Il rischio potrebbe essere quello di inficiare il cammino virtuoso nell’ambito della salvaguardia dei diritti umani intrapreso attraverso la ormai storica sentenza del dottor Vitaliano Esposito, giudice di San Marino per i rimedi straordinari.
Interessante sentenza emessa dai Garanti nei giorni scorsi che vale la pena approfondire ed analizzare. Non tanto sulla questione in sé, quanto soprattutto per alcune enunciazioni contenute nella stessa.
Oggetto del contendere è se la normativa della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo sia da considerarsi come fonte superiore. E soprattutto se in caso di una norma interna che collide con la stessa Cedu, il giudice debba e possa bypassarla.
Cerchiamo volutamente di utilizzare una terminologia non giuridica visto che si tratta di una materia molto tecnica.
Ci piacerebbe tuttavia che tutti potessero comprendere che cosa accade. Parliamo innanzitutto della sentenza n.13 del 20
dicembre 2019.
L’ambito è relativo alla norma dell’art. 200 del Codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede come
causa di revisione di una sentenza penale il caso della sentenza pronunciata in contumacia in modo illegittimo e il giudizio per la verifica della legittimità costituzionale.
La sentenza “Esposito”.
Ma facciamo un piccolo passo indietro e andiamo alla sentenza definita da molti giuristi e osservatori “storica” e “rivoluzionaria” del dott. Vitaliano Esposito, giudice per i rimedi straordinari di San Marino. In estrema sintesi tale giudice prende le mosse proprio dalla sentenza n. 6/2007 del Collegio Garante per affermare che è stato riconosciuto il potere del Giudice per i Rimedi
straordinari in materia penale di “correggere quei casi di ingiustizia sostanziale contrastante con l’attuale coscienza dei diritti fondamentali (punto 4 della storica sentenza n 11/2018).
Da ciò ne ricade “la competenza ad esaminare il contenuto di un ‘grief défendable”o fondato sulla Convenzione”. Per rendere ancora più semplice la comprensione diciamo che con tale sentenza del dottor Esposito si sancisce la possibilità di potersi recare da questo giudice, in una sorta di terza istanza, prima ancora di rivolgersi alla Cedu, in caso di violazione dei diritti umani.
Tutelando in questo modo non solo i diritti della persona, ma anche quelli dello Stato che eviterebbe in tale maniera di vedersi costretto a risarcire profumatamente il convenuto in caso di violazione accertata.
Integrazione Cedu e San Marino: fiori all’occhiello
Ora facciamo un ulteriore passaggio e dalle sentenze del 2007 e del 2018 passiamo al 2014.
Precisamente durante un convegno sulla preminenza del diritto nel processo al quale hanno partecipato con i loro interventi
Gian Carlo Venturini e Giuseppe Maria Morganti, in quel momento Segretari di Stato, rispettivamente, per la Giustizia e per la Cultura, e gli avvocati Maria Selva e Maurizio Simoncini, Presidenti, rispettivamente, dell’Ordine sammarinese degli avvocati e notai e della Camera penale.
A quell’incontro partecipava anche il dott. Vitaliano Esposito. Ecco qualche stralcio del suo intervento: “L’ordinamento sammarinese riconosce, garantisce ed attua i diritti e le libertà fondamentali enunciate nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
Gli accordi iternazionali in tema di protezione delle libertà e dei diritti dell’uomo, regolarmente stipulati e resi esecutivi, prevalgono in caso di contrasto sulle norme interne. Stupefacente! (…) la Repubblica di San Marino riconosce il primato del diritto convenzionale rispetto al diritto interno.
Il primato, cioè dei diritti riconosciuti dalla Convenzione quale essi vivono nell’interpretazione datane dalla Corte di
Strasburgo. Incredibile e meraviglioso! Meraviglioso perché al diritto convenzionale – ai diritti fondamentali della persona – questa Serenissima repubblica riconosce quel primato che a tale diritto in Italia non è riconosciuto. Incredibile perché in
Italia, quel primato negato al diritto convenzionale è, invece riconosciuto al cd. diritto comunitario, cioè quello che oggi è il
diritto dell’Unione europea. In Italia, ciò che viene riconosciuto al diritto dei mercanti viene negato ai diritti dell’uomo. Non
mancano spunti di autocritica relativamente alla magistratura di cui ha fatto parte e fa parte, anche se in pensione, e cioè: ‘ …
Dove eravamo rimasti? Dove eravamo rimasti? Questo si chiedeva Enzo Tortora, vittima di quel processo da cui sono scaturite
splendide carriere per magistrati rispettosi dei canoni del fairtrial”.
Il punto di vista dei Garanti.
Ebbene un po’ tutti, giuristi, professori, osservatori, giornalisti, la stessa Cedu probabilmente, hanno vissuto 16 anni
pensando che il Titano fosse all’avanguardia, avesse recepito pienamente quanto contenuto dalla normativa del Tribunale europeo. Non sarebbe proprio così secondo quanto contenuto nella sentenza dei Garanti che andiamo ad analizzare oggi.
