San Marino. Si voterà fra un anno, in primavera. Per ora nessun sostituto per i ministri dimissionari di Rete ma deleghe “ad interim”. Maggioranza già di 33 seggi, destinati a crescere

E uno! Marco Nicolini, ieri (come confermatomi informalmente anche da fonte interna a Rete) ha ufficialmente comunicato al Movimento Rete in cui era stato eletto e del quale era membro del gruppo consigliare, la sua fuoriuscita. Dismessa la “casacca” di Rete ora vestirà quella del gruppo misto da dove -confermano fonti di maggioranza- continuerà ad appoggiare il governo “entrante”, fotocopia del precedente ma “orfano” dei due Segretari di Stato “retini”, Roberto Ciavatta (Sanità) ed Elena Tonnini (Interni).

A preoccupare Rete, oggi, sarebbe anche il rientro in Consiglio Grande e Generale di Ciavatta e della Tonnini, che significherebbe l’uscita dai “Sessanta” dei primi due non eletti (Gloria Arcangeloni, presidente del gruppo consigliare, e Alberto Giordano Spagni Reffi), subentrati appunto ai due che oggi rientrano. Vedremo con il passare dei giorni, dopo il ridimensionamento da otto a sette consiglieri determinato dalla prima fuoriuscita dal gruppo consigliare ufficializzata ieri, se Rete riuscirà a evitare altre “fughe”…

Non sembra essere -almeno per ora- spaccatura formale, invece, quella fra Libera e il duo Alessandro Bevitori e Michele Muratori, i quali -mentre il loro partito si è astenuto- hanno votato allineati alla maggioranza alternativa a Rete il famoso odg che ha scatenato la crisi politica. Oggi, infatti, alle 14 e 30, si terrà nella sede di Libera una conferenza stampa che vedrà tutti i protagonisti riuniti dietro lo stesso tavolo dei relatori per -si presume- chiedere elezioni immediate in luogo dei “rimpasti” a cui starebbero già lavorando democristiani Pdcs, Aggregazione Socialista (Psd-Md, Pss ed Elego), Alleanza Riformista (Mis, Ns e gli ex-Pss Alessandro Mancini e Giacomo Simoncini) e Motus Liberi, ovvero la “nuova” maggioranza di 32 consiglieri, 33 con la prima (e ultima?) spaccatura ufficializzata in Rete.

Sta di fatto che, al di là del momento e nonostante l’apparente ritrovata unità di Libera che verrà ufficializzata oggi pomeriggio, il dubbio non sembra essere se anche Libera perderà qualche pezzo, ma quando Bevitori e Muratori faranno il salto verso quell’Alleanza Riformista a cui in tanti nei corridoi del Palazzo (a torto o a ragione) li accomunavano già da settimane.

Fuori da tutti i giochi, nonostante l’apertura lanciata giorni addietro da Nicola Renzi all’indirizzo di Via delle Scalette, Repubblica Futura, destinata all’isolamento almeno finchè le scosse di assestamento del terremoto politico non saranno cessate e il nuovo assetto politico del Titano si sarà definito.

Seppure la campagna elettorale sia destinata ad iniziare già oggi -sarà una delle più lunghe della storia democratica sammarinese- non si voterà fino alla prossima primavera, poco meno di un anno prima della scadenza naturale della legislatura. Le date possibili, del resto, non sembrano esistere vista l’inopportunità di vivere il clou della stessa campagna elettorale in piena estate. E, soprattutto, l’esigenza di evitare un cambio di governo prima della chiusura dell’Accordo di Associazione con l’Unione Europea. Anche il voto in autunno -pure in funzione della prevista visita sul Titano del Presidente italiano Sergio Mattarella fissata per ottobre- non sembra una strada percorribile. Resterebbe l’inverno, ma determinerebbe uno sforamento dei tempi di approvazione della legge di bilancio… Non resta che la primavera, dove almeno 33 consiglieri contano di arrivare con questo esecutivo “nel pieno della sua operatività” e “con l’ambizione di portare a casa anche alcune riforme”, spiegano a microfoni spenti dalla maggioranza “entrante”.

Troppa ambizione? Forse, almeno fino a che la maggioranza non potrà contare su almeno 34 fedelissimi, così da ridimensionare il peso, altrimenti decisivo, determinante, essenziale di Motus Liberi, più di una volta in palese contrasto con gli alleati -certo, soprattutto con Rete- nel primo scorcio di legislatura appena concluso. Verosimilmente, comunque, si può già ipotizzare che un paio di “affidabili” stampelle da affiancare al seggio già sottratto a Rete possano arrivare presto.

La partita, al momento, sembra giocarsi sul “rimpiazzo” dei vertici delle Segreterie lasciate da Ciavatta e dalla Tonnini. Logica politica -alias: “manuale Cencelli”- farebbe credere che una di queste due Segreterie di Stato possa finire ad Alleanza Riformista, che è oggi in Consiglio Grande e Generale l’agglomerato più grande dopo il “Partitone” e non detiene alcuna Segreteria di Stato.

Il problema è che tutti i consiglieri di AR sono stati eletti nella coalizione NPR, dove il primo dei non eletti è Alessandro Rossi, oggi leader di Demos, movimento, partito quanto mai distante da questa maggioranza. Concedere una Segreteria di Stato ad AR, quindi, porterebbe la maggioranza già risicata a perdere un seggio consigliare. Inoltre, non è chiaro se l’attuale legge elettorale, in caso di ingresso di un nuovo membro nel Congresso di Stato, richieda 30 o 35 voti “di fiducia” provenienti dalla coalizione vincente, insediata ad inizio legislatura. Nel primo caso -come sembra secondo la maggioranza delle interpretazioni- l’ingresso di un nuovo Segretario di Stato sarebbe possibile, mentre nel secondo caso -potendo contare solo su 33 seggi consiliari fra gli eletti nella coalizione uscente- ciò non sarebbe possibile neppure con l’appoggio di nuovi “acquisti” provenienti dai partiti ieri di opposizione.

L’unica certezza in tal senso, al momento, è che nei mesi che ci separano dalla campagna elettorale vera e propria, i “Sessanta” dovrebbero sedersi seriamente ad un tavolo per correggere -o meglio riscrivere da zero- una legge elettorale che definire pessima, mal redatta, complicatissima e “pastrocchiata” è un complimento.

Al momento, comunque, tutto lascia intendere che non ci sarà nessun nuovo ingresso nel Congresso di Stato e che le deleghe lasciate vuote dal ritiro della delegazione di governo di Rete, verranno riassegnate “ad interim” a Segretari di Stato già in carica. Il problema, in questo caso, è che visti i regolamenti e le norme vigenti, l’interim non può prolungarsi per più di tre mesi… Assisteremo ad una riassegnazione di deleghe ogni tre mesi? Se prevarrà l’interpretazione secondo la quale saranno sufficienti 30 voti per “fiduciare” un nuovo ministro, fra tre mesi -finita la “campagna acquisti” e se Motus Liberi farà la “brava”- la maggioranza potrà permettersi di regalare uno o due seggi consiliari all’opposizione e Alleanza Riformista potrà nominare un suo consigliere all’interno del governo, al pari del Pdcs, di Motus Liberi o del gruppo misto “di maggioranza”.

La partita non è oggi incerta come lo è solitamente all’indomani di una crisi… Ma nulla, al momento, è scritto nero su bianco, se non la volontà di non convocare le urne prima della prossima primavera.

Enrico Lazzari

Enrico Lazzari