San Marino. Sanità – Scuola – Servizi Sociali … di Luigi Lonfernini

Sono i tre pilastri su cui si fonda la struttura economico-sociale del Paese.
Sono strutture che, oltre ad esercitare un servizio estremamente importante per la Comunità, svolgono anche una funzione occupazionale di qualità.
Sono strutture che hanno dei costi elevati e che incidono sul bilancio dello Stato in maniera elevata.
Stante la situazione economico-finanziaria attuale è necessario che tutte le parti sociali incomincino a riflettere seriamente senza trascinarsi in inutili polemiche, abbandonando sterili atteggiamenti e facili populismi, cercando di verificare le reali possibilità economico – finanziarie sulle quali il Paese può, nel tempo, contare e quindi creare le condizioni affinchè le tre strutture siano mantenute ai livelli attuali ed eventualmente potenziate.
Sono strutture che, ovviamente, interessano e coinvolgono in maniera diretta tutti, nessuno escluso, ed in particolare le fasce della popolazione più deboli e che realizzano quella solidarietà che contribuisce ad abbattere barriere che dividono la Comunità.
Fermo restando che, nonostante le vicende che ci hanno coinvolto, la nostra Comunità gode ancora di privilegi che altre non hanno e ciò proprio in riferimento ad una politica sociale accorta.
Ma attenzione!
La spesa pubblica ed in particolare la spesa per il pubblico impiego, ha raggiunto livelli che non sono sostenibili, considerate le entrate; entrate che non possono certamente essere sostenute con l’accensione di mutui o l’emissione di obbligazioni, ma con la crescita di tutto il comparto economico.
Si fanno già ipotesi di come “saranno usate” le nuove disponibilità.
-Una parte a ripianare il bilancio che continuerà ad essere in sofferenza negli anni avvenire, considerate le spese nel settore pubblico in generale;
-Una parte a ristrutturare la Cassa di Risparmio con, eventualmente, ricapitalizzazione ed immissione di liquidità.
C’è da sperare che il sistema bancario in generale riesca, nel tempo, a generare nuove opportunità di lavoro che, al momento, non si intravvedono: da anni il sistema è in sofferenza e non dà segni di miglioramento.
-Una parte in opere pubbliche: ristrutturazione di edifici, costruzione di edifici, viabilità, fognature ecc.
Mentre nei grandi Stati l’avvio di opere pubbliche ha sempre comportato un rilancio dell’economia, nel nostro sistema economico la spesa in opere pubbliche non comporterà, se non in minima parte, una crescita effettiva: certamente rilancerà l’occupazione nel settore edile ed in tutte le attività ad esso collegate, direttamente od indirettamente, aumentando di conseguenza il frontalierato: ne beneficeranno i consumi interni ed il sistema previdenziale ma non incideranno, se non in minima parte, sulle entrate dello
Stato.
-In parte ad estinguere il debito con la Banca Centrale.
-In parte per dare liquidità al comparto bancario: gli interessi saranno pari a quelli praticati per i “bond” per cui, certamente, non serviranno alle singole banche per contrastare la concorrenza degli istituti esterni.
-In parte per la costruzione del nuovo ospedale?
Il rilancio dell’economia certamente passa anche attraverso le nuove entrate ma, stante la situazione attuale, e le prospettive avvenire, solo una “rivoluzione” ristrutturazione del pubblico impiego sarà in grado di migliorare
i conti pubblici.
Con la ristrutturazione è necessario anche una rivisitazione delle imposte sia nel pubblico che nel privato.
E mi spiego.
I mutui e l’emissione di obbligazioni, oltre a generare un costo, nella nostra realtà non contribuiscono a migliorare l’economia se non in minima parte, resta comunque un risultato politico estremamente importante.
E’ necessario, tramite una comunicazione corretta e martellante, far passare l’idea in noi cittadini che lo Stato se da una parte pretende (doveri di contribuenti) dall’altra, gratuitamente, ci assicura un sistema socio-sanitario eccellente: è necessario far maturare una coscienza collettiva che recepisca non solo diritti ma anche doveri.
Per contenere la spesa nel pubblico è necessaria una rivisitazione, ristrutturazione, dell’intero organico e, quindi, un riassetto dell’intera struttura burocratica-ammi-
nistrativa.
E’ chiaro che su questa strada si incontreranno le resistenze dei pubblici dipendenti ed in particolare dei sindacati.
E’ bene ricordare che l’organico attuale è figlio di un periodo storico in cui l’economia del Paese stava vivendo una nuova stagione (anche quella di alcuni politicanti stando alle informazioni giornalistiche): centinaia di nuove pseu-
do-imprese dedicate alle “manifatture – fatte al computer”;
nasceva il mercato delle licenze: società anonime – immobiliari, concessionarie, commissionarie, banche, finanziarie.
L’economia del Paese faceva un balzo in avanti in cui tutti potevano lucrare: pubblici dipendenti, professionisti di ogni tipo e natura, consulenti e via scorrendo.
Una quantità di denaro in entrata dava a tutti e non solo alle imprese la possibilità di un salto di qualità senza considerare che prima o poi la “festa” sarebbe finita.
Le prime avvisaglie si sono avute proprio a metà degli anni novanta con i controlli al confine da parte della Guardia di Finanza; la politica o per meglio dire alcuni politicanti hanno fatto finta di non vedere e di non sentire; il Paese
aveva tutti gli strumenti per crescere in maniera “normale”, senza “sputtanarsi” col mondo esterno; ma questa è un’altra storia.
I nodi sono venuti al pettine e la crisi del 2008 si è notevolmente accentuata con il corona virus. La fortuna è stata che tante imprese private sono riuscite a mantenere la loro produttività, nonostante l’anno orribile; è crollato il settore turistico ed una ripresa ante virus potrà esserci tra alcuni anni; si è polverizzato il settore bancario – finanziario e non si riesce ad intravvedere una ripresa: né la politica né la Banca Centrale sono in grado, al momento, di dare risposte con contenuti e strategie precise (il rischio è quello di vedere
ridimensionata l’occupazione).
Oggi esiste la necessità di dare vita ad una difesa degli interessi del Paese facendo ricorso a tutte quelle risorse politiche-sociali ed economiche che si rendono disponibili, dopo avere approfondito la situazione attuale ed avere
avviato una strategia comune che consenta un piano di ricostruzione o meglio di ristrutturazione di tutti i settori pubblici: nulla sarà più come prima, ma forse tutto rimarrà come prima: è bene, tuttavia, evidenziare il rischio di possibili crisi.
Un’ultima riflessione.
I bond hanno una durata triennale e pertanto si spera che il mercato recepisca la nostra possibilità di emissione di ulteriori bond.
Il nostro contesto socio-economico-finanziario non ci permette di promuovere un “giochino” finanziario che nel tempo, se non miglioreranno certe situazioni interne, diventerà estremamente pesante se non aleatorio e non ci
si può permettere un crescente indebitamento.
Sarebbe opportuno andare alla ricerca di un mutuo, ventennale e trentennale, con interessi agevolati che ci permetterebbe di metterci al riparo dalle fluttuazioni dei mercati per un lungo periodo.
Resta, comunque, la possibilità (necessità) di essere aggregati all’Unione Europea e quindi di poter usufruire dei vantaggi economico – finanziari che l’Unione può garantire.
Luigi Lonfernini