle e faccia pace con la realtà. 

I numeri sono come le pietre del Titano: solidi, immobili, difficili da ignorare. Il resto? Solo fumo che si perde tra i vicoli di San Marino, dove di nebbia in altre stagioni ce n’è già a sufficienza.

Enrico Lazzari