Che Erik Casali sia un fiero avversario di Roberto Ciavatta, ci sta. È un libero cittadino e può dichiarare la sua simpatia o antipatia verso chiunque gli aggradi. “Il tuo tempo è finito” preconizzava quasi un mese fa in suo articolo pubblicato da Giornalesm.com. Tuttavia, gran parte del testo era un inno alla sanità, un ringraziamento sincero e accorato ai medici e loro assistenti per l’eccellenza delle cure a lui erogate. Dimentica, Casali, che se ci sono professionisti di prim’ordine e se possono esprimere al meglio la loro professione, hanno bisogno di un contesto che sia al loro stesso livello. Hanno bisogno di strumentazioni e attrezzature avanzate, di medicinali (che spesso altrove non si trovano), di assistenti e infermieri altrettanto bravi. Questo implica un sistema e un’organizzazione sanitaria che operino con intelligenza e razionalità, che sappiano creare le condizioni per i reparti e le équipes per professionalità diverse tra loro, che gli ambulatori possano funzionare al meglio e abbiano tutte le risorse necessarie dal punto vista economico e normativo. Non è ipotizzabile che un ospedale si regga solo sull’abnegazione di qualcuno.
Sicuramente un po’ tutti si saranno accorti che mai come in questi ultimi tempi si parla di sanità perché ogni giorno arriva un progetto: completamento degli staff medici e infermieristici, relazioni con le aziende sanitarie esterne per scambi di prestazioni e accordi con le università per la formazione, investimenti sulla prevenzione. Iniziative fatte e altre in fase progettuale: nuove sale operatorie per consentire un servizio ottimale di sterilizzazione, rivisitazione dell’area di degenza oncologica e progettazione dell’area solventi, centralizzazione dell’attività di pre-ricovero, che verrà realizzata ad aprile e sarà operativa così come la strutturazione dell’attività di medicina del dolore e cure palliative; il robot che comincia ad esprimere le sue potenzialità, l’avvio delle procedure per la riorganizzazione e il restauro dei centri sanitari di Murata e di Borgo.
Questo ci porta a fare alcune considerazioni sulla cosiddetta “medicina territoriale” andata in tilt durante il Covid (ma aveva parecchi problemi anche in precedenza). Come avvenne sui vaccini, che non c’erano, ogni giorno si gridava all’incapacità della politica sanitaria. Poi quando arrivarono, comunque non andava bene lo stesso anche se i giornali di tutto il mondo elogiavano San Marino. Così è avvenuto con la Cot, reclamata impetuosamente ogni giorno dall’opposizione e poi, una volta realizzata, ampiamente criticata altrettanto frequentemente. Ma la risposta è arrivata proprio in commissione sanità dal dottor Pier Luigi Arcangeli, Direttore del Dipartimento Socio Sanitario Iss: “Abbiamo fatto una rivoluzione dei piccoli mattoni. Abbiamo trovato tanti elementi buoni sparsi nel territorio e abbiamo costruito una casa per dare risposte vere alla cittadinanza. Molto era stato fatto, ma necessitava di una linea guida. Novità importanti: i centri sanitari e la loro apertura. È una dimensione fisica, una porta, anche culturale. Vogliamo far ritrovare alle persone nel centro sanitario un punto di riferimento. Ho insistito per la ricostituzione della coppia di lavoro medico-infermiere. Le novità del progetto: abbiamo cercato di dare grande dignità anche al responsabile delle Cure primarie che ha la responsabilità di medici, infermieri e amministrativi. Le procedure messe in campo restituiscono al direttore carisma, possibilità di incidere nelle procedure, nelle correzioni da farsi tra Cot e medici”. (fonte, Agenzia Dire)
C’è in questo parole, come in quelle di tutti i vertici ISS, il senso di una dignità istituzionale che pone in cima ad ogni interesse lo Stato e i suoi cittadini, in questo caso cittadini/pazienti, cioè persone bisognose di cura e di assistenza. Cosa che non si è mai vista negli attacchi politici che sono stati profusi a valanga perché per colpire l’aspetto politico della gestione della sanità, non si è fatto scrupolo alcuno nel denigrare l’immagine dello Stato.
Un esempio pratico di questa denigrazione spregiudicata e opportunista è venuta più volte quando si tentava di far passare il concetto della distruzione della sanità universalistica per far posto a quella privata. Poi è stato ammesso dagli stessi accusatori che alcuni medici pubblici invitano i loro pazienti a rivolgersi a strutture private.
Ma un conto è dire “si vuole privatizzare la sanità” con il preciso scopo di creare allarmismo come se questo fosse un piano del Segretario, o dello stesso governo, o del Comitato ISS (il che non è assolutamente vero); un altro conto è dire “ci sono operatori che consigliano di andare dai privati”. La qual cosa (la capisce anche un bambino) ha tutt’altra valenza ed è penalmente perseguibile.
a/f