San Marino. Riunione informativa del’Ente Cassa Faetano: tutte le ragioni che hanno portato al contratto preliminare con San Marino Group per l’acquisto del 51% delle quote

L’animosità dominante nei rapporti interni tra i soci di Ente Cassa Faetano, non si è placata neppure di fronte alla disponibilità del CDA ad illustrare e spiegare tutti i passaggi che hanno contrassegnato la sottoscrizione del contratto preliminare con San Marino Group per la cessione della quota di maggioranza delle azioni BSM. A tale scopo era stata appunto convocata una riunione informativa durante la quale sono stati approfonditi nomi, cifre, motivazioni e obiettivi. Tutte situazioni che hanno richiesto la prorogatio del Consiglio di amministrazione, scaduto nel mese di maggio e che dovrebbe essere sostituito con la prossima assemblea convocata per il 27 settembre prossimo.

Al presidente Marco Baccari il compito dei saluti iniziali, mentre Carlo Giorgi ha esposto meticolosamente tutti i documenti che hanno contrassegnato i passaggi di questi ultimi anni e che i soci possono visionare personalmente presso gli uffici dell’Ente collocati a Villa Manzoni. Non c’è nulla di secretato. Accanto a loro, la vicepresidente Roberta Mularoni, Andrea Del Vecchio, Primo Toccaceli. In sintesi, la storia.

È del 2019 la prima delibera per trovare dei partner in grado di provvedere a quell’aumento di capitale necessario per sostenere la banca. Il primo tentativo, ovviamente, è stato rivolto all’interno con la vendita di azioni a imprenditori e soci. Ma sui 440 soci, solo 30 hanno risposto affermativamente. Ulteriori tentativi su potenziali investitori esterni, si sono rivelati ampiamente insufficienti. Il 7 novembre 2021 viene votato l’indebitamento di ECF per un ammontare di 2 milioni 275 mila euro presso la BAC. In pegno vengono cedute 3mila azioni e viene messa un’ipoteca su Palazzo Portoghesi, oltre all’impegno di ECF di utilizzare tutte le sue entrate e la sospensione di tutte le sue attività culturali e solidaristiche. Nel 2023 viene diramato un appello ai soci, che alla fine ha prodotto appena 30 mila euro. Nel frattempo, si intensificano i richiami di Banca Centrale su una carenza patrimoniale, che deve essere colmata quanto prima, ma non oltre l’anno 2024. Banca Centrale tiene sotto costante vigilanza ogni attività e ogni evoluzione delle situazioni con report mensili da parte di ECF.

Nel frangente, si fanno avanti diverse possibilità di contatto. Tra queste: Investar PLC, Sunil Suri, One OAK, Agora. Ma ognuno di loro voleva comunque la maggioranza delle azioni, talvolta offrendo cifre veramente irrisorie pari a 1 cent ad azione, quasi umilianti. Perfettamente conscio che qualsiasi partner, al primo aumento di capitale avrebbe messo sul piatto soldi che ECF non aveva, in quel momento ECF avrebbe comunque perso la maggioranza. Lo scorno e la beffa. Per questo motivo si è perseguito l’obiettivo di ricavare il più possibile: vendere ma non svendere. Nonostante le difficoltà oggettive. Ogni passaggio sempre illustrato all’assemblea, sovrana in ogni decisione.

A fine 2024 mancavano 736 mila euro per pagare le rate del mutuo dell’anno entrante. ECF non poteva fare nulla. È in quel momento che si fa avanti il professor Richard Werner, noto economista tedesco con una precisa manifestazione di interesse, disposto a trattare solo la quota di maggioranza. Si concorda la data del 31 gennaio 2025 per un’offerta vincolante. Che puntualmente arriva: 14 milioni, sicuramente più alta di tutte le precedenti. Compresa quella di One OAK, che aveva ottenuto un’esclusiva per 6 mesi e che aveva offerto 500 mila euro, ma che (non si sa come e perché) il 4 febbraio 2025, quindi fuori tempo massimo, mette altri 14 milioni sulla precedente offerta.

