Per fortuna, i sammarinesi sono più interessati all’andamento della campagna vaccinale, ai primi concerti già in programma (uno stasera online, uno martedì prossimo in presenza), alle prossime vacanze estive con il pass vaccinale in tasca. Ciò non toglie che la notizia delle presunte dimissioni del giudice Caprioli abbia suscitato molta curiosità non solo tra gli addetti ai lavori, o negli ambienti politici. Del resto, le voci provenienti da più fonti giravano già da un paio di giorni e, giustamente, Giornalesm.com ha dato loro corpo.
Non si ha ancora conferma ufficiale, ma se tutto ciò fosse vero, non si possono non fare alcuni ragionamenti sul perché e sulle possibili conseguenze, considerando il fatto che il nome del giudice è intimamente legato al processo Mazzini. Per questo preciso scopo infatti era stato assunto, con presa d’atto del Consiglio Grande e Generale a fine gennaio del 2018, e scadenza dell’incarico il 15 aprile di quest’anno. Fino a qualche giorno fa, tutte le fonti ne davano la riconferma, si presume quindi con l’assenso del Consiglio Giudiziario Plenario. Come dimostra del resto la calendarizzazione di un’udienza per il 20 aprile, o giù di lì. Mancava solo la presa d’atto del Consiglio. Perciò, quando è arrivato l’odg della sessione di aprile senza un comma dedicato, molti si sono insospettiti.
Cosa è successo nel frattempo? Il professor Caprioli ha un curriculum di tutto rispetto che, forse, scontrandosi con le complicate vicende del Mazzini, avrebbe potuto essere screditato. È uno di quei processi in cui, come ti muovi, ti fai male. Infatti, da una prima fase in cui tutti hanno applaudito a “mani pulite” si è passati ad una fase in cui ci si è resi conto che gli obiettivi erano da tutt’altra parte e che lì dentro la politica ha sguazzato a piene mani sin dalla fase inquirente.
Ci sono poi i fatti intercorsi tra il 2019 e il 2020, dove si era innescato un braccio di ferro pauroso tra giustizia e politica. Neanche la più rigorosa ricostruzione cronologica chiarisce se sia stata la politica ad ingerire sulla giustizia, o sia stata la giustizia a cercare di condizionare pesantemente la politica, oppure ci siano state fasi alterne. Caprioli fu uno dei protagonisti di quel periodo, tanto che la ricusazione presentata dall’avvocato di Claudio Podeschi avv. Stefano Pagliai per il processo Mazzini, motiva esplicitamente: “Un giudice non indipendente e non imparziale”. La ricusazione ripercorre i fatti salienti che hanno segnato la collisione e la collusione tra politica e magistratura e, pur essendo stata presentata da uno solo degli imputati, ha valore erga omnes.
Una bella gatta da pelare, quindi, per il professor Gianfrancesco Iadecola, nominato a fine gennaio di quest’anno Giudice per i Rimedi Straordinari in materia penale, nella cui giurisdizione rientra dunque la ricusazione di Caprioli. Secondo i calcoli temporali, ci sarebbe voluto ancora un mese o due per il suo giudizio, perché il fascicolo del Mazzini è assai corposo e perché non è l’unico. Si erano già aperte le scommesse.
Le presunte (per il momento) dimissioni di Caprioli, annullano il dilemma. A questo punto le scommesse si concentrano su quale fine farà il processo Mazzini. Che era già decotto per via tutti gli altarini svelati in questi ultimi mesi, ma anche per un ricorso al Collegio garante da parte di un giudice sulla valenza temporale del reato di riciclaggio. Pare infatti che Buriani, con atto autonomo, avesse dichiarato non prescrivibile tale reato, il che sarebbe contrario alle norme vigenti. I Garanti, massimi tutori della legalità, potrebbero ripristinare la norma per cui la prescrizione è una causa di estinzione anche del reato di riciclaggio. Nell’eventualità, sarebbe il de profundis per il Mazzini.
Insomma, la vicenda Caprioli, non chiude la partita. Anzi le partite, perché sul tavolo giace ancora il ricorso presentato dal governo sul caso Titoli, altro argomento scottante quanto il Mazzini, sul quale lui stesso avrebbe dovuto pronunciarsi e del quale non si è saputo più nulla. Come non si sa nulla del sindacato verso Buriani, che è il fil rouge lungo la storia giudiziaria (e non solo) degli ultimi dieci anni. Tra l’altro, legati a queste storie ci sono altri processi (vedi Asset e Tavolucci, ad esempio). Tra questi, non tutti hanno lo stesso clamore mediatico, ma che sono comunque importanti per i diretti interessati. E qui ci vorrà tutta la scienza, la coscienza e l’umanità del nuovo dirigente Giovanni Canzio, perché la giustizia possa fare serenamente il suo corso. Senza quei condizionamenti che qualcuno cerca ancora di esercitare.
a/f