“Il Covid non fa più paura – ha affermato qualche giorno fa il segretario alla Sanità Roberto Ciavatta – ora siamo in una situazione completamente diversa e dobbiamo concentrarci sulla reimpostazione della sanità nel medio-lungo termine”.
La pandemia ha messo a nudo il colpevole disarmo in cui era stata posta la sanità pubblica specie quella territoriale e di prossimità, ma se siamo riusciti a vincere sul Covid lo dobbiamo proprio al sistema sanitario. Questo nonostante l’ISS abbia dovuto sopportare anni di immobilismo, sperperi e depredamento delle risorse economiche.
Il sistema sanitario sammarinese ha oggi di fronte una sfida assistenziale imponente per conciliare il mantenimento degli standard e dei risultati conseguiti con le esigenze di razionalizzazione della spesa, ma soprattutto con la necessità di reperire nuove risorse rendendo appetibile all’esterno la sua offerta.
In attesa della prossima commissione IV, dove è prevista una relazione del DG Bevere, già emerge dalla dichiarazioni che nel comparto vi sono gli spazi per la riduzione di aree di spreco e per l’allineamento delle spese ai costi standard. La sostenibilità finanziaria dell’ISS nel medio-lungo periodo, anche in relazione alle tendenze demografiche in atto, ha come punto di partenza lo sviluppo del modello di governance del settore sanitario. Allo stesso tempo si basa sul ripensamento dell’attuale modello di assistenza, con l’obiettivo di tener conto della effettiva situazione economica nella modulazione delle prestazioni a chi ne ha effettivamente bisogno.
Tre le direttrici da seguire, temi su cui è già iniziato il confronto in maggioranza, c’è innanzitutto un nuovo atto organizzativo dell’Iss. Lo afferma il SDS Ciavatta nell’intervista rilasciata a RTV: “L’ultimo risale al 2004, un’era geologica fa. La nostra sanità deve essere moderna e stare sul mercato. Il che non vuol dire privatizzare. Ci sarà inoltre un riordino delle varie sezioni e dei fabbisogni”.
A proposito di costi e di gestione finanziaria, il bilancio ISS è stato finalmente messo in equilibrio, anche se San Marino spende in sanità pubblica molto di più di qualsiasi altro Paese europeo. L’Italia ha il vantaggio dei fondi del PNRR, ma ha una lista di criticità davvero imponente. Mancano i medici, si stima che ne verranno a meno 100 mila nei prossimi 5 anni. Negli ultimi dieci anni sono stati chiusi 111 ospedali e 133 Pronto Soccorso. Le maggiori carenze strutturali nel sud, con la conseguente migrazione degli ammalati verso gli ospedali del nord o verso le cliniche private. Ogni giorno i media italiani accendono i loro fari su un sistema sanitario che è da ripensare e finanziare in maniera massiccia. La medicina territoriale quella più sofferente.
Sempre sul fronte italiano, il rischio sempre più concreto, complici anche l’allargamento della flat tax e la diffusione della figura del “medico a gettone”, è che si assista a una vera e propria fuga dagli ospedali. Sommato al congelamento delle carriere e delle assunzioni, lo spopolamento delle strutture pubbliche (per altro già iniziato) potrebbe dare il colpo di grazia a un Sistema sanitario nazionale già fiaccato dalla pandemia. Durante il biennio in cui le misure per contenere il Covid sono state più rigide, sono saltate oltre 100 milioni di visite ambulatoriali. Prestazioni che in parte devono ancora essere recuperate.
Nonostante i 7,1 miliardi di euro stanziati dal PNRR per la sanità, il problema della mancanza di personale non potrà essere risolto dai finanziamenti europei. Il decreto ministeriale 77 riforma la sanità territoriale italiana, con l’introduzione dei distretti sanitari e delle case di comunità per ridurre gli accessi impropri al pronto soccorso e migliorare l’assistenza al cittadino, ma non risolve le preoccupazioni delle Regioni sulla mancanza di fondi necessari per le nuove assunzioni.
Problemi come la carenza di personale ospedaliero, inevitabilmente si riflettono anche su San Marino. L’unica riforma possibile in questo senso è l’appetibilità, ammesso che sia sufficiente. In alcuni casi è importante anche la dotazione tecnologica, che deve essere assolutamente all’avanguardia. La qual cosa sarebbe un elemento positivo non solo per i medici ma anche per i pazienti.
I cittadini, italiani e sammarinesi, sembrano avere le idee ben chiare in merito alle caratteristiche della Sanità post-COVID e ai protagonisti che la animeranno: il paziente sempre più informato, responsabile e partecipe; il medico come massimo garante della tutela della salute e gli innovatori (intesi come ricercatori e imprese). Un ecosistema orientato sempre più alla personalizzazione che beneficia della mobilitazione di tutti gli attori: tratti indispensabili per rispondere alla triplice sfida di gestione della malattia acuta, cronica e delle nuove emergenze, tenendo ben presente l’aspetto fondamentale della sostenibilità economica.
Un recente sondaggio indica che la Sanità del futuro dovrà essere sempre più paziente-centrica e su misura: il 94,3% auspica una maggiore personalizzazione di cure, con il 92,9% che si aspetta che i percorsi di cura, dal domicilio, al territorio fino agli ospedali, siano modulati sulle esigenze personali del paziente. I cittadini hanno evidenziato in primis il ruolo chiave dell’innovazione, decisiva per migliorare la cura, i percorsi assistenziali e le difese dalle nuove emergenze. I numeri, nonostante le criticità dicono che 9 italiani su 10 hanno fiducia nella sanità e anche a San Marino la maggioranza delle persone che sono state in ospedale, poi ringrazia i medici.
Insomma, questo è un buon punto di partenza, ma dobbiamo dimenticarci del dottor Manson dello sceneggiato tivù “La Cittadella”, magistralmente interpretato da Alberto Lupo. La medicina, e il medico del futuro, dovranno essere tutt’altra cosa.
a/f