San Marino. Sentenza shock: Nicola Renzi poteva evitare alla Presidente Bcsm mesi di “graticola rovente”, di pressioni finalizzate a “favorire il gruppo Grandoni”… Ma non lo fece!

Enrico Lazzari

Chi ha avuto voglia di leggere le 94 pagine delle motivazioni della sentenza (leggi qui) di condanna al Commissario Alberto Buriani e all’ex Segretario Simone Celli, si è imbattuto in una sorta di fiume in piena capace di spazzare via, con un semplice quanto autorevole tratto di “penna”, una lunga serie di dubbi che aleggiavano attorno a ricostruzioni logiche e, nel loro merito, quanto mai inquietanti. Spazzati via i dubbi resta, ora, una chiara e dettagliata “verità giuridica”, pur non definitiva, ma davvero difficile a ridurre -come fece Repubblica Futura nei mesi e nelle settimane scorse- a “illazioni”, “ricostruzioni fantasiose” o “commenti stralunati”… Talmente “stralunati”, come abbiamo visto ieri in una prima analisi della “sentenza-Saldarelli” (clicca qui), che oggi sono in linea di massima confermati nientemeno che in una sentenza giudiziaria.

Ben inteso, anche in questa, relativamente al coinvolgimento e alle citazioni di azioni o posizioni di Repubblica Futura, non si ipotizzano reati, ma la responsabilità politica di certe scelte che avrebbero finito per -come testualmente nella sentenza, relativamente all’azione condotta dai due imputati poi condannati in primo grado- “favorire il gruppo Grandoni” nel piano di rimuovere nella governance di Banca Centrale quei nuovi dirigenti che -superata la “buia” era Grais, Savorelli, Moretti-, riportando integerrimità nella gestione, si presentavano come un ostacolo insormontabile per il buon fine della cessione al gruppo lussemburghese Stratos e quindi per la sopravvivenza di una Banca CIS ormai contabilmente “cotta”. Non è un caso che all’indomani della notizia di una indagine aperta da Buriani -macchiandosi secondo il Giudice Saldarelli di “abuso di autorità”- nei confronti della Presidente di Bcsm, Catia Tomasetti, tutte le forze politiche le rinnovarono la fiducia ad eccezione di Repubblica Futura… (clicca qui)

Quell’indagine che vide indebitamente indagati la Tomasetti e l’On. Sandro Gozi, fu aperta -se prima si poteva solo ipotizzare unendo quei “puntini” che hanno suscitato più di uno “sfottò” ad opera di RF, oggi è una prima “verità giuridica”- per “favorire il gruppo Grandoni, concretamente, nel caso, per indurre i vertici di Bcsm a dare semaforo verde al passaggio delle quote di Banca Cis al gruppo Stratos, nonostante quest’ultimo non avesse i requisiti necessari per gestire una banca sammarinese.

Come anticipato ieri, nelle motivazioni della sentenza di primo grado scritte dal giudice Adriano Saldarelli, quell’indagine poteva essere chiusa sul nascere se Nicola Renzi (RF) avesse accolto l’invito dell’On.Gozi e avesse rilasciato al giudice inquirente una dichiarazione spontanea.

Siamo a pag.45 dell’atto giudiziario, si legge: “Nella prospettiva di un rigoroso ed imparziale accertamento dei fatti, resta inspiegabile il motivo per cui Buriani, dopo aver ascoltato persone che nulla sapevano dei reati in contestazione (ad esempio i Segretari di Stato Zanotti e Guidi), non abbia sentito l’unica persona che avrebbe potuto riferire sull’effettività o meno della consulenza svolta da Gozi, avendo con lui condiviso buona parte dei lavori per i negoziati a Bruxelles, vale a dire il Segretario degli Esteri Nicola Renzi

L’unica spiegazione -individuata sempre dal Giudice Saldarelli- non può che essere, ancora una volta, quella per cui lo scopo del magistrato fosse quello di incutere quel metus che gli derivava dalla propria posizione di inquirente, attraverso un’indagine che tenesse sulla graticola Tomasetti – anche per i riferimenti fatti al Generale Carta in occasione del CCR del 5 aprile – durante tutto il periodo in cui si svolgevano le verifiche per la cessione del CIS”. Se Nicola Renzi avesse fatto la sua deposizione spontanea, la Tomasetti non sarebbe rimasta “sulla  graticola” per così tanti mesi…

Alla base dell’indagine, infatti, c’era l’ipotesi accusatoria fondata sul fatto che “l’incarico a Gozi fosse stato ab origine concepito per restare inattuato o che il compenso pattuito fosse palesemente sproporzionato rispetto alla natura della consulenza”. “Circostanze, queste -è l’ennesima verità giuridica acquisita- che non solo sono state smentite da tutti i testimoni sentiti e dalla documentazione prodotta, ma che contrastano col curriculum di alto profilo del candidato, che, per l’appunto, era stato individuato per assistere la Repubblica di San Marino nella procedura di associazione all’Unione anche in ragione delle importanti relazioni che poteva vantare all’interno delle istituzioni europee, già dai tempi delle presidenza della Commissione di Romano Prodi”.

