Cambia il titolare del dicastero della scuola, da sabato scorso è il professor Giuseppe Valditara, e cambia anche il nome: Ministero dell’Istruzione e del Merito. Subito è polemica tra favorevoli e contrari, a partire da studenti e professori. La questione non è ancora arrivata sul Titano, ma arriverà.
Il concetto di merito ha una tradizione di valore se significa porre un’attenzione al talento della persona. Se invece significa avvantaggiare una disuguaglianza materiale nell’accesso alla scuola sarebbe un problema. Ma attenti alla retorica. Molti infatti leggono “merito” e pensano sia il contrario di “inclusione”. Questo è un primo macro-errore logico, filosofico e politico, figlio di un pregiudizio ideologico contro qualunque governo di Destra, qual è quello appena insediato In Italia.
Ma il contrario di “merito” è ovviamente “demerito”. Volere una scuola meritocratica non significa, a nostro avviso (poi vedremo nei fatti), programmare di respingere tutti coloro che non sono normodotati e hanno difficoltà economiche o disturbi dell’apprendimento. Il merito, in effetti, conviene soprattutto ai poveri. Perché i soldi comprano tante cose, ma non l’impegno, la passione, la voglia di partecipare, lo studio, la capacità di articolare un pensiero o una critica.
La scuola senza qualità, quella che promuove chiunque, tutto sommato piace a molti, probabilmente alla maggioranza delle persone. Ma, nello stesso tempo, esiste una minoranza (tutt’altro che esigua) che vorrebbe studi più seri, più profondi, più impegnativi. E desidererebbe che la scuola tornasse a svolgere innanzitutto la sua funzione classica, di trasmissione del patrimonio culturale. Una società libera dovrebbe tutelare entrambe. Paradossalmente, una società libera dovrebbe difendere anche il diritto di non studiare, o di studiare poco.
La scuola italiana vanta il merito di essere una delle più inclusive dell’Unione Europea. Quella sammarinese lo è ancora di più. Ciò significa che ogni alunno gode della stessa possibilità educativa nonostante le problematiche fisiche, intellettive o economiche, più o meno gravi. Le percentuali di alunni con BES (bisogni educativi speciali) inseriti correttamente nel sistema scuola sono davvero importanti, il che presuppone un’inclusione sempre maggiore e il superamento di numerose barriere educative.
Oggi la didattica inclusiva si pone come una delle sfide più importanti per la scuola, complice l’aumento dei casi di studenti con BES, ovvero giovani di varie fasce di età che necessitano di un diverso percorso di studi rispetto a quello convenzionale. In questa direzione, garantire la didattica esclusiva significa costruire un futuro migliore alle nuove generazioni, abituare gli adulti che il mondo è fatto per tutti e che non esistono limiti o barriere che dimostrino il contrario.
Ma di fronte a bambini con difficoltà cognitive, ci sono anche bambini ad alto potenziale, plus dotati li chiamano, anche se non sono geni. Sono alunni con ottime capacità matematiche e linguistiche e una spiccata curiosità. Hanno un costante bisogno di apprendere nuove conoscenze e di approfondire quelle possedute. Bambini sopra la media, in mezzo ai quali può capitare che ci sia il rifiuto di andare a scuola perché si annoiano. Ma non perché non capiscono, piuttosto perché capiscono troppo: finiscono in fretta gli esercizi e poi aspettano fissando il muro.
Si fa una grande opera di formazione per i bambini con deficit, altrettanto non si fa per i plus dotati: come conciliare le due diverse esigenze?
La scuola italiana e quella sammarinese non hanno nulla da invidiare a nessuno e, a nostro parere, non devono essere stravolte. Basta fare un piccolo passo, un lavoro di attenzione per stimolare i bambini più intelligenti e far emergere i loro interessi. L’attuale sistema scolastico, infatti, è riuscito sempre a coniugare educazione e istruzione: l’educazione nella scuola comporta la realizzazione di una cultura e di una prassi “cooperativistiche”, quindi di reciproco aiuto tra compagni, che è l’antidoto migliore alla logica della competizione. D’altra parte, l’integrazione scolastica ha sempre tenuto presente un concetto equilibrato di “merito”, inteso come acquisizione necessaria di conoscenze e competenze per ottenere la promozione da una classe all’altra e i diplomi anche per gli studenti con disabilità.
Ma se con queste attenzioni e queste innovazioni si riuscisse finalmente ad eliminare “il 6 politico” che ha portato al potere tanti “ignoranti”, probabilmente sarebbero molti ad esultare e forse avremmo anche un mondo migliore.
a/f