San Marino. Spagni Reffi (Rete): “E’ per garantire il diritto alla vita che si è reso necessario introdurre alcune restrizioni”

Sui provvedimenti presi dal governo per contrastare la progressione del contagio da Covid-19 pesa il giudizio (severo) dei sindacati, delle associazioni e soprattutto quello dei cittadini. Da parte della maggioranza che sostiene il governo sembra però esserci la granitica certezza di aver gestito al meglio l’emergenza sanitaria perseguendo l’obiettivo principe della tutela della salute collettiva. Ne abbiamo parlato con il consigliere di Rete Alberto Giordano Spagni Reffi.

Consigliere, anzitutto da lei vorrei un’opinione sui provvedimenti che sono stati presi, sono compatibili con lo stato di diritto?
“Bisogna tenere ben presente che la situazione che si è palesata, che ancora stiamo vivendo, è un qualcosa di assolutamente eccezionale. Il corredo dei diritti di ogni individuo può subire compressioni in circostanze straordinarie e questo non è contrario al concetto di stato di diritto, purché le limitazioni siano circoscritte al periodo di emergenza. Per garantire il diritto alla vita ed alla salute è stato necessario introdurre alcune restrizioni, ora siamo già in una fase in cui si allenta sempre più la presa e si punta a tornare gradatamente al ripristino della vita convenzionale”.
Nell’ultimo decreto si parla praticamente solo di sanzioni. E’ su queste basi che si intende ripartire?
“Nell’ultimo decreto si parla di varie tematiche tra cui: ulteriori allentamenti alle misure restrittive, baby-sitting, permessi speciali per il riposo del personale ISS, etc. Ovviamente dato che vengono prescritti alcuni comportamenti o condizioni, è necessario prevedere anche quale possa essere la sanzione nel caso in cui non venga rispettata la disposizione; io da cittadino sono rassicurato nel sapere cosa debba fare e quali siano le conseguenze in caso di trasgressione. La certezza del diritto passa anche attraverso la via della conoscenza del sistema sanzionatorio”.

Sempre in riferimento al decreto 78, si sancisce di garantire il diritto all’istruzione senza che la scuola sia citata una sola volta. Perché del grande tema della riapertura qui da noi non si parla?
“Il Decreto 78 menziona il diritto all’istruzione nella parte in cui prevede strumenti per offrire “assistenza ed educazione domiciliare in caso di disabilità o di non autosufficienza”. Per definire un quadro organico sulla materia inerente a istruzione e scuole sarà necessario un atto separato, su cui si sta lavorando nelle sedi preposte. Ricordo anche che è stato presentato un ODG in Commissione 1, proprio per definire le linee che riguarderanno il futuro prossimo della scuola”.

Tutti gli epidemiologici sanno che la pandemia ha un inizio e una fine. Bene dunque l’aver affrontato l’emergenza con la didattica a distanza. Sfugge invece il perché anziché di un ritorno alla normalità si stia parlando di prolungare la didattica a distanza anche a settembre. Il coronavirus può essere il pretesto per propinare ai cittadini le cose più bizzarre?
“Si stanno valutando i possibili scenari in base all’andamento del virus, la priorità è quella di avere più strategie per settembre, al fine di garantire il diritto all’istruzione, senza però ledere quello alla salute degli studenti e delle loro famiglie. Purtroppo, non avendo una sfera di cristallo, la sola possibilità è quella di essere pronti ad ogni evenienza, ma posso dire tranquillamente che si sta lavorando per garantire la didattica in presenza, secondo le modalità che verranno ritenute migliori. Non credo si debba parlare di cose bizzarre, quanto di modalità alternative per svolgere attività che orami consideravamo cristallizzate: concetti quali lo smart working o gli orari flessibili per gli uffici, pratiche che potrebbero portare ad un reale ammodernamento del sistema”.

In passato si è tanto discusso di gravi responsabilità che avrebbero arrecato al Paese danni irreversibili e tuttavia su quei presunti responsabili sembrerebbe essere definitivamente calato il sipario e i sacrifici per tentare di salvare il Paese li abbiamo chiesti sempre agli stessi. Può dirci il perché?
“Il nostro impegno nel portare avanti battaglie che hanno contraddistinto RETE sin dalla sua nascita è vivo e permane. Non è calato alcun sipario e non calerà. Fare luce su tanti anni di malagestione tuttavia non è un processo semplice e necessita di tempo, elemento che non abbiamo avuto, dato che il Governo si è formato da nemmeno sei mesi ed abbiamo dovuto fronteggiare una crisi sanitaria mondiale senza precedenti. I sacrifici li abbiamo dovuti e li dobbiamo fare tutti, la nostra politica in questa fase è stata quella di utilizzare le poche risorse esistenti per redistribuirle nella maniera più equa possibile, abbiamo preferito non fare false promesse alla cittadinanza. Ora sarà necessario costruire politiche per la ripresa: sicuramente questa è la nostra missione”.

E’ fiducioso che il Paese possa ripartire e che nel giro di poco tempo si riescano a portare a casa quelle riforme vitali per la sua sopravvivenza?
“Io credo che questa “crisi nella crisi” abbia ancor più messo in luce le criticità del paese: i nodi sono venuti al pettine. Ripartire non sarà facile, ma certamente è possibile, per quanto sarà un percorso arduo, da affrontare collettivamente con spirito di abnegazione ed onestà intellettuale. Sulle riforme si sta lavorando e molti discorsi non si sono interrotti nemmeno in questi mesi. Oltre alla sfera di cristallo non abbiamo neanche la bacchetta magica, per cui anche in un percorso di riforme complessive è fondamentale l’elemento temporale, in quanto sarebbe futile uscire frettolosamente, senza aver ponderato a dovere una molteplicità di situazioni, con il rischio di creare danni ulteriori”.

Olga Mattioli

Repubblica Sm