San Marino. Rubrica: ”Tre domande a… Giuseppe Maria Morganti, Presidente di Libera”

Dopo aver avuto il privilegio di colloquiare con un’icona della musica italiana come Al Bano, la nostra rubrica “Tre domande a…” torna al cuore della politica sammarinese. Questa volta, ad accettare il nostro invito è una figura di primo piano della scena istituzionale della Repubblica di San Marino: Maria Giuseppe Morganti, Presidente di Libera e riferimento del mondo progressista, da anni al centro del dibattito politico del Titano.

Ecco le nostre tre domande e le sue risposte, pubblicate integralmente. Buona lettura!

Dopo un’iniziale fase di empasse, la maggioranza e l’esecutivo sembrano oggi più coesi e determinati. È solo una mia impressione?

I primi sei mesi di attività della maggioranza sono stati problematici. Di fatto hanno accentuato le problematicità che già si erano presentate nel corso della formazione del governo. Badate bene, non si è trattato di pesi e misure, come di solito accade, ma di concrete problematiche legate alla definizione del programma. Libera è completamente consapevole, (lo era anche nel corso della campagna elettorale) che solo un accordo fra conservatori e riformisti sarà capace di affrontare l’inevitabile passaggio verso l’Europa e ridurre l’impatto del debito estero. Ma Libera è anche convinta che il suo apporto al governo deve modificare alcune sostanziali politiche: la prima, quella sanitaria, poi quella del territorio. Nel programma di governo, fatte le dovute mediazioni, i segnali del cambiamento sono presenti e a dire il vero, si stanno manifestando nelle scelte. La “rivoluzione” che si sta generando nella sanità ne è la prova.

Presidente di Libera, Giuseppe Maria Morganti

Libera è indubbiamente uno dei partiti più attivi e propositivi all’interno della maggioranza. Da dove nasce questa energia politica?

Stare all’opposizione ai partiti fa bene. Prima di tutto perché riassaporano il principio di libertà che quando si è in maggioranza si addormenta sotto il peso delle molteplici mediazioni, poi perché hanno il tempo per elaborare progetti e valutare idee. Libera, nei cinque anni di opposizione, ha costruito un vero e proprio progetto Paese che parte dal rafforzamento dei pilastri dello Stato Sociale, scuola, sanità, sicurezza sociale, passa per i valori dell’equità e della redistribuzione delle risorse e arriva alla definizione di un’economia sana, dove scorciatoie tipo DES non devono avere spazio.
Come Presidente di Libera dirigo i lavori del Consiglio Direttivo un organismo che non eccede in complimenti per gli obiettivi raggiunti anche dalla propria classe dirigente, ma è sempre pronto alla critica e alla sollecitazione. Questo livello di democrazia e libertà rappresentano un forte stimolo per chi si trova nei ruoli apicali a partire dai Segretari di Stato fino ai Consiglieri e ai membri della Segreteria. Insomma, in Libera non si dorme sugli allori.

Quali sono le aspettative di Libera, e in particolare le sue, per questa legislatura?

Ci sono partite che occorre giocare in difesa, fra queste il ripristino di una sanità a misura d’uomo che prediliga la medicina territoriale e la prevenzione. Quando si decide di avere servizi specialistici lo si deve fare fino in fondo, puntando al meglio, e per il resto si può benissimo operare, attraverso uno scambio biunivoco, all’interno di una rete che ci vede confinanti con due regioni in cui la sanità ha tante punte di eccellenza. Poi la riduzione del debito e soprattutto della grande massa di risorse che se ne vanno inesorabilmente all’estero. Però occorre agire anche in attacco e questo è possibile a partire dalle nostre piccole imprese che sono state nel tempo vessate da regole pensate per le grandi, ridando ai giovani la possibilità di avviare proprie attività nei campi tradizionali, ma anche in quelli innovativi come quelli del cinema. Con l’Europa occorre sottoscrivere l’accordo, prima di tutto non cadendo nell’errore di lasciare fuori la parte relativa al settore bancario (che è quello che ha bisogno più di ogni altro di Europa). Occorre però anche mettere i cittadini e le imprese nelle condizioni di saper cogliere le opportunità che si aprono con la Ue, e aprire la possibilità di San Marino di accedere ai programmi di finanziamento europei, tema che il negoziato ha purtroppo trascurato. Personalmente ho due sogni: quello di rilanciare un progetto scuola e università, capace di generare un’identità forte della Repubblica. Il secondo sogno è quello di avere un Paese che riprende in mano, magari con un pizzico di orgoglio, la sua specificità in politica estera mantenendo equidistanza e favorendo il dialogo.