Anziché rispettare la scelta della Reggenza di non inserire il comma della presa d’atto dei giudici d’appello, Rf dà spettacolo. Nel mirino Morganti (Libera) che aveva detto: “Ci è stato riferito che i carichi di lavoro sono sufficientemente leggeri e che rallentamenti su processi importanti non possono essere attribuiti ai carichi di lavoro sui giudici che li devono mandare avanti”.
Del fatto che i sammarinesi abbiano da tempo perso la pazienza se ne sono infischiati bellamente e hanno visto in un Consiglio convocato con urgenza per approvare il bilancio, l’occasione per ritagliarsi una vetrina. Così ieri in apertura di Consiglio dopo che in ufficio di presidenza era stato votato un ordine del giorno senza il comma comunicazioni, è stato l’ex consigliere di Ssd Enrico Carattoni a chiedere che invece venisse inserito.
Il tutto per consentire a Rf di ribadire la posizione sulla mancata presa d’atto dei due giudici d’appello tanto che la gran parte degli ex consiglieri di quel partito, uno dopo l’altro, seguendo un identico copione, hanno preso la parola annunciando scenari ‘devastanti’. Il primo ad intervenire dopo l’ex consigliere Enrico Carattoni che se l’è presa con il suo (ex?) partito per non essere stato messo a parte dell’intenzione di ‘adeguarsi’ alla scelta della Reggenza, è stato un segretario Renzi che è partito lamentando di essere stato rottamato e dimissionato contro la sua volontà che invece sarebbe stata quella di andare avanti.
Il suo discorso ha messo in luce quanto poco Rf sia sintonizzata con le esigenze della cittadinanza. “Tutta la Repubblica – ha detto – si chiede come mai un comma che doveva essere inserito non è stato inserito”. Renzi ha proseguito mettendo nel mirino l’ex alleato, il capogruppo di Ssd Giuseppe Morganti e dicendosi stupito che egli avesse preso per buone le rassicurazioni sui carichi di lavoro e le garanzie sul buon funzionamento del Tribunale. In un discorso in effetti troppo lungo il Morganti nazionale con la solita botta al cerchio e l’altra alla botte aveva detto: “Mi rammarico che il Consiglio non abbia proceduto con la presa d’atto ma vista la decisione della Reggenza non potevamo che considerarla una scelta presa nel più alto interesse dello Stato e dunque sostenere in pieno questa decisione anche alla luce delle rassicurazioni sul buon funzionamento della giustizia, ci è stato detto che i carichi di lavoro sono sufficientemente leggeri e che rallentamenti su processi importanti non possono essere attribuiti ai carichi di lavoro sui giudici che li devono mandare avanti”.
Il discorso del segretario Renzi che più e più volte ha chiamato in ballo gli ex alleati, è sembrato al capogruppo di Civico10 Matteo Ciacci un rospo troppo amaro da ingoiare tanto che gli ha risposto che la coerenza in politica è importante e poi con la voce piena di pathos in versione ‘Ci eravamo tanto amati’ ha detto: “Eravamo insieme a difendere l’onorabilità delle loro eccellenze. Personalmente non condivido questo modo di tirare per la giacchetta la Reggenza. Pur rispettando le posizioni sul merito non condivido la caduta di stile sul metodo”. In aula il tenore degli interventi che ha occupato lo spazio dei lavori dell’intera mattina, è stato sempre il medesimo. Hanno parlato a ripetizione quasi tutti i consiglieri di Rf. Una cantilena interrotta da sporadici interventi della ex opposizione più che altro per precisare brevemente le ragioni della mancata presa d’atto. “Il Consiglio – ha riflettuto l’ex consigliere della Dc Pasquale Valentini – risente del clima elettorale che stiamo vivendo. La Reggenza alla luce delle questioni emerse in merito alla presa d’atto dei due giudici è stata inondata in maniera anche impropria di documentazione rispetto alla quale è stata constatata l’impossibilità per un Consiglio sciolto di affrontare tali problematiche. Ha ritenuto dunque, sulla base delle molte informazioni raccolte, che la questione debba essere affrontata in un Consiglio nel pieno delle sue funzioni”. Un ragionamento che non fa una piega ma che siamo certi non convincerà i teatranti a chiudere il sipario. LA REPUBBLICASM