Non vorremmo mai dover scegliere chi curare, e chi no. Cosa c’è di scandaloso in una frase del genere, che tutti i cittadini hanno capito benissimo? È già successo in Italia, più di una volta, che alcuni medici abbiano dovuto denunciare situazioni gravissime dentro i loro ospedali, ormai al collasso e inadeguati a far fronte al continuo dilagare della pandemia. Abbiamo visto di tutto durante questi mesi: dai camion militari usati per trasportare le bare, ai malati curati nel parcheggio perché non riescono neanche ad entrare in Pronto Soccorso, o quelli ricoverati per terra nei corridoi, o addirittura che sono morti nella toilette. Scandalizzarsi non serve a niente, se il turbamento non porta ad una presa di coscienza.
L’esperienza fatta durante la prima fase della pandemia è stata importante, ma sappiamo che il virus, come tutte le entità biologiche di questa natura, è soggetto a mutazioni. Il SarsCov-2 è già mutato quattro volte in questi mesi, per questo a volte le azioni di contrasto al contagio possono risultare inadeguate o fuori tempo. I numeri sammarinesi, in qualche modo, fotografano questa situazione: l’età media si è abbassata da 62 ai 40 anni (ma è anche perché gli anziani stanno più attenti); aumentano i ricoverati in terapia intensiva (segno appunto che l’aggressività è più alta); sempre altalenante il rapporto tra tamponi e positivi, segno che il virus continua a circolare più o meno indisturbato.
Bisogna interrompere la catena di trasmissione del contagio, perché l’inverno è lungo, le malattie da raffreddamento che colpiscono prevalentemente le vie respiratorie sono in agguato e ci potrebbe essere una recrudescenza delle situazioni di crisi pandemica. Allora: è giusto o no mettere in allarme i cittadini perché siano loro stessi tutelare per primi la propria salute, al fine di evitare il collasso della struttura ospedaliera? Insomma, siamo in piena Fase 2, ma la Fase 3 è dietro l’angolo.
Ovviamente ognuno può pensarla come vuole e soprattutto lamentarsi: magari qualche volta a ragione, qualche altra volta perché va di moda. Prendiamo i ristoranti, che non hanno mai chiuso e che paradossalmente lavorano a pieno regime, seppure con meno tavoli e commensali più distanziati. Alcuni ristoratori intelligenti fanno addirittura i turni per poter accontentare più clienti possibile e confessano: non si è mai lavorato così tanto. È vero che non si fanno più matrimoni, grandi feste, raduni familiari, veglioni, ma è anche vero che i sammarinesi non vanno più a Rimini e hanno riscoperto la bontà dei ristoranti sammarinesi. Vogliamo dire anche questo?
La scuola. Nonostante i positivi rilevati in due mesi tra i vari ordini e gradi, non può essere considerata un focolaio epidemico: né più, né meno di altre situazioni di lavoro, o di sport. Ma è fondamentale interrompere la catena del contagio, proprio perché i ragazzi girano, viaggiano in pullman, corrono nei corridoi, fanno comunella, e poi tornano in famiglia. Pertanto bisogna fermare la contiguità laddove è possibile. Di qui le ragioni della DAD per gli studenti delle superiori.
In tutto questo cosa fa l’ospedale? Dopo essere stato un ospedale Covid durante il lockdown, la scorsa estate ha recuperato la sua attività, innanzi tutto smaltendo le file di tutti gli ammalati rimasti senza cure. Ma con la ripresa delle attività economiche e degli spostamenti, sono tornati gli incidenti stradali, gli incidenti sul lavoro e tutte quelle malattie più o meno gravi che affliggono quotidianamente la nostra varia umanità. Con l’arrivo della Fase 2, si è voluto mantenere integra l’attività di tutti i reparti e non creare altri problemi alla popolazione. Per questo sono stati creati protocolli appositi, accessi differenziati e un’organizzazione capillare che permette la gestione dei contagi asintomatici e pauci sintomatici direttamente sul territorio.
Ragioni sanitarie, umanitarie ma anche strutturali, perché l’ospedale è quello che è, non si può espandere, né adesso, né in vista di una probabile terza ondata. Questo è anche il senso dei protocolli progettati per le scuole, per i ristoranti, per mezzi di trasporto pubblico, eccetera, eccetera, proprio sulla scorta dell’esperienza maturata in Fase 1.
Quindi l’obiettivo è: frenare la catena di trasmissione dei contagi. Ai medici, agli infermieri, a tutti gli operatori dell’ospedale non interessano le polemiche politiche, né i titoloni sui giornali, né le sparate sui social che raccolgono facile (ma non informato) consenso. Chiedono piuttosto di fare squadra, cioè che ogni cittadino sia responsabile per se stesso e per gli altri, rispettando le disposizioni, mettendo la mascherina, osservando un’igiene scrupolosa. Loro ci sono: noi ci siamo?
a/f