E’ indubbio che i passi da compiere siano un’infinità e che per far andare avanti il Paese sarà necessario lavorare a testa bassa. Ma se questa volta anziché pensare solo ad addossare le colpe a chi c’era prima, si guarderà davvero avanti e lo si farà tutti assieme, il Paese potrà a buon diritto tornare a credere di avere una chance. Che tutti finalmente sembrino intenzionati a concentrarsi a portare avanti un solo obiettivo, per il bene del Paese, lo si è potuto toccare con mano durante la trasmissione Close-Up in onda venerdì sera su Rtv con la conduzione del direttore dell’emittente Caro Romeo.
“L’economia – ha detto il segretario alle Finanze Marco Gatti, ospite della trasmissione – è un fatto circolare, il turismo che è uno dei settori sui quali più di tutti dovremo puntare, ha bisogno di investimenti, vanno messe in circolo risorse finanziarie, se una parte dovrà farla anche lo Stato, molto può fare il privato. E questo metterebbe in moto il mondo del lavoro, il settore edile, sgonfierebbe il problema Npl. Ci siamo pianti troppo addosso, ora si deve pensare a come riaccendere l’economia”. Su questo punto sembra esserci da parte del segretario molta determinazione e una visione chiara sul futuro. “Un grosso nodo è rappresentato dal sistema bancario ma non giova continuare a vederlo come un problema e non come un’opportunità. Ci sono sul tavolo situazioni di crisi da risolvere, anche quelle non possono che rappresentare un’opportunità da cogliere. Non c’è solo l’attività tradizionale, ce ne sono tantissime altre che potrebbero andare nella direzione della creazione di nuovi posti di lavoro. Nel mondo finanziario ci sono tante sfide aperte dove il piccolo stato può fungere da laboratorio anche per paesi più grandi. Quello che per altri è poco per noi può essere molto”. Tutto sta nel fare interventi organici che ristabiliscano un equilibrio. E’ stato sempre il segretario Gatti nel corso della trasmissione ad affermarlo. “L’approccio iniziale è stato quello di un amministratore che viene chiamato per ristrutturare un’azienda. Quindi abbiamo cercato di capire se l’equilibrio finanziario c’è o come va ricercato. E’ a quel punto che abbiamo constatato che c’è bisogno di ristrutturare il debito che è troppo corto e vanno liberate risorse interne. Poi c’è la necessità di fare interventi strutturali per incrementare le entrate che non significa aggravare la pressione fiscale. Va per esempio revisionato il sistema degli incentivi che è una sfida nell’interesse di tutti, è inutile rinunciare a delle entrate quando poi non c’è un ritorno in termini occupazionali”. Un grosso no alle politiche di austerity lo ha pronunciato anche il sindacato per voce del segretario della Cdls Gianluca Montanari: “Noi abbiamo detto subito no a politiche di austerity, bisogna mettersi a un tavolo e metter mano alle riforme propedeutiche al sistema economico oltre a quella pensionistica. Un progetto da costruire, ognuno deve metterci il suo pezzo, se si innescano politiche di austerity ed esse si trovano a dover pesare solo sui lavoratori e pensionati, allora siamo di fronte a una condizione inaccettabile”. Tutti d’accordo, anche gli altri ospiti in studio, sulla necessità di pensare al futuro ma c’è chi come il segretario della Csdl Giuliano Tamagnini ha continuato anche a battere sul tasto dei responsabili che devono essere scovati. “Noi da un punto dobbiamo partire: le nostre banche non sono competitive, hanno una montagna di npl, hanno prodotto due miliardi di crediti non performanti sui quali ci sono delle responsabilità, chi ha determinato questa situazione deve essere perseguito. Nella vicina Italia, si prenda l’esempio della Popolare di Bari, sono partiti degli avvisi di garanzia, gli ordini di cattura. Qui da noi? Questo danno lo pagheranno i cittadini che certo non opteranno perché tutto vada in malora. E tuttavia prima di pagare anche questo conto vorranno almeno sapere chi lo ha generato. Tornando alle banche, esse devono essere rese competitive, non si può pensare che operino solo sul territorio, hanno bisogno di una profonda manutenzione, c’è bisogno di un salto di qualità, le nostre aziende funzionano perché competono fuori e dovremmo anche pensare che grossi gruppi bancari internazionali dai quali abbiamo molto da imparare, possano investire qui”.