A pagina 14 infatti si legge: “la sentenza n. 6/2007 non introduce il principio, secondo il quale un giudice possa disattendere una norma di legge, come quella dell’art. 200 quando sussista in tale norma il difetto di una fattispecie per esempio – il difetto di
una causa di revisione di sentenze penali-, in violazione di un diritto, protetto dalla CEDU, nemmeno quando questa doglianza
possa integrare un motivo di ricorso sostenibile fondato sulla CEDU. Né, tale sentenza, avrebbe potuto introdurre tale principio,
così come qui sopra individuato, senza violare l’ordinamento costituzionale della Repubblica (…)
In breve, dalla sentenza n. 6/2007 di questo Collegio non si inferisce alcun fondamento alla competenza a disattendere
la norma dell’art. 200, nemmeno al fine di provvedere urgentemente alla eliminazione di una ingiustizia sostanziale di notevole gravità, consistente nella violazione di diritti fondamentali cosi come sanciti dalla
CEDU”. Ancora più interessante è la risposta dei Garanti alla difesa di Achille Lia – nella persona dell’avvocato Rossano Fabbri – il quale invoca che “è la Carta dei diritti sammarinese che prevede la diretta applicazione dei principi enucleati dalla
CEDU, i quali formano già parte integrante dell’ordinamento costituzionale sammarinese, in perfetta linea di continuità con il sistema ‘aperto’ delle fonti del diritto sammarinese”. Secondo i garanti invece “(…) dalle norme sopra richiamate si evince come al vertice del sistema delle fonti del diritto della Repubblica sia esclusivamente la Dichiarazione dei diritti che costituisce la Carta costituzionale. Tutte le altre fonti in tanto sono produttive di norme all’interno d Repubblica, in quanto la Dichiarazione attribuisca loro forza normativa sia in modo assoluto, sia in modo reciprocamente relativo”. Per i garanti inoltre è “del tutto destituito di fondamento il preteso potere, qui eretto addirittura ad obbligo, di disattendere da parte di un giudice della Repubblica una norma vigente, che si ritiene tale da violare norme poste a tutela dei diritti fondamentali della persona, e specificamente norme di tale contenuto che abbiano la loro fonte nella CEDU, senza ricorrere al procedimento dinnanzi al Collegio Garante”
Firma del Protocollo n. 16 da parte di San Marino
La prima considerazione riguarda la decisione del Giudice per i rimedi straordinari Vitaliano Esposito di rinviare la vicenda di Achille Lia al Giudice di Appello perché appunto riparasse a una situazione che poteva costare una condanna alla Repubblica di
San Marino di fronte alla Cedu.
Quindi nessuna norma è stata cambiata o disattesa o disapplicata. Semplicemente Esposito, come è suo potere, ha annullato la condanna avvenuta in contumacia rimettendo gli atti in Appello. Ma a parte questo aspetto che riguarda la bontà dell’operato del Magistrato, diventa di pubblico interesse approfondire una delibera diventata esecutiva proprio dal primo gennaio a San Marino e che venne firmata dal nostro governo nel lontano settembre 2013 dal titolo: “Firma del Protocollo n. 16 alla Convenzione di Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali del Consiglio d’Europa”.
Andiamo dunque a leggere che cosa abbiamo firmato, limitandoci all’art. 1:
“1 Le più alte giurisdizioni di un’Alta Parte contraente, designate conformemente all’articolo 10, possono presentare alla
Corte delle richieste di pareri consultivi su questioni di principio relative all’interpretazione o all’applicazione dei diritti e delle
libertà definiti dalla Convenzione o dai suoi protocolli.
2 La giurisdizione che presenta la domanda può chiedere un parere consultivo solo nell’ambito di una causa pendente dinanzi ad essa.
3 La giurisdizione che presenta la domanda deve motivare la richiesta di parere e produrre gli elementi pertinenti inerenti al contesto giuridico e fattuale della causa pendente”.
Conclusioni
In parole povere si afferma che di fronte a violazioni gravi il giudice interno se ha dei dubbi può rivolgersi direttamente a
Strasburgo per un parere. Sembrerebbe insomma che – alla luce di tale ratifica – ci si debba e si possa rivolgere direttamente a Strasburgo la cui preminenza non sarebbe assolutamente in dubbio. La Repubblica di San Marino a questo punto è chiamata ad un salto di qualità nella salvaguardia dei diritti umani e ciò deve passare da una sempre maggiore integrazione con l’Europa e la Cedu. Il dottor Esposito ha aperto la strada cercando di evolvere giuridicamente l’Antica Repubblica ma alcun sentenze sembrano andare nel senso opposto. Per questo invitiamo il governo a dare pieno e veloce impulso a quanto contenuto nel programma di legislatura in materia di Giustizia. Dal canto nostro alla luce di questo approfondimento ci permettiamo un suggerimento, aperto naturalmente al dibattito e al contributo degli avvocati. Perché non dare maggiori poteri al Giudice per i rimedi straordinari trasformandolo in una sorta di Cassazione e in una reale terza istanza? Nell’ambito della non più procrastinabile riforma del codice penale crediamo se ne possa discutere in maniera serena. Con un intervento in questo
senso del legislatore probabilmente si potrebbero anche evitare contrasti fra sentenze.
La RepubblicaSM