Nei giorni scorsi il premier Renzi alle critiche per aver nominato Claudio Descalzi amministratore delegato dell’Eni, ora indagato per una tangente pagata dall’azienda in Nigeria, ha risposto di essere felice di averlo fatto perché rispettare le indagini significa aspettare le sentenze “se potessi lo rinominerei di nuovo”.
Sul caso Bonaccini sempre Renzi ha dichiarato “I candidati li scelgono i cittadini, non i giudici. Nessuno crede alla giustizia a orolo- geria: chi sbaglia paga, ma si aspetta la sentenza, altrimenti è la barbarie”. Il segretario regionale del Pd in lizza per la poltrona di governatore della Regione Emilia Romagna ha deciso di non ritirare la propria candidatura a dispetto delle indagini.
Una scelta non facile per chi, convinto di aver agito nel rispetto delle leggi, è costretto a percorrere tutte le stazioni della via crucis della gogna mediatica (domenica Bonaccini è stato ricoverato per un malore da stress). Scelta difficile ma necessaria anche qui in Repubblica dove qualcuno, pur indagato, confidando nel prosieguo del lavoro della magistratura ha deciso di portare avanti ricandidandosi a mantenere il proprio ruolo nella convinzione di poter dare, con l’onestà del lavoro quotidiano, un valore aggiunto che genera utile e assieme futuro per il Paese.
Emerge la necessità tanto in Italia quanto a San Marino di una riforma della giustizia. I nostri vicini ne hanno annunciato in parte i contenuti e sebbene essa non sia ancora stata depositata è già cominciata la guerra fra governo e magistratura. Non sappiamo dunque come cambieranno le cose, certo è che sarebbe opportuno far perdere ai magistrati il ruolo di demiurghi, di ordinatori del mondo, mettendo in conto che essi come altri possano sbagliare. Non nei casi dove gli indizi sono inequivocabili e dove è giusto e doveroso agire con determinazione ma in tutte quelle situazioni complesse che richiedono ricerche approfondite e per le quali alla fine ci si affida a interpretazioni normative (si pensi alla complessità del diritto internazionale e in particolare a quello italiano).
I magistrati infatti non agiscono oltre e sopra la legge ma ad essa debbono attenersi come qualunque altro. E proprio perché uomini deputati a far rispettare la legge dovrebbero essere i primi difensori di coloro i quali vengono raggiunti da avvisi di garanzia. Chi lo riceve infatti non è sempre colpevole ma innocente fino a prova contraria. La parentesi dell’avviso di garanzia serve ad indagare, nell’interesse dell’indagato che ha così la possibilità di provare la propria innocenza (ammesso che sia innocente).
Questa la teoria mentre nella pratica sappiamo che chi viene raggiunto da un avviso di garanzia finisce subito sulle prime pagine dei quotidiani. Immenso è allora il potere della magistratura che se non interviene in difesa dell’indagato fa in modo che esso risulti agli occhi dei concittadini semplicemente colpevole. La stampa che dovrebbe sentirsi responsabile della formazione delle coscienze induce l’opinione pubblica a credere che gli indagati siano tutti colpevoli e le opinioni si sa che hanno il grande potere di cancellare la ragione nell’animo degli uomini come fossero una tinta.
Conviene allora predisporsi alle tempeste, accettare le ingiustizie, sopportarne l’ansia e le sofferenze. Ma conviene altresì, quando si abbia la coscienza pulita, non smettere di credere nella possibilità di una giustizia giusta, di un riscatto morale che alla fine deve per forza giungere. Nel frattempo è perentorio trovare la forza di andare avanti, lavorare ogni giorno anche se con il peso del pregiudizio perché in tanti ti hanno accollato il ruolo del colpevole.
Al male estremo occorre opporre la tenacia estrema. Continuare a lavorare onestamente come si è sempre fatto contando sulla ricompensa di un riconoscimento futuro.
d. o.