Il 7 febbraio il CDA valuta le due proposte e decide di approfondire quella del professor Werner, mandando tutto a Banca Centrale. Il 12 aprile viene convocata un’assemblea per illustrare questa proposta e votare la possibilità di cessione del 51 per cento delle quote. Favorevoli 74 soci, contrari 30. Si procede su questa strada, con confronti continui con Banca Centrale e una riunione con il CCR (Comitato credito e risparmio, organismo di collegamento tra BCSM e governo). Il 15 maggio viene firmato il contratto preliminare. Il 23 maggio viene convocata l’assemblea. Tutto il resto è storia recente.

È stato spiegato molto chiaramente che la Banca di San Marino ha risanato il suo bilancio e che da 5 anni ha anche degli utili, ma che pesano ancora molto gli errori del passato, oltre a 53 milioni di NPL, che vanno gestiti con oculatezza. Come vanno gestiti gli immobili di proprietà per un valore di un centinaio di milioni e altri 40 milioni di crediti di imposta. Per realizzare i quali ci vorrà comunque tantissimo tempo. Nel frattempo, le leggi impongono di mettere da parte dei fondi di rischio (riserve di bilancio) per fronteggiare situazioni che potrebbero verificarsi, così come si sono verificate in passato. Soldi che ECF non ha da dare alla banca, né adesso, né in prospettiva. Da molti anni ormai non percepisce più alcun dividendo, per questo ha dovuto accendere un mutuo.

Presenti in sala alcuni membri del Comitato per BSM, i quali hanno presentato tutte le loro obiezioni e l’iniziativa di modifica dello statuto affinché eventuali cessioni del 51 per cento delle quote avvengano con la maggioranza dei due terzi dell’assemblea. Tra le obiezioni più forti: le modalità di vendita, giudicate un po’ avventate, e le criticità emerse su San Marino Group (la società che ha tratto con ECF) perché partecipata da gruppi internazionali incappati in alcune situazioni incresciose che hanno avuto forte rilevanza mediatica. Il CDA di Ente Cassa ha spiegato che quelle situazioni, reperibili da chiunque su internet perché pubblicate sui giornali, erano note già dallo scorso gennaio quando è partita la trattativa. Tanto che è stata investita la banca, che sicuramente ha più mezzi, per una verifica più approfondita. Dopo di che è stato passato tutto a Banca centrale. La cui Vigilanza ha contatti con molte altre Banche Centrali. Quelle non in elenco sono state contattate tramite Bankitalia. Questo, per dire che gli organismi di vigilanza bancaria hanno strumenti non esplorabili da nessun altro soggetto, compresa l’AIF. Un’indagine molto profonda e ad ampio spettro che ha richiesto tempi lunghi. Tuttavia, nel frangente, Banca Centrale non ha mai detto ad ECF: fermatevi, come ha fatto in altre occasioni. Anzi, giovedì sera, è stata esibita una recente missiva per un ulteriore sollecito a portare avanti la trattativa e a concluderla entro l’anno in corso. In caso contrario, cioè senza un’importante azione di capitalizzazione della banca, Banca Centrale dovrà intervenire con gli strumenti di legge. Che sono molto pesanti, irreversibili e irrimediabili.

In caso di recessione dal contratto con San Marino Group, le penalità per ECF sono piuttosto importanti. Dovrà restituire maggiorato del doppio il prestito di 1 milione 451 mila euro ottenuto per pagare le rate del mutuo. Quindi 2,8 milioni, più eventuali danni. Cosicché ECF si troverà ad avere 4 milioni di debiti (ma sono di più), oltre a 3mila azioni e Palazzo Portoghesi pignorati, più la perdita di qualsiasi potere contrattuale. A fronte di un progetto di impresa che vede un forte rilancio della banca, la tutela di tutti i dipendenti, il mantenimento di forti legami con il territorio. Su questo fronte, alcuni soci si sono espressi pubblicamente nella consapevolezza delle necessità più che evidenti, perché l’obiettivo rimane sempre quello di salvaguardare e potenziare la banca.

Invece, l’impressione fornita dal Comitato per BSM è stata quella di non avere proposte alternative per aiutare la banca a rinforzarsi come prevedono le regole. Al loro attivo, solo ragioni affettive e sentimentali. Anzi hanno perfino raccontato come qualcuno di loro abbia trattato personalmente con One OAK, ma con risultati inconsistenti. In ogni caso, si riparlerà di tutto nella prossima assemblea del 27 settembre.