E che, come ricordato in nota nelle stesse articolate e argomentatissime motivazioni, Nicola Renzi avrebbe potuto confermare smentendo sul nascere ogni accusa e, così, togliendo dalla “graticola” sia lo stesso Gozi che la Tomasetti, poi archiviata definitivamente solo il 27 maggio del 2020. Fu, infatti, nel corso della sua testimonianza rilasciata in dibattimento, lo stesso Onorevole italiano a confermarlo, come ricordato nelle motivazioni. Sentito al dibattimento all’udienza del 01.03.2023, Sandro Gozi ha, infatti, ricordato: “Ne parlai con Nicola Renzi. Sì, ma infatti ne parlai con Nicola Renzi al telefono, da Parigi, e gli dissi ma tu sai benissimo il lavoro che ho fatto, abbiamo fatto insieme per l’accordo negoziale, si parla di un contratto fittizio insomma, coi commissari, coi direttori generali, coi negoziatori, coi colleghi di Monaco, i colleghi di Andorra, le preparazioni dei negoziati. Seguire negoziati l’abbiamo fatto insieme, quindi, sarebbe molto facile per te spontaneamente depositare una dichiarazione”.

Spontaneamente presentati -raccomandò Gozi a Renzi- e dì il lavoro che ho fatto, spiega il lavoro che ho fatto da consulente per questo Accordo di Associazione”. Senza ricevere, dal politico di vertice di Repubblica Futura, alcuna “risposta chiara”.

E, infatti, la deposizione spontanea, da Renzi, non fu mai fatta.Sia Buriani che Renzi -spiega la sentenza- hanno riferito in dibattimento che l’incombente non si tenne perchè Renzi, convocato soltanto informalmente, si presentò in Tribunale ma il magistrato non era in ufficio”.

Dunque, non è più una supposizione, non è più un “puntino” di sospetto, ma è oggi una verità giuridica (pur non definitiva), il fatto che -nel pieno della vicenda Stratos-CIS- mentre il duo Buriani-Celli tentava di utilizzare una indagine aperta illegittimamente dal magistrato ai danni di Catia Tomasetti, presidente di Bcsm, per indurla a -diciamo- chiudere un occhio e dare il via libera all’operazione di compravendita delle quote bancarie, in forza della stessa indagine Repubblica Futura assunse una pozione politica chiara e inequivocabile, finalizzata a revocare il mandato della stessa Tomasetti. Al tempo stesso Nicola Renzi, all’epoca Segretario di Stato agli Affari Esteri e alla Giustizia, non sfruttò -o non riuscì a sfruttare- l’occasione che Gozi gli aveva servito su un piatto d’argento per togliere immediatamente il vertice di Banca Centrale dalla “graticola” su cui l’aveva posta e lasciata “cuocere” per mesi il Commissario Buriani con la sua indagine illegittima, mettendola così al riparo da pressioni tese a “favorire il gruppo Grandoni.

E questo, come detto, non è l’ennesimo “puntino” di un disegno globale tutto da tracciare unendo gli stessi “puntini”: è una prima verità giuridica! Che va ad unirsi, con assai più autorevolezza, ai tanti “puntini” rimasti tali che vano a gettare pesanti ombre sull’azione politica di Repubblica Futura e del suo personaggio più rappresentativo, Nicola Renzi. “Puntini” come, ad esempio, i contatti telefonici che risultano dai tabulati acquisiti agli atti fra Renzi e il Commissario Buriani, che l’ex Segretario di Stato di Rf ha provato a spiegare senza -a mio parere- convincere appieno (leggi qui)

O come, sempre ad esempio e relativamente ai “puntini” da unire in un unico disegno, i contenuti delle famose schermate di una possibile chat Whatsapp, che lo stesso Renzi, sotto giuramento, pur non confermando, non ha smentito nella sua autenticità e nelle quali si legge una sorta di ordine che Marino Grandoni avrebbe impartito a tal Nicola: “…Se non ratificate noi siamo cotti .. bisogna che ratifichiate e poi vi incazzate con presidente e membri cda”. (leggi qui)

Dunque, ci troviamo di fronte alle motivazioni di una sentenza penale che il Giudice Saldarelli ha emesso nei confronti di due imputati, Buriani e Celli, ma che presenta non poche verità giuridiche, parziali, non di rilevanza penale (almeno per quanto dato a sapere fino ad ora) capaci di determinare una sorta di terremoto sia nel mondo politico nel suo complesso, sia internamente a Repubblica Futura. L’errore politico, la pesante responsabilità politica di Nicola Renzi è oggi più di una mia -come la definiva RF- “illazione” o “fantasiosa ricostruzione”: è una verità scritta da un giudice che, da sola, a mio parere, potrebbe motivare delle doverose dimissioni dal Consiglio Grande e Generale e il ritiro dalla vita politica attiva.

Enrico Lazzari