San Marino. Si è dimesso il Segretario Felici. Nel mirino ora c’è il ministro Morganti

San Marino. Piazza LibertàLa “Tangentopoli sammarinese” travolge il governo di San Marino provocando le dimissioni del segretario di Stato alle Finanze, Claudio Felici. Il ministro è stato chiamato in causa dalle dichiarazioni di Mirella Frisoni, la 65enne arrestata giovedì scorso dalla magistratura sammarinese, con l’accusa di aver riciclato tangenti destinate a uomini politici per quasi 15 milioni di euro. La Frisoni durante l’interrogatorio in carcere avrebbe fatto i nomi di Claudio Felici, Stefano Macina e Giuseppe Maria Morganti, attuale segretario di Stato alla Cultura. Tutti e tre esponenti del partito dei socialisti e dei democratici. “L’ho fatto per senso di responsabilità – ha commentato Felici alla televisione di Stato – per consentire al governo di andare avanti con decisione, e per potermi difendere”. Morganti invece non avrebbe ancora sciolto la riserva su sue possibili dimissioni. La soluzione più probabile da un punto di vista politico, che scongiurerebbe il ricorso alle elezioni anticipate, pare comunque un rimpasto di governo. La maxi inchiesta, la “Tangentopoli sammarinese”, coordinata dal commissario della legge Alberto Buriani, partita dal “Conto Mazzini” della Banca commerciale sammarinese, ha già prodotto 5 arresti eccellenti. In carcere, tra gli altri, sono finiti Claudio Podeschi, esponente storico della democrazia cristiana sammarinese e Fiorenzo Stolfi, uomo politico di spicco del partito dei socialisti e dei democratici. Secondo la magistratura sammarinese, dalla galassia del conto Mazzini (rapporto bancario acceso con l’anagrafica di Giuseppe Mazzini) e decine di libretti al portatore dai nomi fantasiosi come Pippo, Stella e Palme ed altri, sarebbero transitati soldi provenienti dalle tangenti e dalla Fondazione riconducibile a Claudio Podeschi e poi girati ai politici nei posti chiave del potere esecutivo sammarinese. “Movimentazioni milionarie ascritte a ‘Giuseppe Mazzini’ – scrivono i magistrati sammarinesi -, che hanno avuto come causale principale l’attività di raccolta e distribuzione dei flussi corruttivi erogati a favore di politici, uomini d’affari, banchieri ed esponenti delle istituzioni, accomunati dal condiviso proposito di sottrarre risorse alla collettività, controllare il funzionamento delle istituzioni e deviarne l’azione a vantaggio (e, più spesso, a profitto) di pochi e a discapito della collettività”. Tra i principali obiettivi della corruzione quello di pagare il voto elettorale dei sammarinesi residenti all’estero e una più ampia corruzione elettorale. Il punto sul quale insistono i magistrati non è sull’uso e quindi sul finanziamento illecito al partito (quello che pare possa essere addebitato a Macina e Morganti che conoscevano l’esistenza dei libretti), ma la provenienza sicuramente illecita dei fondi utilizzati.
NQRimini