San Marino. Si chiude il primo grado il caso “Breakfast”

Due anni per Claudio Scajola, con sospensione condizionale della pena. Questa la sentenza emessa dal Tribunale di Reggio Calabria, a conclusione del processo “Breakfast”. L’accusa aveva chiesto 4 anni e 6 mesi. Esclusa l’aggravante mafiosa. Claudio Scajola è stato condannato “per procurata inosservanza di pena” in favore dell’ex deputato Amedeo Matacena. L’ex ministro di Forza Italia e attuale sindaco di Imperia è stato giudicato colpevole per aver aiutato l’ex parlamentare, tuttora latitante a Dubai, a sottrarsi alla condanna in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. Scajola era stato arrestato nel 2014 dalla Dia al termine di un’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo. Un anno di condanna a Chiara Rizzo, moglie dell’ex parlamentare. Prescritta invece la segretaria di Matacena, Maria Grazia Fiordaliso, mentre è stato assolto Martino Politi. La reazione dell’ex membro del governo Berlusconi: “Non mi dimetterò da sindaco di Imperia. L’inchiesta si è già sgonfiata”. Il cosiddetto processo “Breakfast” ha ricostruito il tentativo dell’ex parlamentare di Forza Italia, oggi latitante a Dubai, di trasferirsi dagli Emirati Arabi a Beirut, in Libano, dove l’ex ministro dell’Interno Scajola, stando all’impianto accusatorio, avrebbe potuto godere di appoggi istituzionali. L’uomo di collegamento sarebbe stato Vincenzo Speziali, anche lui coinvolto nell’inchiesta della Dda di Reggio Calabria a cui, dopo un periodo di irreperibilità, ha chiesto e ottenuto di patteggiare la pena per lo stesso reato contestato a Scajola.

La reazione di Scajola
“Speravo si risolvesse già in primo grado – è il commento di Scajola a caldo, pochi minuti dopo la sentenza – Poiché sono uomo delle istituzioni e credo nella giustizia, vuol dire che ciò che non è stato sufficiente in primo grado sono certo che si risolverà nel secondo grado. Posso solo dire che a confronto della richiesta di condanna del pubblico ministero e di tutta l’inchiesta, mi pare che si sia sostanzialmente sgonfiata. Non mi dimetterò da sindaco di Imperia. Proseguo il mio lavoro ancora con più impegno di prima perché nulla di questo entra con la mia attività amministrativa. Né nulla di questa condanna in primo grado ha a che fare con reati contro il patrimonio e quant’altro. Io ribadisco che mi sono interessato con l’ambasciata per vedere se era possibile l’asilo politico. Non penso sia questo un reato. Non ho aiutato Matacena, ma solo una donna (Chiara Rizzo, ndr) che era in affanno”.

Repubblica Sm