Ma Buriani è ancora lì? La domanda ricorre spesso nelle conversazioni informali tra persone diverse. Nell’interrogativo, per niente retorico, c’è la disapprovazione e lo sconcerto di chi legge che il giudice, sempre operativo nella sua funzione, ha ormai collezionato una dozzina (forse più, forse meno, si è perso il conto) di rinvii a giudizio. Non è solo, ovviamente, ma in buona compagnia, perché tutti (o quasi) i protagonisti delle vicende più discusse della passata legislatura sono stati chiamati a renderne conto in tribunale.
C’era il grosso timore, peraltro assai fondato vista le passate esperienze e visto il perdurare del silenzio stampa, che tutto quanto è emerso nelle due relazioni della Commissione di inchiesta in termini di ruberie e illegalità, passasse in cavalleria.
Vuol dire che qualcuno ha avuto il coraggio di denunciare, che qualcosa è cambiato nel tribunale e soprattutto vuol dire che la politica ha creato le condizioni perché la giustizia facesse il suo lavoro. Un meccanismo per niente scontato.
Non è stato un percorso facile, come qualcuno ricorderà, con RF che ogni giorno tuonava contro “la terra da cece” e con Libera che accusava di affossare la democrazia. Eppure, governo e maggioranza non hanno desistito a portare avanti le riforme necessarie ad innalzare la nuova impalcatura normativa, che da una parte ripristinava gli strumenti per l’esercizio del diritto, dall’altra creava le condizioni per una profonda riorganizzazione operativa del palazzo di giustizia.
Come funzionava il tribunale, l’abbiamo letto nelle intercettazioni telefoniche pubblicate da Giornalesm. Si individuavano le persone scomode, si inventavano le prove, si costruiva una denuncia che andasse a finire in mano a Buriani. La prassi era collaudata. La condanna era matematica. Quando è arrivato Guzzetta, era anche più facile piegare la giustizia agli interessi della cricca. Tutto scritto nelle due relazioni della Commissione di inchiesta.
Quando è arrivato Canzio è cambiata la musica. Con il suo contributo non solo sono cambiate le norme, che sono diventate più profonde e penetranti, in versione europea; ma anche gli organismi che fanno parte del sistema, compresa la commissione giustizia e il consiglio giudiziario. Il quale ultimo, in particolare si occupa non solo di diritti e libertà di giudizio, ma anche di doveri e responsabilità, quindi procedimenti e sanzioni disciplinari. Dopo l’approvazione della legge e la nomina dei membri, il consiglio giudiziario si è insediato e ha distribuito i carichi di lavoro. In due mesi non poteva fare di più, visto che si riunisce una volta al mese. Siamo certi che ormai ci siano tutte le condizioni per occuparsi anche di Buriani.
“Ecco il solito portavoce del governo” dirà qualcuno, facendo magari il verso a Luca Boschi (Libera) che così si è espresso addirittura in Consiglio, con preciso tono di accusa. Evidentemente tutti quelli che fanno “davvero” i portavoce di questo o quel partito, dal suo punto di vista sono pienamente giustificati.
Alberto Forcellini, lo scrivente, non fa il portavoce di nessuno. Non è al soldo di nessuno. Scrive per Giornalesm, che non è al soldo di nessuno. Come si può vedere ogni giorno, Giornalesm riporta notizie che gli altri giornali non hanno, non perché non abbiano le fonti, ma forse perché devono coprire certi fatti e certe persone.
Alberto Forcellini, lo scrivente, non fa cronaca, per la quale ogni vero professionista deve rispettare la massima obiettività, ma mette insieme fatti già successi e narrati per esprimere pensieri, riflessioni e valutazioni del tutto personali, che rispondono solo alla sua coscienza. È ovvio che questo non piace a tutti. Come del resto anche Boschi non piace a tutti. Ce ne faremo una ragione, da entrambe le parti.
a/f