Recentemente mi sono occupato in maniera approfondita di cyber terrorismo, in particolare sulla possibilità se possa o meno configurare un atto di guerra. L’inchiesta uscirà nelle prossime settimane sulla stampa nazionale specializzata. In questa sede mi limiterò brevemente ad analizzare come gli hacker colpiscano scientemente i settori chiave e strategici della nostra società. Innanzitutto un dato emblematico: dal Rapporto di Clusit, l’Associazione Italiana per la Sicurezza Informatica, emerge come nel 2020, anno della pandemia, si registri il record negativo degli attacchi informatici. A livello mondiale sono stati 1.871 quelli gravi di dominio pubblico, il 12% in più rispetto al 2019. I danni globali valgono due volte il Pil italiano. La pandemia ha caratterizzato il 2020 per andamento, modalità e distribuzione degli attacchi: il 10% di questi è stato, non a caso, a tema Covid-19 con i cybercriminali che hanno sfruttato la situazione. Nello specifico nel settore della Sanità, il 55% degli attacchi a tema coronavirus è stato perpetrato a scopo di cybercrime, con finalità di spionaggio e guerra di informazioni nel 45% dei casi. I cybercriminali hanno colpito nel 47% dei casi negli Stati Uniti; nel 22% dei casi in località multiple, a dimostrazione della capacità di colpire in maniera diffusa bersagli geograficamente distanti e organizzazioni multinazionali. Paradossalmente, anche se dovrebbe essere facile da comprendere, più uno Stato è all’avanguardia, maggiormente è vulnerabile a questo tipo di attacchi. E naturalmente il potere distruttivo di tale attacco diventa più devastante negli Stati Uniti, piuttosto che in Congo, per fare un semplice esempio. L’argomento è lungo e complesso. Basti dire che a causa del coronavirus viviamo in contesti sempre più “digitali” e a rischio oltre agli obiettivi sensibili, ci sono anche i nostri dati personali e le attività che svolgiamo quotidianamente. Per questo a una nazione sempre più avanzata, deve corrispondere un grado difensivo e di prevenzione conseguente e adeguato. Penso immediatamente alla Repubblica di San Marino e alla capacità degli uffici pubblici di rispondere ad una eventuale minaccia hacker. Credo che si debba immediatamente intervenire con importanti investimenti e perché no, cominciare a collaborare con le aziende leader nel settore e con quegli Stati che sono punto di riferimento, facendo fronte comune. Per fugare ogni possibile dubbio, questo è un campo dove i nostri partner devono appartenere per forza di cose alla Nato.
David Oddone