San Marino. Settimana lavorativa ridotta, i Sindacati commentano la proposta rilanciata da Libera. Ciacci: “Sfida del futuro”

L’idea di ridurre la settimana lavorativa standard, solitamente composta da cinque giorni, sta raccogliendo consensi come alternativa per migliorare l’efficienza, accrescere il benessere dei lavoratori e favorire uno stile di vita più equilibrato. Tuttavia, non mancano voci critiche contrarie a questa transizione.

Ma cosa implica esattamente una settimana lavorativa corta? La settimana corta, anche nota come settimana lavorativa di quattro giorni, è un’idea innovativa volta a ridurre il numero di giorni lavorativi pur mantenendo invariato il totale delle ore lavorative. Questo modello potrebbe portare a una maggiore flessibilità lavorativa e migliorare la qualità della vita dei dipendenti.

Sebbene i benefici della settimana corta siano stati confermati da studi del settore, la sua adozione ha generato un acceso dibattito sulla sua implementazione, soprattutto in Italia. Tuttavia, una settimana lavorativa più corta potrebbe consentire una maggiore flessibilità, rispondendo sia alle esigenze dei lavoratori che a quelle delle aziende. Ciò potrebbe tradursi in un aumento della produttività e della soddisfazione dei dipendenti, contribuendo a un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata.

Non tutte le aziende sono pronte ad abbracciare l’idea. L’adozione della settimana corta richiede un cambiamento culturale e una revisione dei tradizionali modelli lavorativi. Alcune aziende potrebbero temere una diminuzione della produttività o delle performance aziendali.

Come alternativa, alcune imprese hanno implementato un modello bisettimanale, con nove giorni lavorativi seguiti da cinque giorni di riposo. Sebbene ciò offra una maggiore flessibilità, potrebbe non garantire gli stessi vantaggi della settimana corta.

A San Marino “Libera” ha presentato un emendamento su tale tematica, sottolineando l’importanza di avviare un tavolo di confronto tripartito.

Il Segretario del partito Matteo Ciacci, ha le idee chiare: “Crediamo sia una sfida del futuro, che sta dando risvolti positivi. Fondamentale conciliare lavoro con tempi di vita: approvato un nostro emendamento in tal senso per avviare un confronto”.

Una proposta che trova il consenso dei sindacati.

Così Francesca Busignani, Segretario Generale di Usl: “Ritengo sia fondamentale considerare non la settimana corta con lo stesso monte ore, ma la proposta di riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario. Questa pratica, sperimentata in gran parte d’Europa, ha già dimostrato la sua efficacia in diversi Paesi, dove il Governo o gli accordi tra le parti hanno deciso di ridurre l’orario di lavoro mantenendo inalterato il trattamento economico. Questa modalità non soltanto ha fatto aumentare la produttività, ma ha portato anche a risparmi sia per le aziende che per i lavoratori.

Oggi, con la rapida evoluzione tecnologica e il cambiamento dell’organizzazione del lavoro, è necessario abbandonare la visione tradizionale basata sul modello fordista. Dobbiamo adottare un approccio che misuri l’organizzazione del lavoro e la competitività in base al raggiungimento degli obiettivi.

Questa proposta è un modo concreto per riconciliare gli orari di lavoro con quelli di vita. Per implementarla con successo, è cruciale coinvolgere attivamente tutte le parti interessate attraverso il dialogo sociale e la contrattazione”.

Per Milena Frulli, Segretario Generale Cdls: “La Cdls è già da tempo che ha approfondito i vantaggi e le opportunità della settimana lavorativa ridotta, predisponendo uno studio che ha coinvolto gli organismi della confederazione. Nei Paesi dove la settimana corta è stata sperimentata si sono avuti giovamenti sia per i lavoratori, che hanno maggiore conciliazione fra impegno lavorativo e tempo di vita privata, sia per le aziende, che hanno registrato un aumento della produttività.

Come Cdls auspichiamo che anche a San Marino si possa arrivare a una sperimentazione della settimana corta, con la condizione imprescindibile di mantenere parità di condizioni economiche”.

Chiude Enzo Merlini, Segretario Generale della Csdl: “Ci siamo occupati dell’argomento già due anni fa, invitando a San Marino Fausto Durante, sindacalista della CGIL, che ha scritto il libro ‘Lavorare meno, vivere meglio’.

Premesso che l’emergenza del momento è il recupero del potere d’acquisto perduto da salari e stipendi in questi ultimi anni, il tema della riduzione dell’orario di lavoro settimanale, distribuito anche in maniera diversa da caso a caso, a parità di salario, dovrà inevitabilmente essere ripreso, sia per migliorare le condizioni di vita e di lavoro delle persone, sia per far fronte al calo demografico, ma anche in virtù dell’innovazione tecnologica che consente la produzione di beni e servizi in sempre minor tempo. Anche recenti trasmissioni televisive hanno portato alla ribalta le sperimentazioni adottate in diversi Paesi con la settimana corta. Nella maggior parte dei casi si sono rivelate fruttuose per i lavoratori e per le imprese: i primi sono soddisfatti per il maggior tempo libero e per il fatto che la nuova organizzazione del lavoro ha prodotto anche un clima di maggior serenità nei rapporti tra colleghi e con il management aziendale; le seconde hanno confermato che la produttività è aumentata, in quanto i dipendenti hanno migliorato sensibilmente la performance e la presenza sul luogo di lavoro, essendosi trovati particolarmente a loro agio.

Stiamo parlando di grandi imprese e al momento non riesco ad ipotizzare se e come la sperimentazione possa essere estesa a tutti i settori e a tutte le imprese di qualunque dimensione. Il conto alla rovescia per una nuova riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario a livello internazionale è comunque partito. Ritengo che se il tema rimanesse di stretta pertinenza delle parti sociali potrebbero trovarsi non pochi ostacoli. In altre parole, il ruolo della politica non sarà indifferente, anche perché la presenza ed efficienza dei servizi sociali e di sostegno al lavoro è una variabile molto importante.

Per quanto riguarda l’ipotesi della settimana corta a parità di ore lavorate non la trovo percorribile se non in pochissimi casi. Sarò antiquato, ma non riesco ad immaginare come la qualità della vita possa migliorare lavorando 9,5 – 10 ore al giorno, pur avendo a disposizione tre giorni di riposo, salvo che non si tratti di smart working o di un’occupazione a pochi passi da casa e non sia un lavoro stressante. Occorrerebbe fare anche almeno un paio di pause consistenti: se fossero retribuite solo in parte equivarrebbe a stare fuori casa per lavoro fino a 13 ore al giorno, se la distanza non è minima!”.

 

David Oddone

(La Serenissima)