Nella dialettica tra maggioranza e opposizione, da una parte ci sta chi propone e fa le cose, dall’altra chi critica e disapprova. È nelle regole del diritto parlamentare e nel ruolo di controllo che le minoranze devono esercitare sull’azione del governo. La degenerazione arriva quando si pospone il metodo ai contenuti, cioè quando la forma diventa più importante della sostanza e ci si appella alla mancata condivisione. Dove il concetto di condivisione non sta nella rivendicazione di un protagonismo pubblico per arrivare ad una soluzione di insieme, bensì nella rivendicazione del pretendere di avere ragione ad ogni costo. L’esempio tipico è quello della riforma previdenziale, per la quale il confronto tra le parti è partito da molte settimane, ma c’è sempre qualcuno che vuole decidere per conto suo, senza averne il ruolo.
In un contesto quanto mai complesso e multiforme, è quanto mai lodevole, per tutte le forze politiche, l’unanimità raggiunta su alcune leggi come la cannabis terapeutica, o l’eliminazione delle barriere sulle disabilità sensoriali, il revenge porn, la tutela della fauna selvatica.
Incomprensibile invece, da parte dei cittadini, la battaglia che si è scatenata sulla vendita dei terreni dello Stato. Si tratta di un tema più etico che economico, che si rifà alle sensibilità e ai principi culturali dei singoli e, per esteso, anche dei partiti. Un po’ come la depenalizzazione dell’aborto, il fine vita, l’omotransfobia, l’adozione di bambini per le coppie gay, l’accoglienza degli emigrati e altri argomenti che spesso si rivelano dei veri e propri tabù.
Nella fattispecie, riguardo ai terreni, c’è chi considera la vendita una pratica legittima e ammissibile (come in effetti lo è) e chi sostiene che le proprietà pubbliche siano inalienabili, ma cedibili in concessione, in affitto, permuta e così via. Anche queste opzioni, legittime e legali.
In entrambi i casi è evidente che l’idea di dare strumenti di sviluppo industriale alle aziende nostrane, non c’entra proprio niente perché comunque la possibilità viene concessa, seppure in forma diversa. Di fronte al dilemma su chi abbia ragione o torto, in politica valgono i numeri. E allora si cercano gli accordi sottobanco, i ricatti della serie: o fate come dico io, se no non votiamo; le accuse lanciate su luoghi comuni e non su dati di fatto, le banalità, gli sgambetti.
Lo squallido scenario a cui si è assistito in Consiglio per la vendita di un terreno, con l’inevitabile corredo di comunicati e conferenze stampa da parte dei partiti di opposizione, dà l’immagine deprimente dell’immaturità della politica. Di certa politica… soprattutto! Forse, sarebbe il momento, anche in vista del PRG, di mettersi al tavolo e ragionare su quale criterio adottare per salvare il patrimonio dello Stato e favorire la naturale espansione delle aziende. Insomma, per salvare capra e cavoli.
Intanto, si potrebbe prendere atto come certe cose stiano cambiando in meglio. Per esempio, si sta assistendo alla continua emissione di bandi di concorso pubblici per la ricopertura di ruoli della PA. Era da tempo che non succedeva. Il che significa che certe pratiche clientelari sono state abolite (si potrebbe dire anche aborrite) in nome di criteri oggettivi che devono essere validi al di là di ogni governo o simpatie personali, privilegiando le capacità e le competenze professionali.
Intanto si potrebbe prendere atto che certi progetti molto, molto dispendiosi, per niente trasparenti, talvolta inutili, come Netco e Terna, sono stati bloccati, con la precisa intenzione di perseguire non solo il risparmio dei soldi pubblici, ma anche strade di progresso e di crescita nel segno della sostenibilità e della moralità.
Intanto si potrebbe cominciare a capire che l’attuale momento è uno dei più difficili della storia sammarinese, dal dopo guerra in poi, non solo perché la pandemia ha messo a nudo le criticità più evidenti delle passate gestioni: dalla sanità al debito pubblico, dalla PA all’industria, al turismo, all’abuso del territorio, alla giustizia; ma anche perché qualsiasi scelta interna deve fare i conti con quello che succede fuori e con le decisioni prese da altri paesi, che in un attimo possono vanificare qualsiasi risultato, o vantaggio, ottenuto.
Intanto bisognerebbe cominciare a capire che San Marino è piccolo e solo, e che una classe politica immatura, litigiosa, tutta concentrata a farsi i dispetti solo per desiderio di poltrone, non riuscirà a portare il paese molto lontano. Perché non può certo vedere l’orizzonte chi non sa guardare appena al di là del proprio naso.
a/f