San Marino. Scuola, dr Manzaroli: “Impiegati scolastici o maestri”?

L’epidemia da covid19, fra le tante vittime, ha fatto anche un ferito eccellente: la scuola e i suoi “operai” gli insegnanti dei vari gradi che nel trascorrere del tempo hanno smarrito -non tutti ma non pochi- il senso di quella che una volta era chiamata “missione”.
A svelarlo non è una indagine condotta con sofisticati metodi statistici, ma l’atteggiamento di alcuni –molti insegnanti che si sono rifiutati di tornare a scuola con la scusa dell’epidemia ma con l’occhio puntato sul calendario e sulla data di avvio delle vacanze. E che vacanze !!! Due, tre mesi in estate, più Natale, Pasqua ecc.
Lo hanno fatto anche aizzando le famiglie e paventando rischi che non solo sono limitati ma sicuramente meno pericolosi dell’isolamento a cui bambini e giovani sono costretti ormai da mesi con ripercussioni sulla salute fisica e mentale.
Si rischia di smarrire irrecuperabilmente il senso ed il ruolo e di una istituzione che deve Educare, Formare, Informare i giovani cittadini che sono – fra l’altro – gravati dall’obbligo scolastico, e si recano sempre più stancamente e svogliatamente in una scuola che ha perso molto della sua attrattiva come ascensore sociale e rischia di perdere senso e finalità.
Non ci può essere sfuggito la profondità della crisi in cui si dibattono le società special-mente del mondo occidentale e dei Paesi che hanno adottato il sistema liberal-capitalistico.
Un mondo malato non solo nell’ambiente, nell’economia, nella politica ma anche nella cultura e nella educazione.
In particolar modo il sistema formativo ed educativo dei giovani (dall’asilo nido all’università ed oltre) si è incaricato dal dopoguerra ad oggi non di formare liberi cittadini ma devoti servitori dell’individualismo egoista e narcisistico, della competizione, del consumo come “valore” supremo della vita.
San Marino non fa eccezione ed ha un sistema educativo figlio ed attore della società malata in cui viviamo.
Constato a margine, che i disvalori di cui ci nutriamo comportano la segregazione gene-razionale dei non produttivi: per cui da una parte vecchi da soli chiusi in gabbie più o meno (sempre meno) dorate a far finta di essere giovani e a rincorrere riempitivi del tempo, impossibilitati a partecipare alla vita reale di una società che guarda solo al pro-fitto e all’efficienza ed emotivamente emarginati; dall’altra bambini e giovani istituzionalizzati sin dalla più tenera età e parcheggiati in istituzioni formative che distribuiscono format predigeriti, spezzettati, ripetitivi e monotoni anche rispetto l’informazione acquisibile con un semplice click su internet.
Intanto gli “operai” scolastici, spesso anche mortificati dall’erosione del loro ruolo e dalle dinamiche, non raramente aggressive, dei contesti familiari e dei disagi sociali che a scuola facilmente possono scaricarsi, si sentono sempre meno “insegnanti” e men che meno “maestri”.
La scuola pur essendo con le sue propaggini di centri estivi, centri vacanze ecc., uno dei pochi luoghi di socializzazione dei giovani, finisce per essere svilita a puro contenitore di badaggio, con livelli prestazionali bassi o bassissimi perché inseriti in un contesto di confusione fra ruoli della scuola, della famiglia e della società; perché troppo uniformante su modelli predefiniti e non sulla personalità dei ragazzi, perché demotivata e vissuta come tale anche dagli allievi che si annoiano e trovano a scuola pochi stimoli ma un minestrone insipido.
Se ci rendiamo conto che nella scuola avvengono i pochi riti di passaggio rimasti ai giovani, vale a dire gli esami per passare da un ciclo all’altro, subito comprendiamo come sarebbe (stato?) importante riprendere le lezioni dopo tre mesi di sospensione, riempiti alla meno peggio con la cosiddetta didattica a distanza che più opportunamente si deve chiamare didattica distante, fredda puramente formativa senza possibilità di dialogo vero, presenza, confronto, crescita reciproca.
Per la verità non troverei scandaloso che in via del tutto eccezionale le lezioni si potessero prorogare di un mese fino ai primi di luglio.
In via del tutto normale troverei adeguato e necessario che anche gli insegnanti svolgessero il loro orario di lavoro tutto all’interno dell’istituto con le classiche 18 ore di aula e le rimanenti di studio, lavoro, supporto dentro l’istituzione.
Troverei inoltre del tutto normale che anche gli insegnanti godessero come tutti di 26 giorni di ferie e non di 3 mesi e mezzo.
Oltre a queste “cattiverie”, non è difficile dire che ci sono anche ottimi insegnanti, che credono nel loro lavoro e fanno tutti gli sforzi possibili per formare i loro alunni e farli crescere liberi cittadini.
Se la scuola che abbiamo è corresponsabile della crisi di un sistema, un’altra scuola può esserne la soluzione.
Nel piccolo si possono, se si vuole, fare cose egregie.
L’epidemia ci può spronare a farle subito.

Dario Manzaroli

Repubblica Sm