San Marino. Siamo di fronte ad una crisi alimentare? Sicuramente no nei nostri Paesi, ma in Ucraina i bimbi già patiscono la fame … di Alberto Forcellini

È tempo di seminare in Ucraina, ma il 60 per cento delle superfici seminabili non è disponibile. Piovono bombe e missili dovunque, c’è un problema di carburanti, di strade minate o occupate da mezzi militari, di porti non più agibili per l’esportazione di merci. L’olio di semi di girasole, ad esempio, viaggia su nave e siccome non si semina, non ce ne sarà in futuro.

Stesso problema per mais, sorgo e soia, che come il girasole, andranno seminati a breve e che erano, fino a oggi, oggetto di importanti flussi verso l’occidente. Grano e simili sono anche alla base dell’alimentazione per gli animali da allevamento: mucche, maiali, polli. E già arriva l’allarme di Coldiretti: “L’esplosione dei costi e la crisi delle forniture di mangimi dall’estero sta costringendo gli allevatori ad iniziare a razionare l’alimentazione”.

La guerra attualmente in corso potrebbe creare una crisi alimentare mondiale? Se consideriamo che Russia e Ucraina, insieme, producono oltre un quarto del frumento mondiale si capisce perché, a meno di due mesi dall’inizio del conflitto, le esportazioni sono sostanzialmente bloccate. E, di conseguenza, le scorte disponibili stanno finendo. Purtroppo, a maggior rischio sono i paesi emergenti e alcune delle aree più povere del Pianeta. I Paesi cosiddetti occidentali hanno meno rischi perché hanno altre possibilità. In ogni caso, questo può essere l’effetto domino della guerra poiché ci troviamo in un sistema alimentare fortemente interconnesso, dipendente da poche risorse a rischio di estinzione, ancora non riemerso dalla pandemia e già sofferente per le conseguenze dei cambiamenti climatici causati dall’uomo.

All’inizio della pandemia si era parlato di “diplomazia sanitaria”. Ora dobbiamo prepararci alla “diplomazia alimentare”, con tutto il suo corredo di informazioni e con il rischio di carestie e crisi politiche in alcune parti del mondo.

La questione alimentare è stata presa in considerazione il 24 marzo scorso in occasione del vertice del G7 e di quello dell’Unione europea, entrambi organizzati a Bruxelles. Emmanuel Macron, in quanto presidente del Consiglio della UE, ne ha parlato con il capo di stato senegalese Macky Sall, attuale presidente dell’Unione africana.

I due leader hanno proposto un’iniziativa battezzata col nome di “Missione di resilienza alimentare e agricola”, ispirata ai procedimenti introdotti durante la crisi del Covid-19, a cominciare dal dispositivo Acta lanciato in collaborazione con l’OMS, che ha permesso di fornire vaccini ai paesi più poveri. In futuro bisognerà incoraggiare la liberazione delle scorte, assicurare la trasparenza dei mercati e organizzare una solidarietà efficace.

È facilmente intuibile che, anche in questo settore, come quello delle energie, la comunità internazionale non può permettersi di sbagliare, perché un fallimento, con l’avvento delle temute carestie, si aggiungerebbe agli altri drammi che sconvolgono un mondo già pieno di sofferenza. L’onda d’urto della guerra russa è appena cominciata.

I più pessimisti già si chiedono se dopo le bombe, ci sarà una guerra del pane. Che al momento pare comunque scongiurata: l’UE sta predisponendo, come riferito dalla presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen, un piano di aiuti nell’ordine 2,5 miliardi di euro entro il 2024 per i Paesi più penalizzati dall’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità.

Non dimentichiamoci che c’è tanta agricoltura anche nel continente europeo. In Italia c’è almeno un milione di ettari da coltivare ed è una terra in cui l’antica tradizione contadina oggi è evoluta e capace di usare le più moderne tecnologie per aumentare la produzione e la qualità. Tradotto, l’Italia ha le potenzialità per ridurre la sua dipendenza dall’estero. Si chiama strategia da sostenibilità agricola.

Anche sui prodotti si può fare un ragionamento. L’olio di girasole non è un elemento vitale, può essere validamente sostituito da altri condimenti. Il grano tenero e il grano duro, attualmente insufficienti al fabbisogno nazionale, possono essere importati anche da altri paesi. San Marino, che ha pochissimo terreno coltivato e quindi non sufficiente al suo sostentamento, è comunque circondato da un territorio con vocazione agricola ancora molto elevata. Ci sono aziende votate al bio, altre che hanno puntato alla seminazione di semi antichi, molto pregiati. Sicuramente nessuno morirà di fame, ma si dovrà imparare a differenziare, così come sta avvenendo per le risorse energetiche.

Il problema vero è altrove, nei Paesi più poveri e nella stessa Ucraina, dove non solo non si produce più, ma che da oltre un mese dipende quasi esclusivamente dagli aiuti internazionali anche per quanto riguarda gli alimenti. È di questi giorni l’allarme dell’Unicef per l’Ucraina, oltre a Siria, Libano, Sudan e Yemen, dove ci sono quasi 14 milioni di bambini che hanno bisogno di assistenza alimentare. Da qualche settimana si sta assistendo infatti ad un aumento senza precedenti dei prezzi dei prodotti alimentari insieme a un basso potere d’acquisto. Il numero di bambini malnutriti è destinato ad aumentare drasticamente. Sarà qui, in Ucraina, che la crisi alimentare prenderà purtroppo il nome di “fame”.

a/f