San Marino. “Scudo fiscale” in salsa sammarinese. Flop annunciato?

Da tempo si parlava della possibilità di uno “scudo sammarinese“ affinché il rimpatrio dei capitali all’estero desse un po’ di ossigeno al sistema messo a dura prova non solo dalla crisi ma anche dagli scudi della vicina Italia. Il decreto è arrivato potremmo dire in extremis, dopo che la Repubblica aveva perso ancora, questa volta non a causa degli scudi italiani, una quantità enorme di liquidità. Per la precisione si tratta del decreto delegato 1 febbraio 2018 n. 15 che reca disposizioni per favorire il rientro di patrimoni e l’emersione di alcuni beni detenuti all’estero. La regolarizzazione può avvenire mediante il rimpatrio effettivo o solamente giuridico nei termini fissati dal decreto, ovvero entro il 31 maggio, data in cui dovranno essere state versate in istituti sammarinesi anche le corrispondenti somme dovute. Le somme da versare per avvalersi e perfezionare la procedura di rimpatrio sono:
a) 10% dell’importo dei redditi non dichiarati, per ogni periodo d’imposta;
b) 2% del valore dei beni non dichiarati.
Le somme dovute per la procedura di regolarizzazione senza rimpatrio sono:
a) 20% dell’importo dei redditi non dichiarati, per ogni periodo d’imposta;
b) 5% del valore dei beni non dichiarati ovvero 2% qualora beni immobili.
Sembra comunque già scritto l’esito del cosiddetto scudo in salsa sammarinese in primis per la fiducia nel sistema, oggi ai minimi termini. Poi non ci pare siano state adottate tutte quelle azioni, su tutte la campagna sui controlli, che hanno portato l’Italia a raggiungere un risultato tutto sommato positivo.