San Marino. Scelta per la vita e gender: ci parla Benedetto. E sfida la ragione … di Gabriele Mangiarotti

Siamo ancora di fronte al magistero di Benedetto XVI, con la consapevolezza della straordinaria portata del suo insegnamento. E c’è un aspetto importante della sua posizione, che mostra quello che ha sempre sostenuto, cioè che la fede «allarga la ragione», così che ogni uomo può, se rinuncia a stereotipi e pregiudizi, misurarsi con le sue affermazioni.

Non possiamo dimenticare quanto disse al Parlamento tedesco il 22 settembre 2011: «Nella storia, gli ordinamenti giuridici sono stati quasi sempre motivati in modo religioso: sulla base di un riferimento alla Divinità si decide ciò che tra gli uomini è giusto. Contrariamente ad altre grandi religioni, il cristianesimo non ha mai imposto allo Stato e alla società un diritto rivelato, mai un ordinamento giuridico derivante da una rivelazione. Ha invece rimandato alla natura e alla ragione quali vere fonti del diritto – ha rimandato all’armonia tra ragione oggettiva e soggettiva, un’armonia che però presuppone l’essere ambedue le sfere fondate nella Ragione creatrice di Dio.»

«In quella circostanza – ricorda Gänswein nel libro di memorie recentemente pubblicato – Papa Ratzinger sgombrò il campo da un equivoco persistente nella cultura contemporanea, basato sull’idea che il cristianesimo e, in particolare, la Chiesa cattolica, intervenendo nei dibattiti pubblici, si appellino a un “principio di autorità” nella decisione sulle questioni giuridiche e politiche. La visione da lui proposta, invece non permette ai fedeli di esimersi dalle fatiche, né consente loro di privarsi dell’uso della ragione, trincerandosi dietro precetti o comandi religiosi. Per la fiducia nutrita nella possibilità che il divino, come logos, possa essere incontrato nella ricerca razionale della verità, Benedetto XVI non esitò a richiamare il fatto che le fonti ultime del diritto sono da ricercarsi nella ragione e nella natura, non in un comando, di chiunque esso sia.»

 

E questo appello alla ragione è caratteristica della concezione cattolica della vita, come già don Giussani – educatore dei giovani di cara memoria – diceva ai suoi studenti, rispondendo alle loro contestazioni: «Alla radice il problema sta nel concetto di ragione… Per me la ragione è apertura alla realtà, capacità di afferrarla e affermarla nella totalità dei suoi fattori…». E se la ragione è apertura appare stolto chiudersi al dialogo seguendo pregiudizi laicisti preferendo scontate preclusioni ad avventurosi incontri verso la verità.

 

Così possiamo riscoprire nell’insegnamento di Papa Benedetto le ragioni di un impegno per difendere la vita dal suo inizio come nel rifiutare la cosiddetta «filosofia del gender».

 

Sempre Gänswein riporta questi chiarissimi giudizi: «Avendo vissuto 23 anni accanto al beato Giovanni Paolo II, sono stato testimone del modo appassionato con il quale ha realizzato la lotta per la vita. Ho capito che il Papa beato ha visto nella lotta pro vita, insieme con la lotta per i diritti umani, un nucleo essenziale della sua missione. E ho anche capito che per Giovanni Paolo II questo non era un moralismo, ma era la lotta per la presenza di Dio nella vita umana. Giovanni Paolo II, così ho imparato, aveva compreso che l’aborto e le forme di procreazione artificiale, di manipolazione e di distruzione di vite umane, erano sostanzialmente un “no” al Creatore. L’uomo da solo si crea e si distrugge. In questo senso la grande lotta pro vita era la lotta per il Creatore… La lotta pubblica contro questa negazione concreta e pratica del Dio vivente rimane certamente una necessità».

«La filosofia del gender […] ci insegna che è la singola persona stessa che si fa uomo o donna. L’essere uomo o donna non è più una realtà della natura che ci precede. L’uomo è un prodotto di se stesso. La filosofia di Sartre viene concretizzata in un modo in quel momento ancora non prevedibile. Si tratta di una radicale negazione del Creatore e di una manipolazione dell’essere nella quale solo l’uomo è padrone di se stesso. In questa propaganda non ci si interessa per niente del bene delle persone omosessuali, ma di una voluta manipolazione dell’essere e una radicale negazione del Creatore. Io so che molte persone omosessuali con queste manipolazioni non sono d’accordo e sentono che il problema della loro vita diventa un pretesto per una guerra ideologica. Perciò, la resistenza forte e pubblica contro questa pressione è necessaria. Dobbiamo realizzare questa resistenza senza perdere nella vita pastorale l’equilibrio tra amore del pastore e verità della fede».

 

Nell’attuale contesto in cui nella stessa scuola dello stato si vuole introdurre una educazione sessuale (potremmo dire di «marca UDS») la cui impostazione sembra appartere a una ideologia di parte, che non riconosce nella famiglia la sua origine e ne disconosce la complementarietà proprio come detentrice del diritto primario alla educazione stessa, riteniamo che un popolo che voglia essere responsabile e assolutamente ragionevole debba sapere difendere il suo diritto e la sua identità, anche usando strumenti di partecipazione e creando realtà associative di sostegno.

A maggior ragione se tale popolo riconosce nella sua bimillenaria storia un santo come fondatore e patrono.

Continua infatti Ratzinger – e quello che dice ha valore anche per coloro che una volta venivano chiamati gli «uomini di buona volontà» perché appassionati a un uso non ideologico e quindi non settario della ragione – «Gesù non chiede se abbiamo sale in noi, ma afferma con decisione: “Voi siete il sale della terra” (Matteo 5,13). In sostanza, noi cristiani dobbiamo essere sale per questa storia, dobbiamo mostrare in noi la forza della croce di Cristo, a difesa della vita contro le forze della distruzione. Altrimenti, sottolinea il Signore, il nostro cristianesimo sarà un conformarsi al mondo, senza più il coraggio della passione per la verità. Un cristianesimo che sembra moderno, all’altezza dei tempi, ma in realtà è senza sapore e privo di ogni forza di novità».

 

Gabriele Mangiarotti