San Marino. “Sorrisi nascosti da mascherine”

Il coronavirus, non diversamente da altre malattie, ha colpito particolarmente duro gli anziani, soprattutto quelli residenti nelle case di riposo. A San Marino no. E questo non può che render fieri, orgogliosi di una realtà che si prende cura della parte più preziosa di noi perché è quella che ci ha generato. Ma non possiamo far finta che per questo vada tutto bene, che oltre le porte chiuse del Casale la Fiorina non ci siano persone disperate per non aver mai più rivisto i propri cari da oltre due mesi. E la distanza e il tempo non hanno lo stesso peso a tutte le età. Come si vive immersi in quell’atmosfera lo abbiamo domandato alla sammarinese Deborah Beccari.

Come avete vissuto voi Oss questa stagione così carica di angoscia?
“A livello generale e soprattutto all’inizio un po’ di preoccupazione c’è stata anche se per quanto mi riguarda no, io sono una fatalista e non penso mai con angoscia alla possibilità di ammalarmi, non avrei scelto questo tipo di lavoro se fossi facilmente impressionabile. Noi con la sofferenza abbiamo a che fare sempre, coronavirus o meno. Per darle la misura di quanto poco io sia ipocondriaca, le dico che avrei dovuto fare degli esami con una certa urgenza che però poi sono stati rimandati per il momento a data da destinarsi”.

In questi mesi figure come la sua sono state molto rivalutate. Per lei è motivo di orgoglio?
“Io sono orgogliosa del mio lavoro a prescindere. Facevo la bancaria e anni fa ho deciso di dare una svolta alla mia vita, di cominciare a occuparmi di persone e non più di numeri. A 44 anni mi pento solo di non aver cominciato prima. Anche se forse orgogliosa non è la parola giusta, io sono proprio grata alla vita di avermi dato questa possibilità. Vedo ogni giorno tanta sofferenza ma quando riesco a trasformare il pianto disperato in un sorriso tocco con mano il miracolo della vita. Una cosa che non mi era mai capitata prima e che ora ho la gioia di vivere ogni giorno. In questo periodo poi mi sarei sentita di dare anche di più. Girava voce che ci avrebbero chiamate per supportare l’ospedale, e, se fosse stato possibile, io avrei dato la mia disponibilità senza pensarci due volte”.

E’ dura lavorare con i dispositivi di sicurezza?
“Sì, è molto difficile perché il lavoro è anche tanto pesante, è un lavoro fisico già spossante di suo, per cui la mascherina ti fa mancare l’aria. E’ vero tuttavia che così i nostri ospiti si ammalano molto meno, questo lo abbiamo notato. Però non è tanto la nostra fatica a pesare quanto il fatto che il nostro sorriso, che in questo momento è tutto ciò che rimane alle persone che si trovano al Casale, è celato dal DPI. Io comunque non ho rinunciato a manifestare il mio affetto ai miei nonnini e trovo sempre un modo per farlo trapelare dai dispositivi di sicurezza. Sto studiando canto e qualcuno di loro mi chiede spesso di cantare, è un modo per far festa nonostante tutto”.

A proposito delle persone che vivono al Casale la Fiorina, come hanno reagito a questo forzato isolamento?
“Chi è lucido a volte ha delle crisi e piange. Per farli sentire meno soli e più vicini ai loro cari sono stati donati degli Ipad che gli educatori usano per contattare i parenti. Non è la stessa cosa di una visita ma in questo momento aiuta. Pensi che mentre alcuni ospiti erano già abituati a non veder quasi mai nessuno, altri ricevevano visite anche due volte al giorno. E’ una situazione che certamente deve finire presto perché il rischio è quello di infliggere delle sofferenze enormi a chi già vive il momento forse più duro della propria vita. Come le dicevo prima, abbiamo subito notato che l’uso della mascherina ha fatto in modo che gli ospiti si ammalassero molto meno. Ma ricordiamoci che per un anziano, specie per chi abita questi luoghi, è sì fondamentale la salute fisica, ma non di meno quella psichica, e di certo nascondere i nostri sorrisi dietro a delle mascherine non agevola l’empatia”.
Olga Mattioli

Repubblica Sm