Quando è uscito dalla sua stanza d’hotel si è trovato di fronte una decina di carabinieri. «Lei è in arresto, ci segua in caserma». Peccato che l’imprenditore sammarinese fosse addirittura già stato assolto per quei fatti dalla Corte d’Appello. Il problema era che la Giustizia si era ‘dimenticata’ di revocare un ordine di cattura vecchio di anni.
Protagonista dell’«avventura», Roberto Zavoli, 64 anni, coivolto in una maxi inchiesta di riciclaggio dei soldi della camorra, insieme all’onnipresente notaio Livio Baciocchi (condannato invece a 4 anni e passa) e Francesco Vallefuoco, indicato dagli inquirenti come il referente locale della criminalità organizzata. Zavoli è stato scarcerato in poche ore, e con parecchio imbarazzo da parte dei carabinieri, ma per un momento ha rivissuto l’incubo di quei 70 giorni nel carcere della Dozza».
Cosa è successo esattamente?
«Sabato sono venuto qui a Conegliano Veneto a trovare un amico. Con me ci sono tutti, moglie, figli e nipoti. Ho preso alloggio in un albergo e mi sono registrato. Stamattina (ieri per chi legge, ndr) mi sono alzato e ho tardato un po’ a scendere per fare colazione, la mia famiglia era già di sotto, per fortuna, quando ho aperto la porta della camera. Uno choc».
A cosa si è trovato di fronte?
«C’erano una decina di carabinieri armati fino ai denti. Mi hanno chiesto di seguirli in caserma, e più io cercavo di capire più loro mi ‘invitavano’ a seguirli. Per un momento mi è preso il panico, non mi rendevo conto del perchè di quello spiegamento di forze. Solo una volta in caserma mi hanno detto che sulla mia testa pendeva un’ordinanza di custodia cautelare per la vicenda del riciclaggio».
E lei come ha reagito?
«Ho cercato di dire loro che per quella storia ero già stato assolto dalla Corte d’Appello e non era possibile che fossi ricercato. Ma quelli non ci credevano, forse giustamente, perchè al terminale della Giustizia io risultavo ancora un ricercato per quella storia di Napoli, e pensare che all’epoca mi ero presentato spontaneamente».
A quel punto cosa ha fatto?
«Ero sconvolto all’inizio, poi mi sono detto che dovevo stare calmo, ero l’unico modo per venirne fuori. Ho chiesto solo che mi facessero chiamare il mio avvocato, Stefano Caroli. E’ stato lui a mandare tutti i fax in caserma che provavano che io dicevo la verità. Dopo cinque ore mi hanno rilasciato. Ma è stata dura».
Con chi se la prende?
«E con chi vuole che me la prenda? Le pare possibile che dopo anni quell’ordine di cattura non sia stato revocato? Un errore, d’accordo. Ma errori del genere non dovrebbero succedere mai».
Il Resto del Carlino